Simone Marchetti per “Vanity Fair”
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Il ragazzo che non parla inglese fa le consegne di minestre giapponesi. Londra, primi anni 2000. Maurizio ha poco piu di vent’anni, guida il motorino e viene dalla Sardegna. Indossa due paia di guanti, due giubbotti e un sacco di rabbia.
Un weekend si infila in testa un cartello di un ristorante italiano, si piazza per strada e diventa una pubblicita ambulante. E in quel momento che capisce cosa fara da grande. E in quel momento che Maurizio Pisciottu diventa Salmo.
«Mi sentivo come un puntino, anzi no, come una scoreggia quando passa il treno. Li ho capito di aver toccato il fondo. Li ho capito che musica dovevo fare». 37 anni, rapper, produttore, oggi anche attore della nuova serie Blocco 181. Dice tutto quello che pensa e non pensa a quello che dice. «Per forza, sono nato incazzato. E come se assorbissi i problemi».
E arrabbiato anche adesso?
«No. Anzi sto bene. Ho chiuso tutti i progetti: il disco Flop, i live, la colonna sonora della serie. Sono tranquillo, dai».
SALMO SU VANITY FAIR - FOTO BOGDAN ‘CHILLDAYS’ PLAKOV
Pero qualche settimana fa se l’e presa con un fan durante un concerto...
«E ci credo, mi ha tirato un pezzo di ghiaccio sul palcoscenico mentre cantavo. Hanno scritto che era neve, ma invece era ghiaccio».
Risponde sempre alla violenza con la violenza?
«Io ci provo a fare il bravo, ma non ci riesco».
Quindi risponde alla violenza con la violenza.
«Allora mettiamola cosi. Tu fai il bravo, ti prepari, metti a punto la tua musica. Poi sali sul palco e arriva un ragazzino che ti tira un pezzo di ghiaccio. Che fai? Che fai se ti punzecchiano tutta la giornata sui social e poi ti tirano le cose sul palcoscenico?».
Si prova a non reagire?
«Dopo aver risposto male al tipo del ghiaccio mi e venuto un senso di colpa. Pero, se e successo a uno come Will Smith, puo succedere anche a me che in piu sono sardo e permaloso, no?».
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Mi sembra una bella scusa. E anche una brutta giustificazione per Will Smith.
«E vero, hai ragione. Pero a volte proprio mi scatta il crimine. Io vorrei ci fosse un clima di festa, che si fosse li solo per la musica. Invece...».
Invece, forse, un artista ha anche la responsabilita del suo personaggio, della sua fama. No?
«Ma guarda, io non faccio canzoni per salvare il mondo. E poi basta con la favola degli artisti che fanno tutte le cose belle e giuste. Gli artisti non sono persone normali, non danno sempre il buono esempio. Gli artisti sono tutti squilibrati. E forse ogni tanto varrebbe la pena di distinguere l’arte di un artista dalla sua vita privata. Anche se oggi coi social e tutto un gran casino. Infatti sai come andra a finire?».
Come?
«Che i personaggi vinceranno sulla musica. Che in futuro ci saranno piu influencer e youtuber che musicisti. E per favore, influencer e youtuber non ve la prendete male che non ce l’ho con voi. Pero in futuro vedo piu intrattenitori, piu videogiochi che musica».
E chi vorra fare solo musica?
«Passera in secondo piano».
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Pero ci sono personaggi a cui riesce di fare musica, impegno, politica. Prenda Fedez: e riuscito persino a sensibilizzare un’intera nazione su un tema delicato e difficile come la malattia. Non e poco.
«Ma certo che non e poco. Anzi, e tanto. Pero lo so cosa stai per chiedermi: perche non lo fai anche tu?».
Appunto, perche?
«Te l’ho gia detto: perche io non voglio cambiare il mondo con la mia musica. Onestamente, per me sarebbe una puttanata. Prendi questa guerra, e un affare cosi drammatico, cosi complicato. E io sono uno che spara una marea di puttanate. Non voglio dire cose che non so. Non posso. E sia chiaro, mi informo. E a volte piu ti informi meno capisci. E poi escono i complottismi e scopri che alcune notizie sono false. Non me la sento di parlarne».
