Giancarlo Dotto per Diva e Donna
“Scusami il deshabillé…”. Gianfranco Vissani appare ballonzolando in tutto il suo anarchico splendore, canotta della salute, pantaloni scuri e immancabili scarpe rosse di pelle con le sue iniziali. “Ho perso 25 kg…” fa lui trionfante, mezzo bifolco e mezzo cardinale, saltando ogni convenevole. “…Scusami mezz’ora, mi aspetta il mio pasto, lombatina ai ferri e broccoli”, sospira con gli occhioni liquidi. Non fai in tempo a immaginarlo il già smisurato omone con venticinque chili in più addosso che lui è già sparito negli anfratti della tana che ha ereditato dal padre quasi mezzo fa, una baracca o poco più che lui ha trasformato in un luogo di culto oltre che in un ristorante pluristellato Michelin. Duemila metri quadri da visita guidata e sballo sensoriale garantito.
“Casa Vissani”, così si chiama per significare che il palato esulterà nella giusta atmosfera, magari davanti a un camino acceso, sul lago di Corbara in Umbria. A occhio e croce, l’Orco di Baschi è sempre la stesso di quando non era nessuno e ammazzava in giardino le mosche con le mani, le stesse mani semianalfabete con cui cucina da Dio. Primo e inimitabile caso di una lunga serie di chef teledivi, epigoni nemmeno paragonabili all’originale. Genio barbarico alla Caravaggio, di molti appetiti, tutti smodati, che siano i fornelli, la parola o le donne. Le donne, soprattutto. Se lui è l’altare sconsacrato, il figlio Luca, una goccia d’acqua, è il suo contraltare. Impeccabile, cerimonioso, giacca e cravatta, baciamano alle signore. “Signor Vissani”, lo chiama così il padre in pubblico, anche quando si mette fracassone a importunare clienti e personale. Luca è la terza generazione dei Vissani, il manager che traduce gli estri sulfurei del padre in un brand esportabile nel mondo.
Secondo atto, a tavola, tra un risotto mantecato picassiano, tanti sapori diversi racchiusi in piccoli cubi da miscelare con il riso, anatra pechinese, costolette d’agnello e cannoli di crema pasticcera. Via la canotta, ora il gigante sta dentro un maglione blu. Il camino è acceso. Vista sul lago, piatti e vassoi stracolmi, frutta secca, cioccolata, distillati, sigari, rose rosse. La carezza di Frank Sinatra dai diffusori. Divani bianchi, moquette beige, tovaglie di lino bianca. Su ogni tavolo un animale diverso di cristallo, oggetti costosissimi, anche 15 mila euro, il dragone rosso, il cavallo opaco, il leone nero, l’orso, la tigre. Quadri, libri, ovunque. Lui al cellulare. “…Pensavo che ti mancassi…”, fa marpione a una delle tante. “L’importante è che stai bene…”, chiude. “È una stronza. Una mia ex….Ti rendi conto? Ho mangiato ‘sta lombatina di vitella e i broccoli senza olio e senza sale. Abolito il sale. È categorico. Né pane, né pasta, né dolci”. Si siede al mio tavolo e giura che non toccherà cibo. Dopo cinque minuti è già lì che reclama a modo suo: “Me la voi porta’ ‘sta mela!...”. Falstaffiano anche negli approcci boccacceschi alle ragazze, così espliciti da risultare innocenti. “Si vede da come cammini che stanotte non hai fatto sesso…”. Non risparmia nessuno, nemmeno il maitre o la sorella Paola, la fuoriclasse dei dolci. Si lasciano tutti stressare dall’Orco, nessuno protesta, tutti gli vogliono bene.
vissani isoardi vissani e sgarbi
Ti fai sempre riconoscere. Dopo aver detto che le cinquantenni cadono a pezzi, hai scatenato un casino sostenendo che le donne non possono fare le chef.
“Troppo pesante per loro. Portare le casseruole, stare in piedi dieci ore fino a notte fonda. Mi spieghi perché le donne si mettono in pasticceria? Te lo dico io, è meno faticoso. Dico una cosa brutta, loro hanno le ovaie, sono diverse da noi”.
Tua madre era un fenomeno.
“Mamma Eleonora era un treno. Una guerriera. Cucinava a tutto spiano. Non guardava in faccia nessuno”.
Ti legava al tavolo da piccolo, ammesso che tu sia mai stato piccolo.
“Mi legava a questo tavolo di marmo. Ero molto discolo a scuola, fumavo in classe. Avevo l’argento vivo. Mi punivano con le bacchettate, mi mettevano in ginocchio sui ceci. Niente da fare”.
Che facevi di così tremendo?
“Menavo di brutto, specie quando c’era una donna di mezzo. Ero un capobanda. Un ribelle. Un leader nato”.
Sei il tipico maschio paleolitico, il tuo mondo ruota intorno alle gonnelle.
“Sembra che io sia donnaiolo, ma anche loro non scherzano. Ti fanno credere che sei tu, ma in realtà sono sempre loro”.
Come corteggia Gianfranco Vissani?
“Sono come Rodolfo Valentino. Il mio primo appuntamento sono sempre sessanta rose rosse. Corteggiare una donna è poesia. Non è l’atto che m’interessa. Poi, è lei che mi deve chiedere di fare l’amore”.
Te lo chiedono ancora?
“Sempre. Sono brutto secondo te? Guardami, ho gli occhi verdi. Piaccio più ora di quando ero giovane. Sto da solo adesso. È il mio anno sabbatico. Ma le donne tornano tutte da me, perché con me si divertono. Io penso sempre prima al loro piacere e poi al mio”.
