Albi Scotti per https://www.djmagitalia.com/
PER club e discoteche ancora non si vede la luce in fondo al tunnel. Per ironia della sorte, proprio nell’ultimo anno e mezzo sono usciti diversi documentari che raccontano la club culture italiana. E lo fanno molto bene.
Il documentario è un genere cinematografico che grazie alle piattaforme di streaming è letteralmente esploso, passando da nicchia per appassionati a genere di intrattenimento di massa a tutti gli effetti. Complici formati di riprese sempre più accattivanti e script certamente più smaliziati che in passato, oggi i documentari sono spesso popolari quanto film e serie.
corrado rizza marco trani roberto d'agostino
Ma se già nell’ultimo decennio abbiamo visto tantissimi lavori dedicati alla club culture in ambito internazionale, dalla storia di Ibiza a quella di Avicii fino all’epopea dei rave britannici, la lunga e gloriosa tradizione del clubbing italiano è stata messa sotto i riflettori soltanto negli ultimi tempi. Gli spunti e le prospettive di partenza sono spesso molto diverse tra loro, altro elemento che rende queste narrazioni gustose e imprescindibili per tutti gli appassionati.
L’ultimo uscito in ordine di tempo è Roma Caput Disco, firmato da Corrado Rizza, dj e personaggio storico della Roma notturna, ora residente a Miami ma sempre molto legato alla sua città. Rizza ha raccolto e messo in ordine tantissimo materiale, ricostruendo la storia della Capitale vista dalla lente della consolle. “A Roma, in via Tagliamento, nel 1965 si è vista la prima discoteca italiana e probabilmente la prima figura di dj professionista italiano, quella di Giuseppe Farnetti che per volere di Giancarlo Borniggia e Alberigo Crocetta metteva i dischi prima della band del locale, Gli Svelti, che poi erano i Rokes di Shel Shapiro. Quella discoteca naturalmente era il Piper Club ed è diventata uno dei simboli della Roma del clubbing, entrando di diritto nell’immaginario collettivo italiano”. Così Rizza ci presenta il suo lavoro, ricco di locali storici come l’Histeria, l’Alibi, il Gilda, il Jackie’O, e di nomi famosissimi o seminali per la club culture italiana: Marco Trani, Claudio Coccoluto, Roberto D’Agostino, fino al giovanissimo Jovanotti versione dj di inizio carriera. Roma Caput Disco è disponibile su Vimeo.
Il focus geografico resta locale ma si sposta in Romagna per Riviera Clubbing – The Movie, pensato e diretto da Luca Santarelli, documentario che racconta la leggenda della Riviera Romagnola, territorio da sempre estremamente fertile per dj, dancefloor e amanti della notte, addirittura negli anni ’80 e ’90 un riferimento mondiale in materia: “quello che mi ha più colpito nella realizzazione del documentario è stato il ricordo molto vivo di quell’epoca che i dj stranieri hanno ancora adesso; molti di loro amavano fermarsi in Riviera non soltanto per le serate, maturando così amicizie e collaborazioni professionali che hanno dato vita e fenomeni di portata internazionale. Quando si parla di clubbing, si dovrebbe distinguere tra dimensione artistica e commerciale: forse servirebbe reintrodurre nel settore personaggi che curino più la prima rispetto alla seconda” afferma Santarelli. Il tutto condito con materiale d’archivio – preso anche dalle Teche della Rai – e tante interviste a dj e titolari di locali italiani e stranieri, con l’accompagnamento di una colonna sonora davvero ragguardevole. Per sapere dove trovarlo, andate sul sito di Riviera Clubbing.
