Estratto dell'articolo di Fabrizio Roncone per il Corriere della Sera
foto delle papi girls nei bagni di palazzo grazioli
La sera andavamo a Palazzo Grazioli. Lui era lì. La politica era lì. Un gin tonic al bar Doria, i cronisti delle agenzie che si davano il cambio davanti all’uscita secondaria, le luci — lassù, al secondo piano — sempre accese. Mille metri quadrati dove nessuno può dire di aver visto tutto. Ma dove è successo tutto.
Epicentro del potere per l’intera seconda Repubblica, è il luogo dove il Cavaliere ha officiato più a lungo e dentro autentica magnificenza: tra ministri veri e ministri miracolati, sottosegretari e sottopanza, adulatori e aspiranti fidanzate, badanti e arrampicatori sociali, Barbara e Terry che si scattano selfie nei bagni dorati e le convocazioni in decine di processi, (...) le lunghe telefonate con Putin e con Gheddafi, Giampi con le sue amichette e il cuoco Michele che prepara le penne tricolori — solo Umberto Bossi grugniva: «Fanno schifo!»; il professor Giulio Tremonti, con eleganza, fingeva di gradire, continuando a spiegare la posizione della Bce
(...) Denis Verdini — per una stagione potente capogruppo a Montecitorio, con l’orologio d’oro massiccio al polso e ai piedi le babbucce come quelle di Flavio Briatore — discute con Renato Brunetta, perde la pazienza e lo solleva, di peso, da terra. Il parapiglia fa innervosire Dudù, il barboncino di Francesca Pascale, che comincia ad abbaiare e tenta di mordere Daniele Capezzone (succederà altre volte, purtroppo).
La Pascale è riuscita nel capolavoro sentimentale di fidanzarsi con il Cavaliere partendo dalla piazzetta che affaccia sull’uscita secondaria, dove manifestava sotto al sole a picco infilata in una t-shirt con la scritta «Meno male che Silvio c’è». Per far capire che, a Palazzo, gli equilibri sono cambiati, va in cucina e chiede: «Quanto li paghiamo i fagiolini al chilo?». Le rispondono una cifra da mutuo.
Lei s’infuria e tutti, a quel punto, capiscono chi è che comanda (certo, chi vuole parlare con il Cavaliere deve però sempre chiedere il permesso a Maria Rosaria Rossi, poi diventata celebre in certe cronache giudiziarie per aver affittato il castello di Tor Crescenza e per la frase cult detta a Emilio Fede, che le annunciava al cellulare il suo arrivo: «Oh, no… bunga bunga, le due di notte!»).
Un pezzo di Sardegna
Che inverni memorabili, a Palazzo Grazioli. Quanta politica, quanto potere concreto, quanti eccessi. Poi, la liturgia berlusconiana, l’estate prevedeva il trasferimento a Villa Certosa, Costa Smeralda, Porto Rotondo: molto più che una tenuta. Letteralmente, un pezzo di Sardegna.
Parco di 580 mila metri quadrati (considerate che un campo da calcio ne misura circa 7 mila), un immobile con 68 vani, 4 bungalow, una palestra, un teatro, un finto vulcano (la prima volta che il Cavaliere lo accese, accorsero i vigili del fuoco). Ospiti variegati: da Putin (erano proprio amici) a Lele Mora, da Aznar a Zapatero, dall’ex capo della Repubblica Ceca Topolanek (paparazzato nudo sotto la doccia, insieme ad alcune amiche in topless) a Tony Blair con la moglie Cherie.
Con Blair, quell’indimenticabile estate, il Cavaliere sfoggia la leggendaria bandana (prima di lui, in Italia, solo Alberto Sordi: ma in un film, «Lo sceicco bianco»). Poi, non soddisfatto, gli mostra la collezione di 400 cactus fatti arrivare da ogni parte del pianeta. Blair è basito. La sera, nei vialetti del parco, ci sono carretti che offrono gelati a tutti. Il gelato libero e gratuito impressiona molto soprattutto i notabili di FI. Mariano Apicella alla chitarra è leggenda nota. Come l’Umbertone che nel 1994 — non s’è mai capito se per puro sfregio, o per intuizione mediatica — si presentò indossando una canottiera da muratore.
berlusconi palazzo grazioli 99
Disdetto l’affitto di Palazzo Grazioli (troppo costoso, vabbé), ha aperto i cancelli e si è offerto agli obiettivi anche nell’ultima dimora romana, Villa Zeffirelli, poi ribattezzata Villa Grande, sull’Appia Antica, per anni prestata in comodato d’uso al suo amico regista e diventata il set degli ultimi vertici con Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che stavano allestendo il nuovo governo e lei, Giorgia, con dei gran giri di parole diceva no, Presidente, la Ronzulli ministra della Sanità proprio no.
Ma il Cavaliere era già stanco. Incerto sulle gambe. Ed era chiaro a tutti che eravamo ormai dentro il tramonto di una storia cominciata nell’altra grande dimora, da lui adorata, e dove — in un miscuglio di amicizia indistruttibile e stima profonda — ha continuato ad incontrarsi fino all’ultimo con Fedele Confalonieri, Marcello Dell’Utri, Gianni Letta e Adriano Galliani: Villa San Martino (3.500 mq, valore indicativo: 100 milioni).
Lì, alle ore 18 del 29 giugno 1993, fa ingresso il professor Giuliano Urbani, politologo della Bocconi. Berlusconi non è ancora del tutto Berlusconi. Così gli evita la visita ai roseti e al mausoleo di Pietro Cascella, e va subito al dunque: «Vorrei fondare un partito. Secondo lei, è un’idea che agli italiani potrebbe piacere?».
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Tutti sapete poi cosa è successo.
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