Stefania Ulivi per il “Corriere della Sera”
muccino angelica e la figlia penelope
«Siamo in un limbo, tra color che stan sospesi, la vita di prima è un ricordo remoto». Non è una novità per Gabriele Muccino trovarsi in campagna: ci abita da sempre, alle porte di Roma. L' esperienza inedita, da qualche settimana, come tutti, è non poter uscire, non incontrare altri se non gli stretti familiari.
«Non esco dall' 8 marzo, è una sensazione strana anche se faccio quello che farei comunque: scrivere il nuovo film. Ho la fortuna di vivere in campagna, la mia claustrofobia sarebbe stata molto forte in un appartamento in città in convivenza coatta. In casa abbiamo trovato un equilibrio inaspettato, una grande armonia che ci sorprende, devo dire che è una famiglia completamente non mucciniana. Secondo la legge della meccanica avrebbe dovuto portare a una pulp fiction Invece stiamo benissimo».
Di cosa sente la mancanza?
«Mi manca un po' di energia vitale, nonostante mi goda tramonti, albe e fiori della primavera. Mi spaventa, mi sento un po' sedato come mi sentivo ultimi anni a Los Angeles, dove la vita non c' era, c' era il business, una chiacchierata sintetica e poi in casa come un pensionato di Miami.
È una sorta di apnea, che si interrompe per i pranzi e le cene. Momenti mai così conviviali, i più belli della giornata, quasi ottocenteschi. Ci si sveglia con la luce, si va a dormire con il buio, la fisicità che pensavamo di aver sostituito con la bolla social si è ripresa la rivincita. Sentiamo tutti di più la mancanza dei contatti. Soprattutto i giovanissimi che a differenza di noi, ne hanno poca esperienza diretta».
In quanti siete a casa?
«In tre, io, mia moglie Angelica e nostra figlia Penelope. Fare i padri è difficile, essere figli non lo è di meno. Ho tre figli, ognuno diverso dall' altro, con ognuno un rapporto diverso. Ora con la piccola sperimento la presenza fisica continua del padre sempre accessibile, abbracciabile. Prima lei tornava da scuola alle tre e mezzo, io lavoravo, la famiglia si diradava. Ora la cadenza puntuale dei pasti aiuta, mi ricorda gli anni in cui non c' era altro che questo».
La aiuta nei compiti?
i migliori anni di gabriele muccino
«Mia figlia è brava a scuola, se le cava anche con la didattica online a distanza, la segue mia moglie. Io lavoro, sono impiegato di me stesso, se non sforno idee mi trovo senza film da realizzare. Sto in un isolamento nell' isolamento, fatto di tante cose, compresi sguardi verso il cielo. Mi imbottisco di film, due o tre al giorno. E sento molta musica, come sempre quando scrivo, onnivoro, da Brahms a Simple Minds a Lou Reed».
A cosa sta lavorando?
«Ho in ballo tre progetti. Uno che cerco di portare alla luce da vent' anni, che parla di divorzio. Molto difficile per me che ne ho esperienza diretta: l' oggetto è troppo vicino alla macchina da presa per metterla bene a fuoco. Poi c' è un vecchio sogno di un film ispirata a un classico.
E Il grande caos, un film sul tempo folle che viviamo, spero di essere in grado di raccontarlo. In ogni nazione il virus è stato prima sottovalutato per poi correre ai ripari estremi. È stato come rivedere lo stesso film ogni giorno, come Il giorno della marmotta . Eppure le immagini dello tsunami erano davanti ai nostri occhi. Ma non ci si è voluto credere. Ho chiesto alle persone di mandarmi contributi».
i migliori anni di gabriele muccino
Stanno rispondendo?
«Ricevo una mail ogni 5/10 minuti, materiale umano potentissimo. Mondi molto diversi, dal profondo Nord al Sud, tutte le età, tipologie sociali e culturali. I giovanissimi si sentono scippati del futuro.
Non uscire di casa a 16 anni vuole dire anche sospensione delle relazioni amorose e sessuali, un inedito assoluto, come un castigo divino. I più adulti riflettono sulle proprie esistenze, le donne capiscono che sono sole da tanto all' interno della coppia, una solitudine così ossidata che non sanno più gestire il rapporto.
Alcune famiglie trovano una rinnovata armonia, altre credo scoppieranno. E poi c' è il grande tema della morte. Vicina ma lontana con l' impossibilità dei funerali, di cerimonie dell' addio. Quelle morti dietro agli scafandri, con i saluti dei familiari via iPad, una delle cose più desolanti».
«A casa tutti bene», «Gli anni più belli». Sono i titoli dei suoi ultimi film .
«Attuali, eh. L' ultimo stava andando benissimo in sala, aveva superato i 5 milioni e mezzo di euro. Quando i cinema riapriranno (chissà quando e come) dovrebbe riprendere la sua corsa».
Quale sarà la prima cosa che farà a fine quarantena?
«Nulla sarà esplosivo e liberatorio come le grandi fini delle tragedie umane, ma progressivo e pieno di diffidenze. All' inizio la reazione è stata esorcizzare cantando, cucinando, ora viviamo una fase più tesa. La transizione alla nuova normalità lascerà segni profondi: il divario tra ricchi e poveri aumenta, molte famiglie stanno finendo i soldi. Enorme perdita di lavoro e Pil. Ci saranno macerie non di mattoni ma molto simili a quelle sulle quali fu ricostruita l' Italia del dopoguerra. Non ho paura per me ma per il futuro di tutti. Servono scelte rassicuranti, temo deragliamenti verso tensioni sociali forti. Se non facciamo in fretta sarà un buco nero».
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