Pero in passato si e schierato. Ha detto che chi ascolta hip hop non puo votare Matteo Salvini.
«Ma per forza: se ascolti hip hop non puoi essere razzista. Pero no, non ti diro mai chi votare».
Quali sono allora le cose per cui vale la pena di vivere, di lottare?
«La musica».
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Che cosa vuol dire?
«La musica e l’unica cosa che mi interessa, l’unica cosa che so fare».
Non sa fare altro?
«Ho vissuto, certo, ma questo non significa che so vivere. Ho fatto tante puttanate e ne sono uscito. Non significa che so vivere. Significa solo che ho sbagliato e ne sono uscito».
Sta debuttando come attore nella serie Blocco 181. Com’e andata?
«Di merda. La serie e bella, e stata una grande esperienza. Pero la prima volta che mi sono visto sullo schermo, nei panni di un personaggio che non sono io, mi sono detto: faccio schifo.
E quando hanno acceso le luci e mi hanno chiesto cosa ne pensavo, io non sapevo proprio che cazzo dire. E come quando senti la tua voce registrata la prima volta e pensi: che voce di merda. Pero ci tengo a ringraziare tre persone che mi hanno aiutato nella colonna sonora: Simone Vallecorsa, Riccardo Puddu e Luciano Fenudi».
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Nella serie si parla tanto di periferie, luoghi spesso dimenticati, luoghi dove accade quello che poi succedera in tutta la societa. Lei arriva da li.
«Nelle periferie c’e il seme del futuro perche li si sta male, perche li trovi la lotta piu dolorosa. E solo nelle difficolta viene fuori la vera arte. Succede sempre cosi».
Ha dichiarato, parole sue: «Se sto bene scrivo canzoni di merda».
«Diciamo che scrivo tante canzoni. Ma quando sto male, scrivo belle canzoni. Non puo andare bene sempre».
Il momento peggiore per la canzone migliore.
«Non ho ancora scritto la canzone migliore».
Quella di cui e piu soddisfatto.
«Lunedi. Passavo un periodo strano, uno di quelli in cui realizzi che alla fine sei proprio solo».
Lei e circondato da tantissima gente.
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«E che cazzo c’entra? Sei solo in mezzo anche a tanta gente».
Come si fa a non farla sentire solo, a conquistarla?
«Non devi comportarti da fan».
Come si comporta un fan?
«Alcuni di loro, specie a Milano, quando mi beccano mi dicono tutti: “Minchia zio, Salmo, minchia”. Queste tre cose e finisce li».
Chi e importante nella sua vita?
«Che domandone. Devo prendere una sigaretta. Allora, devo dire che mio padre e stato un grande maestro di vita. Non mi ha mai supportato. Almeno non apertamente, non davanti a me.
Infatti per reazione ho fatto di tutto per dargli una soddisfazione, per fargli capire che non ero un coglione. E devo essere sincero: io di lavorare non avevo proprio voglia. E non volevo lavorare per gli altri. E ho fatto tutto quello che ho fatto per non dovermi svegliare un mattino per lavorare per qualcuno».
Si comporterebbe allo stesso modo con suo figlio?
«Bella domanda. Farei 50 e 50. Un po’ mio padre e un po’ a modo mio. Ma no, non penso che i figli vadano troppo incoraggiati. Forse bisogna essere bravi a capire quando farlo».
Che rapporto ha con sua madre?
«La Sardegna e un posto matriarcale dove comandano le donne. E mia madre non e un capo ma un soldato, un generale. Non e una mia fan, non viene quasi mai ai concerti, non le interessa. E un’artista del cibo, si sveglia alla mattina e inizia a cucinare. Mi cura e mi nutre. Anche troppo. Infatti quando torno in Sardegna metto sempre su troppi chili».
E con la Sardegna?
«Sono cresciuto in questa periferia, lontana da tutto. Ho passato anni a Olbia, al bar Devil Kiss dove sono passati tutti i gruppi punk e metal. Io volevo fare rap ma ho lasciato quella musica nel cassetto. A volte nella vita devi fare cosi: mettere il tuo sogno nel cassetto e aspettare. Anche perche il tuo sogno continua a nutrirsi di tutta la diversita che lo circonda. E io ho preso tutti gli elementi estranei al rap per metterli nel rap».
