"IL WHISKY E' COME UNA BELLA DONNA, HA BISOGNO DI ESSERE APPREZZATO. PRIMA SI OSSERVA, POI SI PUÒ BERE" – UN LIBRO RACCOGLIE ANEDDOTI ETILICI SU POETI E ROMANZIERI E I LORO DRINK PREFERITI - HEMINGWAY CREO’ UN SUO COCKTAIL E ANDAVA PAZZO PER IL MOJITO – BAUDELAIRE E OSCAR WILDE SI STORDIVANO CON L’ASSENZIO, SCOTT FITZGERALD DICEVA: "PRIMA TU PRENDI UN DRINK E INFINE IL DRINK PRENDE TE” - I RIMEDI DEGLI SCRITTORI PER RIPRENDERSI DALLE BALDORIE ALCOLICHE SONO SPESSO PEGGIORI DELLE SBRONZE...

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Benedetta Marietti per “Il Venerdì di Repubblica”

 

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«Mia cara Livy, vorrei che ricordassi di lasciare nella stanza da bagno, per quando arrivo, una bottiglia di scotch whisky, un limone, dello zucchero in polvere e una bottiglia di angostura. Da quando sono stato a Londra ho preso l'abitudine di bere un calice di quello che viene chiamato cocktail (preparato con gli ingredienti che ho indicato) prima di colazione, prima di cena e appena prima di coricarmi».

 

In una lettera scritta nel gennaio del 1874 alla moglie Olivia Langdon, Mark Twain, di ritorno negli Stati Uniti, confessava la sua passione per i cocktail così come li conosciamo noi e in particolare per lo scotch whisky che beveva tre volte al giorno. La bevanda alcolica lo aiutava nella digestione e, soprattutto, dava nuovo impulso alla sua vita amorosa, dato che in cambio del favore prometteva alla moglie di ricoprirla di «un mare di baci».

 

Le magie della fata verde

Il creatore di Le avventure di Tom Sawyer e Huckleberry Finn non fu certo l'unico scrittore a subire un'attrazione smodata nei confronti dell'alcol; al contrario alcol e letteratura costituiscono un connubio antico, fatale, spesso indissolubile. A raccogliere ricette, dosi, consigli, aneddoti sui più grandi scrittori e poeti di tutte le epoche e i loro drink preferiti ci ha pensato un volume dal titolo Bere come un vero scrittore.

 

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100 ricette per ricreare i drink che hanno ispirato i giganti della letteratura (testi a cura di Margaret Kaplan, illustrazioni di Jessica Fimbel Willis, traduzione di Camilla Pieretti, Il Saggiatore, pp. 296, euro 15,90) in libreria dal 18 novembre. Jane Austen, ad esempio, sembra che adorasse il Negus - una miscela a base di porto ruby, acqua calda, zucchero, succo di limone e noce moscata, creata nel primo '700 dal colonnello Francis Negus - e che sorseggiasse questo vino caldo e speziato durante i balli a cui partecipava, oltre a menzionarlo in Mansfield Park.

 

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Nello stesso periodo, in Francia, andava di moda l'assenzio, un distillato derivato dai fiori e dalle foglie dell'Artemisia absinthium. Soprannominato "fata verde" a causa del suo colore, a inizio '900 divenne una bevanda amata dagli scrittori e poeti che affollavano i banconi e i caffè della Rive Gauche parigina: Charles Baudelaire, Paul Verlaine, Arthur Rimbaud trassero ispirazione da questo aperitivo ad alta gradazione alcolica con note di assenzio maggiore, finocchio e anice. Baudelaire, per rincarare la dose, lo mescolava con laudano e oppio.

 

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Rimbaud, invece, lo associava a un pizzico di hashish. L'assenzio era noto soprattutto per le sue proprietà allucinatorie. «Che differenza c'è tra un bicchiere d'assenzio e un tramonto?», si chiedeva Oscar Wilde. E ancora: «Sono stato sveglio per tre notti a bere assenzio, convinto di essere particolarmente equilibrato e lucido. Il cameriere entrò e iniziò a bagnare la segatura. I fiori più incredibili, tulipani, gigli e rose fiorirono all'improvviso, trasformando il caffè in un giardino. "Non li vede?" chiesi. "Ma monsieur, non c'è niente lì"».

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Racconti alterati

Per Scott Fitzgerald una delle sue due ossessioni (l'altra era Zelda) portava il nome di Gin Rickey, che beveva in quantità industriali e che faceva sorseggiare anche ai personaggi dei suoi romanzi. Come Tom Buchanan, che nel settimo capitolo del Grande Gatsby se ne scola quattro mescolati tutti insieme. «Prima tu prendi un drink, poi il drink prende un altro drink e infine il drink prende te», pare dicesse Fitzgerald (in realtà era un detto diffuso ai suoi tempi).

