Giampiero Mughini per Dagospia
Nella vita di noi tutti arriva quel momento in cui lo sai e lo senti che il traguardo è a portata di sguardo, che è li marcata ben evidente la riga che segna la fine del viaggio, che d'ora in poi si vanno riducendo le cose possibili da fare, e che quelle di cui disponi nel lavoro, negli affetti cominci a perderle una a una.
In questi giorni io mi sono perso la mia cagnetta, o forse avrei dovuto dire la mia figliola a quattro zampe perché questa è stata per quindici anni Bibi il setter che mi aveva regalato Elena Stancanelli. E di avere un cane mio lo avevo sognato tutta la vita. Solo che non potevo permettermelo perché non avrei avuto il tempo da dedicargli che lui meritava, e finché nella mia vita non è arrivata Michela, lei sì che come madre di Bibi non avebbe potuto fare di meglio per questi quindici anni.
Quindici anni durante i quali Bibi non è che Bibi non ci stesse accanto, molto di più: condivideva ogni istante, ogni emozione, non c'era poltrona, coperta o divano dove lei non si accucciasse regina.
Ovviamente dormiva con noi. Innanzi alla sua bellezza e alla sua grazia scomparivano le serigrafie di Andy Warhol o i disegni di Mino Maccari o i vasi di Gio Ponti. Non c'ero uno spicchio della casa che lei non riuscisse a illuminare con i suoi occhi, con lo sventolio della sua coda, con i suoi vezzi.
GIAMPIERO MUGHINI CON MICHELA PANDOLFI CLINT E BIBI
Vezzi che è come se si rallentassero con gli anni che passavano, quando sempre più intensa era la sua cura nell'accucciarsi e nello sdraiarsi e tanto più in questi ultimissimi anni in cui è arrivato a casa nostra un altro setter, un maschio questa volta, Clint (in onore di Clint Eastwood), che la adorava ma che voleva essere lui a tutti i costi al centro dell'attenzione. Non so se Bibi non ne abbia sofferto dell'invasione di questa furia e anche se io e Michela facevamo di tutto perché lei continuasse ad avere il casco che spetta a una regina.
Bibi invecchiava. Passava delle ore sdraiata sul pavimento, sempre di più. Non giocava più, assisteva. Le sue gambe posteriori la sostenevano sempre peggio, riusciva a stento a sollevarsi. Un nostro collaboratore che era rimasto in casa ad assisterla durante un nostro viaggio di pochi giorni, ci disse che le notti Bibi piangeva.
GIAMPIERO MUGHINI CON MICHELA PANDOLFI CLINT E BIBI
Non riusciva a muoversi, ad allontanarsi dai posti dove aveva appena fatto i suoi bisogni, non ci riusciva più a saltare agilmente da una poltrona a un'altra. Una notte il suo pianto si fece continuo, straziante. All'indomani Michela la portò dal veterinario. Le diedero una qualche pillola. Quella notte trascorse indenne.
Alla notte successiva rimanemmo soli a casa, io e Bibi, noi due sdraiati sul letto l'uno accanto all'altro. Lei mi guardava, la sua bocca a dieci centimetri dalla mia, non diceva nulla. Dicevano tutto i suoi occhi. Cosa dicessero esattamente non lo so. Che aveva paura della morte? Forse, anzi di sicuro.
Che io le manifestassi ancora una volta una volta il mio amore per lei? Stemmo così per un paio d'ore, guardandoci in silenzio. All'indomani Michela la portò nuovamente dal veterinario, il quale disse che la sorte di Bibi era segnata, pochi giorni ancora e poi era la fine.
giampiero mughini con la moglie michela e bibi
Alla notte successiva lei pianse pressoché ininterrottamente. Alla mattina dopo Michela (che in questi casi ha il coraggio e la forza di un leone) la portò di nuovo dal veterinario, che le fece l'iniezione che metteva un punto finale al tutto. Adesso quel che rimane di Bibi è in una scatola di cartone, da dove la sposterò in un vaso di ceramica. Non c'è un momento della giornata in cui non mi manchi il suo guizzare, il suo giocare, il suo scodinzolare. Dio, come l'ho amata.