Frequenta ancora quegli amici?
«Sempre. Sono gli amici del bar, del pallone. Alcuni sono anche un po’ delinquenti. Alcuni spacciano. Li prendo per come sono. A volte li aiuto. Pero li capisco».
Li giustifica?
«Non lo so. So che capisco quanto sia difficile farcela oggi in Italia. Quanto sia maledettamente difficile crescere una famiglia. Il lavoro, le tasse, i soldi, arrangiarsi, sopravvivere. Io ci sono passato. E sono stato fortunato. Ma non posso dimenticare quanto sia difficile».
Oggi nella musica italiana succede una cosa particolare: i grandi cantanti storici non entrano in classifica. Ci siete solo voi, i nuovi, o i giovanissimi. Come lo spiega?
«Succede solo in Italia. Io penso che a un certo punto un cantante “storico” entri a far parte del patrimonio italiano. Vasco Rossi, per esempio. I suoi singoli non entrano in classifica. Pero ai suoi live c’e il finimondo perche i suoi concerti sono parte della cultura italiana. Gli italiani vogliono andare allo stadio per sentire Alba Chiara. Pero Vasco non scrive piu Alba Chiara. E gli italiani sono dei gran conservatori».
E se sono cosi conservatori perche riempiono San Siro per vedere Salmo?
«Chi mi segue e di una generazione diversa».
La generazione Spotify?
«Ecco un’altra bella domanda. La generazione Spotify non si gode la musica come ieri quando ti leggevi i testi, guardavi i libretti. Oggi e tutto piu veloce. Altro che sei minuti delle canzoni dei Pink Floyd: questa e la generazione dei dieci secondi. Come TikTok. Quello che prima facevi con una canzone in tre minuti, ora lo fai in dieci secondi».
Lei dice: odio la chiesa ma sono cristiano.
«Devo essere sincero? Penso che non esista niente. Dio, paradiso, inferno... Niente. Sono cose che ci siamo inventati come alibi, a volte per fare cattiverie. Non c’e bisogno della religione. La gente deve imparare a credere in se stessa».
Altra sua frase: non farei mai il mio fidanzato.
«E una presa di coscienza».
E single?
«Si».
Non le manca una compagna?
«Per ora no. Pero so che arrivera».
Torniamo alla sua storia e alla sua idea del fallimento. Lei trova gli errori, le cose che vanno storte quasi piu importanti di quelle che vanno bene.
«Si e mi piace ricordarlo oggi che tutti pensano che basti poco a diventare famosi con i social».
Basta poco?
«A volte si, ma poi ti bruci. Non auguro a nessuno di diventare famoso a 20 anni».
E Blanco?
«E uno dei pochi a essere davvero pronto. L’ho visto a Sanremo: l’attitudine, la tecnica, non c’e niente da dire. Deve stare attento pero: bisogna rimanere sulla cresta dell’onda per almeno dieci anni. E bisogna studiare. Io ho imparato sul campo: ascoltando musica black, campionando beat, ho avuto tre band diverse, suonato tutti gli strumenti, microfonato tutti gli strumenti.
E poi ho registrato, remixato, mi sono dedicato alle colonne sonore. Le esperienze che fai sono come i pacchi regalo che mia zia accumula sugli scaffali: quando vai a casa sua, li vedi tutti li, uno sull’altro. Incasinati e bellissimi»
Ha provato la depressione e i peggiori fallimenti. Ma spesso sui social si presenta forte e un po’ bullo.
«Su Instagram va forte chi fa lo sborone».
Ma non e ora di rendersi conto che la vera forza e capire di essere fragili? Di fare a pezzi questa mascolinita tossica per tutti?
«Hai ragione. Bisognerebbe sempre dire la verita su chi sei. E dirla soprattutto in una certa maniera. Ecco, dire le cose in una certa maniera e tutto. Soprattutto nella musica. Pero, vi prego, non fate come a scuola. Non giudicatemi per la mia condotta. Giudicatemi per la mia musica».