 

Scrisse: «Quando bevo, le mie emozioni si intensificano, e io le riverso nel racconto. Poi però diventa difficile equilibrare ragione ed emozione». Zelda non era da meno. Amante della danza e delle feste, fu una scrittrice tanto brillante che il marito riprese materiale per i suoi romanzi dalle sue lettere e dalle sue battute di spirito. La coppia però condivideva ben più dell'amore reciproco: in comune avevano anche la passione per l'alcol, che per Zelda coincideva con il Vodka Lemon.

 

baudelaire assenzio baudelaire assenzio

Compagno di bevute di Scott fu un altro grande della letteratura: Ernest Hemingway. I due si conobbero nel 1925, a Parigi, si piacquero subito, si influenzarono a vicenda e consumarono insieme litri e litri di superalcolici. Hemingway diventò cliente abituale di una serie di bar sparsi per il mondo. Secondo la leggenda, entrò per caso nel Floridita dell'Havana, a Cuba, vide che il barista serviva drink ghiacciati, volle provarli e dichiarò: «Non male, ma li preferirei senza zucchero... e con il doppio del rum».

 

Nacque così il Papa Doble o Hemingway Special (un doppio Daiquiri). Alla Bodeguita del Medio, sempre all'Havana, pare invece che bevesse il Mojito. William Faulkner prediligeva il Mint Julep, da prepararsi in una coppa di metallo ghiacciata, Flannery O' Connor amava una bevanda a base di rum, caffè e Coca-Cola, Jack Kerouac impazziva per il Margarita, soprattutto durante i suoi soggiorni in Messico, mentre Sylvia Plath e Anne Sexton dopo i loro laboratori di poesia andavano al Ritz-Carlton di Boston e ordinavano (almeno) tre Vodka Martini a testa.

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 Il goccetto mattutino

In un'intervista del 1990 per Paris Review, Maya Angelou rivelò che era solita scrivere in una stanza d'albergo in compagnia di una Bibbia, un dizionario dei sinonimi, un blocco giallo per gli appunti, un portacenere e una bottiglia di sherry. In genere ne beveva un bicchiere verso le 11, ma a volte, come racconta, cominciava a sorseggiarlo appena arrivata, alle 6.15 del mattino.

 

Questa sua trasgressione, tuttavia, non sembra averne minato la produttività: oltre ad aver pubblicato un gran numero di scritti, ha fatto parte di due comitati presidenziali, ha ricevuto la Medaglia della libertà da Barack Obama ed è stata insignita di più di cinquanta lauree ad honorem.

 

Davanti e dietro al bancone

Lo scrittore giapponese Murakami Haruki, che per qualche tempo ha lavorato come barman in locali jazz, scrive in La fine del mondo e il paese delle meraviglie, con poco senso del politically correct: «Il whisky, come una bella donna, ha bisogno di essere apprezzato. Prima si osserva, poi si può bere».

 

letteratura alcol cover letteratura alcol cover

Il Cutty Sark scozzese viene citato sia in L'uomo che girava le viti del mondo sia in 1Q84, mentre in Kafka sulla spiaggia uno dei personaggi si chiama Johnnie Walker. Infine non si possono tralasciare gli scrittori amanti del vino. Tra questi Jay McInerney che in ben tre volumi (in Italia ne è uscito uno per Bompiani, I piaceri della cantina) ha raccolto le sue recensioni enologiche apprezzate molto in America, ma criticate nel nostro Paese. «Scrivere di vino può essere pericoloso quanto scrivere di sesso», ha sentenziato McInerney.

 

alcol raffreddore alcol raffreddore

E ha aggiunto: «Volevo scrivere come Hemingway e bere come Jake Barnes», il protagonista di Fiesta. Se è noto che Marguerite Duras, autrice dell'Amante, riusciva a far fuori fino a otto litri di Bordeaux al giorno, sembra che la scrittrice di racconti e vincitrice del premio Nobel per la letteratura Alice Munro ami accompagnare la cena con un bicchiere di Sauvignon Blanc freddo. Joan Didion, a Los Angeles, adora sorseggiare un bicchiere di vino la sera mentre finisce il lavoro della giornata.

 

Tornare lucidi. o quasi

scott fitzgerald scott fitzgerald

I rimedi degli scrittori per riprendersi dalle baldorie alcoliche sono spesso peggiori dei mali. Hemingway beveva birra e succo di pomodoro, Scott Fitzgerald si scolava tre whisky forti, Zelda faceva una bella nuotata mattutina seguita da un Vodka Lemon.

 

Raymond Carver, reduce dalle nottate all'Università dell'Iowa in compagnia del grande amico John Cheever («Io e lui non facevamo altro che bere. Credo che nessuno di noi due abbia mai neanche tolto la copertura alla macchina da scrivere») aveva messo a punto un sistema secondo lui infallibile: un Bloody Mary defibrillante a base di vodka, succo di pomodoro, liquido dei cetrioli, succo di limone, rafano, Tabasco, salsa Worcestershire, sale, pepe, semi di sedano, peperoncino di Cayenna e gamberi da cocktail per guarnire il bicchiere. Fino alla prossima sbronza.

                         

 

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