Giochiamo in casa invece quando ad essere raccontata è la storia della Notte di Milano. Sono In Lista è un documentario uscito nei cinema a fine settembre 2020 (raggiungendo nei giorni in sala anche la top 10 al botteghino!) e ora disponibile su Amazon Prime Video. Senza inutili ipocrisie ne parlo in prima persona, visto che sono autore della sceneggiatura e narratore in scena di questo lavoro, che nasce da un’idea di Stefano Fontana (a sua volta figura storica dei club milanesi e non solo) e vede la regia di Andrea Paulicelli. Sono In Lista ripercorre l’evoluzione della scena dei club a Milano dagli anni ’70 fino al presente e con uno sguardo al futuro, coinvolgendo numerosi testimoni di primissimo piano della scena cittadina: Claudio Cecchettto, Joe T. Vannelli, Ringo, Marcelo Burlon, Saturnino, Mace, Nicola Guiducci e tutto il team del Plastic e moltissimi altri nomi che hanno reso Milano una delle capitali internazionali del clubbing. L’idea di scostarsi dal classico impianto “autonarrante” consuetudine del linguaggio documentaristico degli ultimi anni, e di avere un narratore in scena, permette a Sono In Lista di creare maggiore confidenza con lo spettatore, e rende le interviste dei dialoghi gustosi e ricchi di aneddoti e curiosità.
paolo micioni stefania rotolo claudio belfiore foto di m. radogna
Sempre al cinema, e anche in numerosi festival, è stato proiettato in questi ultimi mesi Disco Ruin di Lisa Bosi e Francesca Zerbetto, che approderà il 17 ottobre su Sky Arte e su Now TV, e che allarga il campo a tutto il territorio nazionale, partendo da uno spunto laterale come quello delle architetture dei club, spesso ormai rovine abbandonate di modernariato architettonico (da qui il titolo) e si sposta graduamente a raccontare una scena che dal Veneto alla Riviera, da Roma a Torino attraversa oltre 40 anni di clubbing. Molto interessanti le interviste non solo a dj e personaggi rinomati della consolle ma anche a direttori artistici, creativi, architetti e visionari che hanno cambiato i connotati e il sentimento popolare verso questo mondo. “Quella che raccontiamo in Disco Ruin è un’Italia che non dorme mai. Sono mondi paralleli creati con una geniale spontaneità, promessa di una vita migliore almeno per poche ore. Chiediamo allo spettatore di spogliarsi della solita ottica giudicante e di intraprendere questo viaggio lungo 40 anni alla ricerca della cultura nel club, tra architettura, musica, moda e arte. Le discoteche erano isole di libertà, erano esaltazione della propria creatività e singolarità all’interno di un gruppo, in una parola erano utopie”.
massimo buonerba francesco bonanno ottavio siniscalchi foto paolo parente
marina lante della rovere al gilda
Molto più stringente e focalizzato su una storia in particolare è invece Generazione Diabolika di Silvio Laccetti, che ovviamente parla di una one night molto nota e di uno dei primi veri brand internazionali della club culture. La storia di un party partito da Roma e arrivato sino allo Space Ibiza, transitando per il Cocoricò di Riccione. Un percorso non privo di ostacoli, ricordato con una serie di interviste a personaggi quali Wladimir Luxuria (tutto in fondo iniziò con la sua serata Muccassassina), Fabrizio De Meis, D Lewis, Emanuele Inglese, Emix, Henry Pass, Paolo Bolognesi, Simone LP, Stefano Santacruz e tante immagini di repertorio. Un documentario che ha il pregio di non scadere nella retorica, ed evita di lodare a tutti i costi il passato. Disponibile su Amazon Prime Video.
paolo mancuso duran duran alla luna
E a proposito di fenomeni capaci di diventare brand, chiudiamo con And The Heads Keep On Movin’, documentario del 2017 legato a uno dei più travolgenti fenomeni mediatici della dance italiana degli anni ’90, il Deejay Time. Scritto da un’altra penna nota di DJ MAG Italia, Ale Lippi, e diretto da Enrico Venturi, And The Heads Keep On Movin’ ripercorre la cavalcata di un programma radiofonico diventato fenomeno di costume capaci di raggiungere numeri nazional-popolari all’apice del successo, portando la dance a livelli impensabili di popolarità nel nostro Paese prima di allora. Un tuffo negli anni ’90 con Albertino, Fargetta, Molella e Prezioso (una formazione che per chi ama la dance è mitica tanto quanto quella delle Nazionali che hanno vinto i Mondiali) raccontati da amici, collaboratori, personaggi della storia dell’intrattenimento italiano. Uscito inizialmente all’interno del cofanetto di una compilation del Deejay Time, oggi è in parte visibile su YouTube in un montaggio a episodi.
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