La tua donna congeniale?
“La donna di casa. Affettuosa. Capace di essere moglie e madre. Però, noi uomini siamo un po’ porcelloni e dobbiamo stare attenti, se no prima o poi le perdiamo”.
Hai un matrimonio alle spalle.
“Sono stato stupido. Non ero pronto per andare all’altare. Mi sono sentito mancare il respiro quel giorno. Mi sono accasciato sulla macchina fuori della chiesa. E’ durato pochissimo, tre anni. Oggi la mia ex e unica moglie, Giovanna, lavora qui con noi. “Ho la mia guardiana”, mi dice Luca, mio figlio, l’unico, 42 anni”.
La vita coniugale non fa per te.
“Una donna che viene e mi dice dobbiamo fare sesso tutte le sere, le stesse sere, lo stesso sesso, io mi sento male, mi chiudo e divento un leone in gabbia. Devo uscire. Respirare aria fresca”.
Esiste o no il cibo afrodisiaco?
“Non esiste. È il gesto che è afrodisiaco, tu che ti lecchi le dita quando mangi con le mani. Un certo modo di mangiare le ostriche, se ti piacciono e non vomiti dopo. Il peperoncino? No, quello brucia e basta”.
“Casa Vissani” è il tuo tempio pagano.
“L’ho ereditato da mio padre nel 73, dopo aver fatto tanta gavetta in giro per il mondo. Sono stato il primo in Italia a mettere la cucina a vista. Eccolo arrivare…”.
Chi?
“Mio figlio Luca. E’ lui che mi ha fatto diventare un brand. Si è inventato tante cose, l’accoglienza, le sale a temi, la classica, la jazz, la rock. Piatti sempre della tradizione, ma rivalutati con creatività”.
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(chiedo a Luca) L’esuberanza di tuo padre ti crea imbarazzo?
“Quando esagera cerco di arginarlo. Lui, a livello comunicativo, sa dove toccare i tasti. E’ un talento della provocazione. Come quando dice che i vegani sono una setta e bisognerebbe ingaggiare un killer per farli fuori”.
Vissani, hai due nipoti. Che razza di nonno sei?
“Non mi devono chiamare nonno. Guai a loro se lo fanno”.
Si moltiplicano le trasmissioni di cucina.
“Non se ne può più. Sono la rovina della ristorazione. Prendi “Masterchef”, fanno sempre vedere solo il piatto finito, quello che conta è invece il procedimento. Infatti, perde ascolti”.
Rivali mediatici. Alessandro Borghese.
“Lascia perdere. Che gli vogliamo dire? Niente. Ha trovato il filone, ma lui non ha esperienza di ristorazione. Non ha niente alle spalle. Ma non lo critico, facesse quello che gli pare”.
Carlo Cracco.
“È molto bravo tecnicamente. Ma non fa più niente, ormai. E’ la pubblicità che lo fa campare, ma vale per tutti. Con la sola ristorazione non ce la fai”.
Davide Oldani.
“Lavora molto sul dolce. Il caramellato”.
Il più telegenico?
“Cannavacciuolo. Sta dappertutto”.
Ti piace?
“Preferisco Massimo Bottura. Bruno Barbieri anche è molto bravo. Gli voglio molto bene. Lo vado a trovare spesso nel suo ristorante di Bologna. Ci siamo presi subito lui e io..."
Nemici?
“Non ne ho perché sono troppo bravo nel cuore. Mi vedono sbraitare, attaccare, ma la gente sa che dico sempre la verità”.
Joe Bastianich non è uno chef.
“È un cantautore, mi sembra…”.
Eri il cuoco di D’Alema. Oggi?
“Ho votato Salvini. Ma deve mantenere quello che ha detto, se no salta pure lui. Ma il mio amico in politica era Gianni De Michelis, un mito, uomo di rara intelligenza e grande gaudente. Ci vedevamo spesso a Roma”.
Ne “La grande abbuffata”, film geniale di Marco Ferreri, quattro uomini si suicidano mangiando fino a scoppiare. Dovessi tu suicidarti col cibo?
“Un piatto enorme di bucatini all’amatriciana. Una marea di polpette, il pollo. Coso bevo? Un rosso Caprai 25 anni”.
Dormi bene da solo?
“Da solo sto bene. Poi, sai, anche per necessità. Dopo tanti anni diventa un problema, ti alzi la notte, vai in bagno, ti scappa magari una scoreggina. All’inizio lei non te lo dice, poi, però, ti dice tutto insieme”.
Due stelle Michelin da una vita. La terza proprio non te la vogliono dare.
“Si vede che non ce la meritiamo”.
Sei religioso?
“Vado a messa a Pasqua, Natale e Capodanno. Posso fare un appello a Papa Francesco?”.
Fallo.
“Non guardiamo solo alle banche in Vaticano. Guardiamo alle tante persone che si spostano verso altre religioni. Ora diventano tutti buddisti, che non ti fanno mangiare la vacca o musulmani che non mangiano il maiale”.
Convinci un vegano a tornare carnivoro.
“Volete rovinare la nostra civiltà? Le nostre tradizioni? Quando vai con la macchina quanti moscerini ammazzi? Apri la bocca e li ingoi. È ciccia anche quella. Ora sono usciti i fruttariani. Mangiano solo la mela marcia a terra. Mi dici dove cazzo finiremo di questo passo?”
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