Giuseppe Videtti per “il Venerdì - la Repubblica”
“Si rivolga al signor Smith in terza persona plurale, loro/essi, ne tu, ne lei, ne voi. Mi raccomando, ci tiene tanto» mette nero su bianco il suo ufficio stampa alla vigilia dell’intervista. Che pasticcio, soprattutto perche si tratta di una conference call su Zoom al posto di una impossibile face to face nei giorni dell’isolamento. In realta, il signor Smith non e mica tanto avvezzo al pronome plurale, si esprime solo in prima persona. Un paio di volte, durante la chiacchierata, chiede comprensibilmente disorientato: «Quando dice“loro” si riferisce a me?».
Salvo poi riprendersi: «Si, si, certo, ok... loro... cioe io». Ma quanti Sam Smith ci sono in giro? «Dopo anni in cui sono stato in guerra col mio genere, ho deciso di accettarmi per quel che sono, dentro e fuori», spiega la star inglese, 27 anni, la voce piu interessante del pop post-Adele, sulla cresta dell’onda dal 2013, due album da campione, un terzo in uscita rimandato causa Covid-19, 38 milioni di ascoltatori mensili su Spotify,15 milioni di follower su Instagram, un canale YouTube da 13 milioni di iscritti, quattro Grammy Award, un Oscar nel 2016 per Writing’s on the Wall (per il film Spectre, il 24° James Bond), una sfilza di collaborazioni da far invidia a Barbra Streisand; nel videocast stellare di #togetherathome ha cantato Stand by Me con John Legend e ha appena pubblicato il singolo I’m Ready, duetto con Demi Lovato corredato da un video che lui definisce una sorta di «olimpiade queer». «Non sono ne maschio ne femmina, fluttuo tra l’uno e l’altra. E sono femminista».
Basta uno sguardo al profilo Instagram per rendersi conto di tutte le fermate della loro fluttuazione: Sam come un giovane operaio alla Full Monty, Sam con un copricapo a falda larga bordato di piume di marabu alla Audrey Hepburn, Sam con una borsetta di
cartone rosa a forma di cuore, Sam in miniabito di paillettes, Sam studentello con occhiali e barba di due giorni, Sam stile preppy, Sam in parrucca bionda e calzamaglia sgar-giante che neanche Olivia Newton-John, Sam in canotta YMCA.
Sam nerd e Sam trans, ce n’e di materiale per i tabloid inglesi! Per fortuna sono tramontati i tempi in cui i poveri Elton John e George Michael e Freddie Mercury, terrorizzati da impresari ancien regime, erano costretti a ostentare fidanzatine e/o mogliettine per fugare i dubbi di omosessualita. Bisex era intrigante, frocio infamante.
Degli anni dell’adolescenza, piu che del bullismo di cui e stato vittima (lo chiamavano tettona a causa di una ginecomastia poi risolta chirurgicamente – il senso di rivincita e tanto palese quanto giustificato), Sam Smith preferisce ricordare i viaggi in Italia.
«Splendide cartoline che sono rimaste incollate nella mia mente» esclama nostalgico, «scorci della mia esistenza precedente, quando ogni anno con la famiglia andavamo in vacanza a Sestri Levante. Affittavamo sempre la stessa casa, bellissima, a venti minuti dal centro. Ci sono flash dell’adolescenza che ti accompagnano per tutta la vita».
Poi rilette sulla sua condizione di recluso di lusso: «Mi dispiace per chi non ha un posto confortevole dove stare in questi giorni. Noi parliamo dall’alto dei nostri privilegi, ci sono famiglie numerose costrette a convivere in un monolocale. Ma gli esseri umani in un modo o nell’altro se la cavano sempre».
Che succede nella vita di persone come loro, piene di progetti e con un disco in uscita, quando il mondo si paralizza?
«Si cerca di andare avanti, la tecnologia ci e preziosa; sono riuscito a far circolare il singolo e il video del duetto con Demi Lovato. L’album e pronto, era programmato per maggio, ma abbiamo rinviato l’uscita. Questo e il momento per stare fermi, riflettere e pregare».
L’industria discografica e bloccata e le attivita concertistiche difficilmente riprenderanno il loro corso nel 2020. C’e da andare nel panico. La preoccupazione e palpabile anche sui social, dove ognuno smania per un minimo di visibilita. Paura di essere dimenticati?
«Bisogna guardare il bicchiere mezzo vuoto e non perdere di vista quello mezzo pie-no. Parlo per me, ho una carriera consolidata, una vita agiata: stare in casa e un’opportunita unica. L’isolamento mi ha fatto capire che era un momento necessario, dopo anni frenetici, dischi, promozione,concerti,video,apparizioni tv, spostamenti quotidiani. Ora, ritrovarmi con la mia famiglia e rilassante e rigenerante; forse diversamente non avrei neanche piu rivisto mia nonna, che ormai ha una bella eta. Anche i divi sono esseri umani, e qualche volta restar seduti in fondo alla platea con i riflettori spenti aiuta a ristabilire alcune priorita. Non siamo ne santi ne invincibili».
