C. Man. per "il Messaggero"
È stato introdotto nel Codice della privacy con l'articolo 144 bis. Rappresenta una ulteriore tutela per i minori dal revenge porn dalla diffusione delle immagini senza il loro consenso, dalla violenza attraverso la Rete. Il decreto è stato discusso ieri in Consiglio dei ministri e il nuovo articolo di legge è stato inserito dopo l'articolo 144 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
Stabilisce che «chiunque, compresi i minori ultraquattordicenni, abbia fondato motivo di ritenere che immagini o video a contenuto sessualmente esplicito che lo riguardano, destinati a rimanere privati, possano essere oggetto di invio, consegna, cessione, pubblicazione o diffusione senza il suo consenso in violazione dell'articolo 612-ter del Codice penale, può rivolgersi, mediante segnalazione o reclamo, al Garante, il quale, entro quarantotto ore dal ricevimento della richiesta, provvede ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento (UE) 2016/679 e degli articoli 143 e 144».
Un altro passo avanti rispetto alle legge contro il revenge porn entrata in vigore nel 2019. Il decreto che entrerà in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta, prevede, inoltre, che «quando le immagini o i video riguardano minori, la richiesta al Garante può essere effettuata anche dai genitori o dagli esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela».
In ogni caso, l'invio al Garante di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito riguardanti soggetti terzi, effettuato dall'interessato, «non integra il reato di cui all'articolo 612-ter del codice penale», che seguirà un iter diverso e parallelo. Le nuove disposizioni verranno ora presentate alla Camera per la conversione in legge.
LE CONDOTTE Il legislatore sembra, dunque, voler superare quei vuoti di tutela che la legge del 2019 ha lasciato aperti. Nel comma II della stessa legge si vanno a reprimere le condotte dei cosiddetti secondi diffusori, che fino a oggi è il fenomeno più incontrollabile con maggiori conseguenze negative sulla persona offesa.
È stabilito che venga punito chi avendo ricevuto il materiale sessualmente esplicito distribuito senza consenso, a sua volta lo reinvia, lo consegna a terzi, o comunque lo diffonde. Ma non basta la volontà e la condotta per poter punire chi distribuisce attraverso i canali social o whatsapp immagini non sue, serve che la persona offesa ne riceva realmente un danno. Requisito non facile da provare, specie se si pensa che i secondi diffusori sono perlopiù persone che non hanno alcun legame con la vittima, e che compiono queste azioni per gioco, divertimento o altro.
Il più delle volte non conoscono le persone che danneggiano. Ed è per questo che la norma appare ancora di portata limitata, perché non consente spesso di punire colui che, ricevuto il materiale da un terzo, lo diffonda al grande pubblico dei social o dei canali network. Le condotte di invio, consegna e cessione sono da intendersi come rivolte a un destinatario ben preciso, quale quello che può essere raggiunto da sistemi di messaggistica friend-to-friend, mentre le condotte di pubblicazione o diffusione fanno pensare a una pletora di soggetti riceventi indeterminati, quali possono essere quelli raggiunti sui social network, su siti pornografici, o sui canali network di app come Telegram, in cui basta l'iscrizione con un nickname.
Ed è questo il vulnus della norma, il vuoto di tutela nei confronti di alcune fattispecie ricorrenti, come anche le condotte di distribuzione e divulgazione di materiale autoprodotto dal minore di anni 18, qualora questo non sia stato ottenuto mediante minaccia, violenza e/o sottrazione.