Marco Menduni per "www.lastampa.it"
Partenza alle nove e un quarto del mattino da Milano, seguendo l’onda dei tenaci, tenacissimi amanti del mare della Liguria. Arrivo all’Autogrill di Varazze alle 13,17, quattro ore per 160 chilometri e una media poco entusiasmante di 40 all’ora, in un tratto che in tempo normali si percorre nella metà del tempo. Proprio andando piano. Ma questi non sono tempi normali, sono le settimane della grande crisi delle autostrade in Liguria e ogni concetto di tempo e di spazio si dilata al di là delle nostre conoscenze.
Altro test: ingresso a Genova Ovest alle due e mezza e subito 9 chilometri di coda fino a Recco, dopo che un Tir e un’auto si scontrano. Un’altra ora e mezza di freni e frizioni usurate e finalmente, pur nella consueta gimkana tra lavori, cantieri e scambi di carreggiata, la via per il Levante è finalmente spianata.
Sommando tutti i tempi, più di 6 ore per guadagnare le spiagge della Riviera o del Tigullio partendo da Milano e da Torino rappresentano una tempistica da disfatta. L’esperimento nel primo vero fine settimana di esodo si traduce in un disastro.
roberto tomasi autostrade per l'italia
Le premesse non erano sfavorevoli. Autostrade aveva annunciato per ieri un primo allentamento delle chiusure a raffica per esaminare tutti i tunnel della Liguria, soprattutto durante il giorno.
Non è andata così e la circostanza getta un’ombra sinistra anche sulla giornata di oggi, secondo round del grande spostamento nel fine settimana. L’emergenza Liguria è ormai un caso nazionale. L’altra sera c’è stato un incontro, teso, tra il ministro dei Trasporti Paola De Micheli e l’amministratore delegato di Autostrade Roberto Tomasi.
Di fronte alle contestazioni, Tomasi ha reagito. Ha ricordato che è stato lo stesso ministero a imporre all’azienda, lo scorso 29 maggio, una nuova verifica di tutti i tunnel. Un lavoro da riprendere da capo ma da concludere comunque entro il 10 luglio. Impossibile raggiungere il traguardo lavorando solo di notte. Anche perché occorre, in 100 gallerie, smontare 350 mila metri quadri di onduline (i rivestimenti protettivi) prima di poter intervenire.
Cos’è accaduto ieri? La riapertura del tratto tra la A26, che da Alessandria scende verso le spiagge, e Arenzano sulla A10 era previsto per le 6 del mattino, dopo le verifiche alla galleria Borgonuovo. Invece se n’è parlato solo alle 10. Quattro ore di ritardo, la differenza tra un rallentamento e il blocco totale.
Perché da settimane funziona così: al pomeriggio viene diramato il programma delle chiusure nel giorno successivo. Ma sono tempi, per usare un eufemismo, indicativi. La spiegazione ufficiale: «Se emergono dei problemi da risolvere, si interviene subito, non si rimanda». Conseguenza, anche questa, dei tempi strettissimi per concludere tutte le operazioni.
mappa delle limitazioni autostrade in liguria
Per uno strano gioco geografico, il grande cartellone che indica il 45° parallelo all’altezza di Casei Gerola separa due situazioni opposte. Prima si corre. Subito dopo è la Caporetto dei collegamenti. I tabelloni luminosi indicano che l’autostrada è chiusa (il segnale biancorosso del divieto di transito) e che il percorso obbligatorio per arrivare a Savona e nel Ponente della Liguria è uno solo: passare per Torino. In realtà non è così, è un trucco per alleggerire il traffico. Ma la situazione è pesantissima
Sull’A7 Genova è un miraggio, con code annunciate di 13 chilometri al micidiale bivio per il Levante. Sull’A26 riesce ad andare peggio. Alle 10.15, tre chilometri dopo Ovada, il traffico rimane paralizzato. Immobile: ripartiremo solo alle 11,29. Non c’è solo il tappo dei cantieri: quando la corsia per viaggiare è una, ogni intoppo moltiplica i suoi effetti in maniera esponenziale. Un Tir va in panne, bisogna allestire una sorta di bypass per aggirarlo. Recita Isoradio: «Mezzo fermo al chilometro 17,5, gli effetti si riverberano all’indietro fino al chilometro 45».
Tradotto, più di 27 chilometri di incolonnamenti, illusorie ripartenze, di nuovo brusche frenate dopo cento metri. Sotto il sole e la canicola (32 gradi) il viadotto diventa un’agorà che raccoglie rabbia e scoramento: tutti scendono dai loro mezzi. Aldo Capitani, pensionato torinese in viaggio con la moglie Mirella, non se la perdona: «Colpa mia, colpa mia, avevo letto che in Liguria c’erano dei problemi ma non ho creduto fino a questo punto». A suonare la carica al popolo bloccato sul viadotto pensa Anna Marelli che urla: «È un sequestro di persona, anche il casello di Ovada era chiuso, ci hanno intrappolati senza scampo».
Poi c’è la paura. Racconta Ivan, autotrasportatore croato: «Per noi camionisti la galleria è sempre una criticità. Non è bello restare più di un’ora sotto un tunnel». Spiega: «Ci hanno insegnato al corso che, se scoppiasse un incendio al chiuso, avremmo pochissimi secondi per metterci in salvo, prima che le fiamme e il fumo possano propagarsi». È la sua un’inquietudine sincera. E non basta l’annuncio che arriva nel pomeriggio: da oggi 150 chilometri saranno esentati dal pedaggio.
L’alternativa treno? In una giornata difficile vanno in tilt anche le ferrovie. Alle 7 del mattino scatta la necessità di una verifica tecnica urgente tra le stazioni di Genova Nervi e di Recco. Due convogli vengono parzialmente soppressi, dieci incamerano un ritardo di più di 50 minuti, uno di più di un’ora. Sulle strade urbane, il Ponente di Genova è impazzito. Nessuno si muove più. Bloccati gli autobus, le ambulanze, gli automobilisti. I tir sono un muro invalicabile. «Nemmeno in scooter si riesce a passare, c’è da rischiare la vita», urla un giovane che parcheggia la sua due ruote e getta la spugna.
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