Pino Corrias per “la Repubblica”
Un tempo i re avevano i giullari come svago. Oggi i giullari, come svago, abbattono i re e si annettono i regni. Boris Johnson a Londra. Donald Trump a Washington.
Volodymyr Zelensky in Ucraina. E naturalmente il nostro Beppe Grillo nella eterna commedia romana. Comici.
Performer. Attori. Tutti capaci di irridere il potere per poi conquistarlo. Di mettere in prosa la pancia del Paese, per accomodarsi al pranzo di gala della rivoluzione, annodandosi il tovagliolo. E gridare come gridò Coluche, anno 1981, il capostipite dei comici antipolitici, candidato all' Eliseo contro la super élite di Mitterrand: "Sono l' unico che non ha bisogno di mentirvi! Prima di me la Francia era divisa in due. Dopo di me sarà piegata in quattro!
vladimir zelensky giura da presidente dell'ucraina 9
"È infine possibile che la tragedia del mondo abbia bisogno di comici per attenuarne il bruciore quotidiano. Che noi pubblico del grande spettacolo della vita - imprigionati in questa perenne replica di guerre che si accendono e ghiacciai che si sciolgono, ricchezze che si accumulano in piccoli punti fioriti e povertà che dilagano nella polvere della siccità, foreste spogliate, donne violate, missili e kamikaze in agguato, banche in malora, confini che invocano muri e opinioni pubbliche che demoliscono ponti - abbiamo voglia di applaudire qualcuno che ci sorprenda, ci incanti, ci distragga e finalmente ci liberi dall' ansia, proprio come facciamo ai funerali quando imbocchiamo la scorciatoia degli applausi in pubblico per scacciare il peso delle lacrime in privato.
Boris Johnson sale a cavallo dell' Inghilterra, tappandosi le orecchie con le mani e cantando «God Save The Queen» per non ascoltare gli scocciatori. L' Economist lo mette in copertina con la faccia dipinta da pagliaccio, spiegando che non si tratta di critica, ma di pura cronaca: «Ha un pensiero flessibile come una banderuola». Arriva promettendo spallate a Bruxelles - «che è come Hitler» - dopo tre anni di incomprensibili trattative intorno alla misteriosa scatola della Brexit sulla quale ballava la tremolante Theresa May.
Banderuola Boris minaccia fuochi d' artificio, capriole e "aringhe affumicate" contro la burocrazia europea che detesta dai tempi in cui scriveva per il Daily Telegraph da Bruxelles contro «le stupide regole» delle «banane troppo dritte» o i preservativi troppo stretti «per il tipico maschio inglese». Di Donald Trump sappiamo già molto.
È nato in tv dove prometteva soldi, fama e licenziava gli inetti. Ha replicato lo stesso copione in grande. Secondo il fact checking del Washington Post «dice almeno dodici bugie al giorno». « È un dadaista al potere», ha scritto Le Figaro . Ride degli avversari, moltiplicandoli e minacciandoli: «Abbiamo il bottone più grosso!». Accusa la Clinton di satanismo. I messicani di rubare e stuprare, «salvo alcuni che immagino siano brava gente». Stringe la mano al dittatore nordcoreano, usa i dazi per intimidire l' Europa e la Cina.
boris johnson regina elisabetta
Cancella gli accordi sul riscaldamento globale perché "nel Midwest fa un freddo cane". Taglia le tasse ai super ricchi e dà la caccia, casa per casa, ai clandestini poveri. Non ci sarebbe niente da ridere. I sondaggi invece lo incoronano, visto che l' economia non ha smesso di marciare dai tempi di Obama, che Donald ha astutamente spostato fuori dall' inquadratura.
Zelensky, l' ucraino, era uno dei comici più celebri, ora è presidente del Paese. Il dettaglio notevole è che lo è diventato avverando il personaggio che interpretava nella premiata fiction tv "Servo del popolo", la storia di un professore di liceo che diventa presidente. Ha trasformato il successo televisivo in una campagna elettorale e ha vinto con il 73 per cento dei voti.
Alchimia che qui in Italia abbiamo applaudito già tanto tempo fa, quando Berlusconi - ammirato proprio da Trump, da Boris Johnson e da Zelensky - fu capace di trasformare il suo pubblico televisivo in un elettorato. Organizzandogli una crociera di incantamenti dentro al mare mosso della Seconda Repubblica che poteva durare al massimo un anno, ma che grazie ai litigiosi nostromi della Sinistra è durata venti, fino al naufragio dei conti e della decenza.
Beppe Grillo ha cominciato spaccando sui palcoscenici i computer, nemici del popolo, prima di adottarli per costruire il Movimento, amico del popolo. E ha irriso i partiti "morti che camminano", prima di conquistare il Palazzo con il proprio che oggi (forse) lo annoia.
Tutte repliche dello stesso soggetto: il candidato inesperto che vince contro l' establishment. Il neofita che capisce e semplifica quello che i politici complicano. L' intruso privato che indossa il rancore pubblico.
E a calcare il nuovo palcoscenico sempre due categorie, "i super ricchi e i clown", come ha sintetizzato Ian Buruma, quando "le burocrazie si dimostrano indifferenti e lontane".
I comici, i performer, gli attori sanno parlare, sanno farci ridere. La loro parola è già il programma. E vedremo quanto il programma ci farà piangere dal ridere, oppure il contrario.
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