Marco Giusti per Dagospia
Con il 28% di share chiude l'ultima puntata della seconda stagione de "L'amica geniale", probabilmente la migliore serie che si sia mai vista sui canali della RAI e non solo. L'unico confronto possibile, per riuscita e successo, è con "Gomorra". Ma la differenza è che se "Gomorra" recupera una lunga tradizione di noir e polizieschi all'italiana, con il suo primo e principale regista, Stefano Sollima, che sfida il cinema e le serie del padre Sergio, in questo caso Saverio Costanzo, regista di quasi tutte le puntate della prima e della seconda stagione de "L'amica geniale", ad eccezione di quelle ambientate a Ischia dirette da Alice Rohrwacher, recupera invece sia il melo matarazziano sia la grande tradizione di sceneggiati RAI, inserendo un linguaggio autoriale che rispetti sia il testo del libro di Elena Ferrante sia il pubblico popolare della nostra fiction da Rai Uno.
Anche lui figlio d'arte, anzi doppiamente figlio d'arte, ricordando oltre al lavoro del padre anche quello della madre, Flaminia Morandi, risulta quasi naturale, al di là dei film d'esordio quasi bellocchieschi, questo legame col grande progetto divulgativo popolare che la rai persegui' negli anni 60 e 70. Diciamo questo, senza nulla togliere al cinema d'autore di Costanzo, che anzi seguita qui a riprendere con grande forza e accresciuta sicurezza, per capire perché il pubblico, sia quello più colto che quello popolare, abbiano così amato la versione seriale de "L'amica geniale", che non è mai una messa in scena banale del romanzo, ma trova sempre una sua scrittura registica, che prende addirittura una strada diversa nelle puntate dirette dalla Rohrwacher.
E punta spesso, senza perdere il centro popolare dell'intreccio, a costruire una situazione continua di confronto con la scrittura, con l'essenzialità della matrice letteraria, rivelando nel confronto fra Lila e Lenu' molto più dei gossip sul chi siano o sia la vera "Elena Ferrante". Affascinato dal rapporto fra le due ragazze in continuo scontro/incontro fra loro, come se fosse un amore impossibile per se stessi e per il proprio doppio, Costanzo intuisce che li' sta il cuore del racconto e della intera serie e al di la' di qualche pagina meno riuscita di ricostruzione storica, penso all'ambiente accademico pisano, si gioca tutto sempre sul rapporto fra le due ragazze.
E li' vince, come vince nella messa in scena del grande cast minore napoletano, tutti (per noi) sconosciuti e tutti perfetti. Come in "Gomorra" si rimane sbalorditi di fronte alla massa di attori medi piccoli e piccolissimi che diventano del tutto naturali in scena. Al punto che qualche problema semmai c'è quando si esce da Napoli, mai quando si torna a casa.
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