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America latina dei Fratelli D'Innocenzo
Marco Giusti per Dagospia
Quinto e ultimo film italiano in concorso a Venezia, l'unico che nessun critico avesse visto in anteprima, molto atteso dalla massa dei critici fofiani come Mereghetti e Morreale, "America latina" dei Fratelli D'Innocenzo è una specie di racconto ulteriore dedicato agli orrori della piccola borghesia italiana, che formavano già il nucleo narrativo sostanziale del loro precedente "Favolacce", salutato da Goffredo Fofi come "un piccolo capolavoro inatteso il cui rilievo va oltre la qualità artistica, indiscussa".
Visto che non ritenevo "Favolacce" un capolavoro, ma un buon secondo film, forse un po' troppo alla moda, che prendeva qua e là dal cinema sudamericano da festival, non sono rimasto deluso da "America latina".
Anzi. Mi sembra tecnicamente e artisticamente superiore al precedente, con la musica dei mitici Verdena, la fotografia di Paolo Carnera, il montaggio di Walter Fasano.
Ma in sala ho sentito un certo disappunto e temo recensioni poco positive dei fofiani delusi.
Ma davvero non vedo tanta differenza tra i due, anzi i tre loro film, a parte il fatto che i fratelli sono oggi più professionali ma meno freschi di qualche anno fa.
Anche qui troviamo Elio Germano come pater familias in crisi in una sorta di assurda villa dalle parti di Latina, dove vive con la moglie e le due belle figlie.
Ricco dentista del posto dovrebbe vivere una vita tranquilla. Ma capiamo subito che non è così.
FRATELLI DINNOCENZO - AMERICA LATINA
Perché anche qui, come in "Favolacce", gli orrori degli ultimi vent'anni di vita italiani, orrori tangibili a cominciare da quelli dell'edilizia residenziale, prendono vita come in un film di vampiri in un maniero tenebroso dove non capiamo se gli occupanti siano demoni o martiri o tutte e due le cose. E se il malessere nasca dal posto o viceversa.
Capiamo presto che il dentista ha un problema di memoria, ha un problema con un amico, Simone, che sembra la sua copia, con cui va a bere ogni tanto, ha problemi col vecchio padre Massimiliano Wertmuller, e soprattutto ha problemi con qualcosa di inaspettato come una ragazza legata in cantina. Chi è? Chi c'è l'ha messa? Da quanto tempo sta lì?
Se le vostre aspettative non sono quelle del capolavoro del cinema italiano "in stato di grazia"(non lo è proprio, mi sembra), vedrete "America latina" come un ottimo film molto dark su un modello di cinema sudamericano o coreano o sub garroniano da festival e troverete Germano bravissimo. Che è forse la lettura più giusta.
E posiziona i D'Innocenzo tra i registi più moderni e interessanti di questi ultimi anni. Se vi aspettavate il capolavoro sarete delusi. Ma rimane un buon film. E la musica dei Verdena è una grande sorpresa. E dei cinque film italiani in concorso, forse non è ilmigliore, ma certo è quello più contemporaneo.