"AMADEUS? PENSAVO CHE LE OCCHIAIE FOSSERO PER LE SERATE DI STRAVIZI, INVECE..." - CLAUDIO CECCHETTO, IL PIPPO BAUDO DI "RADIO DEEJAY": “MISI FIORELLO E SANDY MARTON NELLA STESSA CASA. ROSARIO RISPONDEVA AL CITOFONO E SMISTAVA LE RAGAZZE CHE CERCAVANO SANDY – E POI GERRY SCOTTI CHE SOGNAVA GLI USA (“LO FERMAI IN AEROPORTO”) E QUELL’ULTIMATUM A JOVANOTTI…

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FIORELLO GRAFFITI

https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/fiorello-graffiti-ldquo-milano-facevo-citofonista-sandy-339047.htm

 

 

LA FACTORY DI CLAUDIO CECCHETTO

Renato Franco per corriere.it

 

claudio cecchetto amadeus claudio cecchetto amadeus

Era la casa dei fuorisede di Radio DeeJay, la comune di chi sognava di vivere on air, la factory — fatte le debite proporzioni — di Claudio Cecchetto. Via Alberto da Giussano, a est del Parco Sempione, a Milano. Lì Fiorello, Sandy Marton, Marco Baldini e Franchino Tuzio («un grande manager che purtroppo non c’è più») hanno mosso i primi passi nella Milano degli anni Ottanta. Non erano i soli, perché il Pippo Baudo della radio ne ha scoperti tanti altri: Linus, Nicola Savino, Paola & Chiara, Sabrina Salerno, Fabio Volo...

 

Come mai mise quei quattro nella stessa casa?

«Io sono da sempre convinto che la provincia abbia più da dire rispetto alla città — spiega Cecchetto —; per chi vive in provincia la città è un traguardo; per chi già vive in una metropoli quella è solo la realtà. In linea di massima non hai stimoli per progredire, non hai traguardi. Chi arriva da fuori invece vuole spaccare tutto».

 

fiorello cecchetto pezzali fiorello cecchetto pezzali

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Fiorello smistava il citofono per le ragazze che cercavano Sandy Marton.

«Sandy era un vagabondo, un cittadino del mondo, la sua ultima meta era stata Ibiza. Io ne avevo sentito parlare tanto ma manco sapevo dov’era e ho pensato che molti italiani la immaginassero come un Eden, un paradiso. L’idea era fargli cantare una canzone su Ibiza così tanti, soprattutto le ragazze, avrebbero immaginato che nell’isola fossero tutti come lui. Non era vero, ma ha funzionato».

 

Il Fiorello privato?

«Come quello pubblico. Non è un comico che interpreta un personaggio, la sua natura è da intrattenitore. Vuole che chi ha davanti si diverta e stia bene con lui, ci sia una persona o cento. È un animatore continuo, non c’è differenza tra quando è sul palco o giù dal palco. La mia previsione era che da animatore di villaggi sarebbe diventato animatore del villaggio Italia».

Anche Marco Baldini ha iniziato da lì.

gerry scotti kay sandvik cecchetto e sandy marton gerry scotti kay sandvik cecchetto e sandy marton

«Mi colpì subito. Gli avevo chiesto di mandarmi una cassetta per capire che tipo era, ne arrivarono 25. In lui intravidi subito la spalla per Fiorello, perché gli altri deejay non avevano capito che non dovevano fare a gara con lui, perché Fiorello vinceva sempre. Baldini era perfetto, faceva l’assist ma tutti i gol doveva farli Fiore».

 

Un inquilino mancato di quell’appartamento è Amadeus.

«Fu la sua forza. Mi disse che abitava a Milano da un amico che lo ospitava, ma non era vero. Dopo un mese che lo vedevo con le occhiaie pensavo fosse per serate ricche di stravizi, invece ogni giorno prendeva il treno alle 5 di mattina da Verona. Non mi disse niente per non creare problemi. Proprio questa disponibilità e voglia mi sono piaciute. Poi andò nella casa che aveva lasciato Tracy Spencer».

 

Gerry Scotti invece la casa ce l’aveva.

claudio cecchetto gerry scotti radio deejay claudio cecchetto gerry scotti radio deejay

«Ma voleva andarsene da Milano. L’ho bloccato sulla scaletta di un aereo mentre stava partendo per l’America. All’epoca se dicevi che facevi il disc jockey poi ti chiedevano: sì, ma di lavoro cosa fai? Lui lavorava anche come copy per la McCann, l’agenzia di pubblicità e quello gli sembrava un lavoro più solido. Gli parlai e lo convinsi a rimanere, gli dissi che era nato per questo lavoro. Io volevo una radio fatta di persone che riconoscevi dalla voce, per me il suo timbro diverso era un plus».

L’anima di Jovanotti?

«Penso di averla capita molto prima degli altri. Tutti vedevano come era, io vedevo come sarebbe stato. Ricordo il primo incontro: partecipava a una gara musicale e si trovò contro un gruppo (i Tutu) che avevo proposto io; Lorenzo perse lo scontro diretto, ma dissi subito a un mio collaboratore: saluta i Tutu, voglio l’altro. Gli feci una telefonata da boss, un aut aut: se vieni bene, se no ne trovo un altro. Avevo paura di aver esagerato».

CECCHETTO JOVANOTTI CECCHETTO JOVANOTTI

 

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