Qual e la loro routine quotidiana, lontano dai riflettori? Si riesce a essere creativi in un clima di allarme e di paura?
«Scrivere canzoni mi viene difficile, preferisco cantare. E una sorta di terapia, fa bene allo spirito e sprona al movimento. Il resto del tempo lo passo al cellulare, non ho mai parlato tanto al telefono. Scorro l’agenda e comincio a chiamare, senza fretta finalmente. Lo so, sono in controtendenza, ma stare a casa mi piace tanto».
Che musica ascoltano piu volentieri, ora che ne hanno il tempo?
«Dance music, soprattutto. Le giornate trascorrono lente, pigre e tutte uguali, ho bisogno di qualcosa che mi tiri su. Mia sorella e un’appassionata di folk music, quando voglio star tranquillo ascolto le sue cose, bellissime».
Chi erano i loro idoli da ragazzi?
«Ho avuto un amore ai limiti dell’ossessione per Celine Dion. Poi ho scoperto Aretha Franklin, e per un periodo non ho ascoltato altro. Ma a dire la verita, crescendo, sono diventato un fan sfegatato di Christina Aguilera. E ancora: Whitney Houston, Amy Winehouse, Beyonce, Rihanna. Mi piacciono le voci femminili ardite, spavalde e generose.
I miei genitori ascoltavano soprattutto musica soul e funk; mamma e una fan di Mary J. Blige, papa un appassionato di Stevie Wonder».
Come e cambiata la loro vita in questi ultimi anni? Il successo non sembra aver posto alcun vincolo di riservatezza alle loro scelte.
«Sono diventato famoso che avevo vent’anni. Fino all’anno prima neanche i miei amici sapevano che ero gay. All’inizio ero disorientato, indeciso, non avevo idea di come muovermi. Poi si sa, quando la vita comincia a diventare frenetica il rischio di scapicollarsi e dietro l’angolo. All’inizio ho cercato di affrontare le mie responsabilita, di resistere alle pressioni, fare le scelte artistiche ed economiche piu sagge. Poi, sostenuto da una famiglia incredibilmente solidale, mi sono mostrato senza inibizioni per quel che sono – o quelli che sono. Cosa avrei fatto nel mio circolo di amici o in casa se la vita non fosse andata in questa direzione? Sarei stata una normalissima queer».
Lo star system, e risaputo, promuove immagini di artisti che non sempre corrispondono al loro vero io. Un ambiente spietato ...
«...E la verita, un ambiente difficile anche per noi. Non e sempre facile essere costretti a passare ore davanti allo specchio; puo diventare persino odioso prendere confidenza con la propria immagine in maniera cosi prepotente. Imparare a essere autoindulgenti fa parte del mestiere. Le possibilita sono due: lasciarti manipolare o andare controvento e farti accettare per quello che sei. Vede, io a otto anni avevo gia programmato tutto – saro un cantante. A undici mi sentivo gia arrivato».
Dopo il singolo To Die For, a inizio dell’anno, e uscito in pieno lockdown il duetto con Demi Lovato, I’m Ready... Non sembra un periodo di inattivita.
«Ovviamente era gia tutto pronto. Lavorare con Demi mi ha dato una sferzata di energia. Ma ho preferito ritardare l’uscita dell’album che, a partire dal titolo (To Die For, Da morire), mi e sembrato inappropriato».
E allora che faranno? Rimetteranno tutto in cantiere?
«No, assolutamente, si tratta solo di fare degli aggiustamenti, cambiare il titolo, rispettare i sentimenti che la pandemia ha generato. Ci sono degli ospiti straordinari nel disco, non mi sognerei di farne a meno. So bene che il mondo che ci prepariamo a ripopolare non e quello che abbiamo lasciato pochi mesi fa. I testi di alcuni brani saranno ripensati, un paio di canzoni verranno eliminate. Ma non gettero alle ortiche il lavoro di un anno e mezzo».
Qual e la loro piu grande paura?
«Che la gente non sia piu in grado di esprimere le proprie emozioni, i maschi soprattutto, per paura o per vergogna; vivere in una societa che non ci consente di essere noi stessi. Ho solo ventisette anni, non mi rendo ancora conto dei pericoli in agguato. Per questo le parlavo del lockdown come un’opportunita. Non saremo piu gli stessi, li fuori nulla sara piu quello di prima, ma possiamo fare in modo che sia migliore. Guardiamoci indietro, il mondo e radicalmente cambiato ogni sei mesi negli ultimi trent’anni. Il coronavirus e stato un’allerta, un genitore che scuote il bimbo perche troppo irrequieto. Ci e servito per renderci conto che noi umani siamo fatti per interagire, abbiamo bisogno di abbracci, saluti e strette di mano. Lo ha capito anche chi ormai lo faceva solo in cam».
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