LA ROMA DEI GIUSTI - SAPEVAMO CHE “PHOENIX” ERA UN FILM BELLISSIMO, ED È STATO ACCOLTO TRIONFALMENTE IN SALA, COME MERITA. RESTERÀ NEL TEMPO E CI SEGNA PROFONDAMENTE

Una incredibile Nina Hoss torna dai campi di concentramento e deve rifarsi una vita. Incontra il marito, ariano, che l’ha tradita e l’ha mandata nel lager, ma non la riconosce. Un intreccio simile a “La donna che visse due volte”, con l’idea che si possa lottare per riportare indietro il tempo, l’amore, la musica, le emozioni...

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Marco Giusti per Dagospia

 

phoenix di petzold phoenix di petzold

Festival di Roma. Lo sapevamo che era un film bellissimo. Lo aspettavamo già a Venezia, dove misteriosamente non è mai arrivato. E’ finito poi a Toronto, dove non è stato capito fino in fondo dagli americani, e ora a Roma. Dove è stato accolto trionfalmente in sala come merita. “Phoenix” di Christian Petzold, che lo ha scritto assieme allo sceneggiatore da poco scomparso Harun Farocki e tratto dal romanzo di Hubert Monteilhet “Le retour des cendres”, interpretato da una incredibile Nina Hoss, è un film che non può che restare nel tempo e segnarci profondamente.

 

phoenix di christian petzold phoenix di christian petzold

Almeno a noi europei. Perché è un film che partendo da un doppio binario, quello della variazione su “La donna che visse due volte” di Hitchcock e la realtà del ritorno dai campi di concentramento e lo scontro con la vita dopo l’orrore, mischia temi ancora più profondi. L’idea che si possa lottare per riportare indietro il tempo e con questo l’amore, la musica, le emozioni più profonde al di là dell’orrore della guerra, e la ricostruzione di una identità nazionale tra tedeschi e ebrei tedeschi dopo la lacerazione e il tradimento così profondo che il nazismo aveva provocato.

 

phoenix phoenix

Petzold non è carnale e sirkiano come Fassbinder, ma costruisce alla sua eroina delle quinte perfette per farla muovere sentimentalmente. Come se avesse pudore a affrontare qualcosa di così stridente e doloroso. Una donna tradita, derubata di tutto, sopravvissuta miracolosamente alla morte che ancora crede di poter vivere i sentimenti che aveva prima della sua deportazione e si lascia trasportare dall’amore o dall’idea che l’amore rappresenti la sua unica salvezza.

 

phoenix phoenix

Nelly, cioè Nina Hoss, che con Petzold ha girato anche “Jerichow” e “La scelta di Barbara”, torna dai campi di concentramento a Berlino col volto sfigurato. Nei campi ha perso tutti i suoi parenti e le è rimasta solo la sua amica Lene, Nina Kunzendorf, che lavora all’agenzia ebraica e la assiste durante l’operazione di ricostruzione del viso e anche dopo. Lene vorrebbe che Nelly venisse con lei a Haifa per rifarsi una nuova vita lontano dalla Germania e da quello che gli ebrei hanno subito durante il nazismo. A Berlino, dice “si sente più vicina ai morti che ai vivi”.

christian petzold sul set di phoenix christian petzold sul set di phoenix

 

Inoltre adesso Nelly è ricca, visto che ha ereditato i beni di tutti i suoi parenti. Ma Nelly pensa sempre a suo marito Johnny, Ronald Zehfeld, che la accompagnava al piano quando lei cantava, non volendosi rendere conto che proprio Johnny, ariano, l’ha tradita consegnandola ai nazisti e mandandola a morte sicura. Lo incontra in un locale, il Phoenix, ma Johnny non la riconosce. Vedendo che somiglia alla moglie, le propone però un accordo. In cambio di ventimila dollari americani fingerà di essere davvero sua moglie, che lui pensa morta.

 

07 phoenix 07 phoenix

Così lui riuscirà a incassare tutti i soldi dei suoi parenti ebrei. “Ho sposato una moglie povera, ora ho una moglie morta ricca”. Nelly non solo sta al gioco, ma entra totalmente nella parte, costruendosi una seconda, un’altra Nelly, che le fa ricordare quanto fosse stata felice con Johnny. Magari muovendosi a commozione solo perché ha ascoltato “Speak Low” di Kurt Weill. Petzold gioca sul noir per costruire un ingranaggio di sentimenti che scuota di scena in scena Nelly, eroina di un percorso dove non può esserci né luce immediata né vera scelta, solo coscienza profonda del dolore.

 

Ma lei riesce a inserirci anche l’amore. Nina Hoss recita dapprima solo con gli occhi fra le bende, poi con un viso tumefatto, poi come finta Nelly per esplodere in un gioco di specchi fra se stessa e un’altra se stessa per costruire la propria immagine perduta. Tutte le false piste che Petzold dispone per lo spettatore, Haifa, la pistola, la vendetta, verranno disattese, perché il dramma è così vasto che solo una canzone d’amore ce lo può fare intuire.

 

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