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Estratto dell’articolo di Luigi Ferrarella e Milena Gabanelli per il “Corriere della Sera”
abuso d ufficio - milena gabanelli - dataroom
Il professore che passa le domande dell’esame alla sua allieva in un concorso universitario. Il carabiniere che, siccome alcune ragazze extracomunitarie rifiutano di farsi fotografare in spiaggia, senza ragione di servizio chiede loro di esibire i documenti di soggiorno. Il pm che fa processare l’ex della sua fidanzata. L’assessore che, di fronte a due contemporanee richieste di comizi elettorali, nega l’uso della piazza alla lista avversaria e lo concede invece per il comizio del proprio partito.
Sono alcune delle situazioni che in passato avevano determinato sentenze per il reato di abuso d’ufficio, e che invece adesso restano penalmente «scoperte» dopo che il Parlamento — il 25 agosto scorso — ha abrogato l’articolo 323 del codice penale.
Due secoli di storia
Abrogazione davvero «storica» quella del governo Meloni: era infatti ininterrottamente da 205 anni (Regno delle due Sicilie) che esisteva una norma di difesa del privato cittadino dalle possibili prevaricazioni dell’autorità pubblica. Tre modifiche ne avevano già via via ristretto il campo di applicazione: nel 1990 (governo Andreotti VI), nel 1997 (governo Prodi), e 2020 (governo Conte 2), più un ritocco nel 2012 (governo Monti).
[...] due scuole di pensiero: da una parte chi sosteneva che la legge era così vaga da lasciare troppa discrezionalità ai magistrati, tant’è che la «paura della firma» costringeva gli amministratori pubblici a rifugiarsi in una paralizzante burocrazia. Dall’altro lato chi nell’abuso d’ufficio vedeva un «reato spia», quindi un passepartout per smascherare più gravi reati quali la corruzione e la concussione.
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Le statistiche delle sentenze
La campagna pro-abrogazione ha dato molto peso al fatto che l’80% delle denunce vengono regolarmente archiviate, e che addirittura nel 2021, su 5.418 fascicoli iscritti, le condanne e sentenze di patteggiamento sono state 62. Numeri inevitabili visto che il reato è stato man mano depotenziato negli anni. Va inoltre ricordato che il nostro codice prevede l’obbligatorietà dell’azione penale, vuol dire che quei 5.418 non erano processi, bensì fascicoli aperti in seguito a denunce.
Certo, non è raro vedere il tal partito denunciare per abuso d’ufficio il sindaco del tal altro partito al solo scopo di denigrarlo sui giornali, anche se poi la Procura si accorge subito che non c’è sostanza e chiede l’archiviazione. Tuttavia il dato dell’80% non è così straordinariamente superiore alla media di archiviazioni degli altri reati, che si attesta al 62%. E comunque così tanto evanescente non doveva essere l’abuso d’ufficio, se in 23 anni ci sono state più di 3.600 condanne.
Cosa cambia
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In concreto cambia tutto, ad esempio per i concorsi universitari truccati, che venivano perseguiti o con il reato di turbativa d’asta o con l’abuso d’ufficio. L’anno scorso la Cassazione, con una sentenza, ha cristallizzato un orientamento in corso da tempo: la turbativa può valere per le gare nell’acquisizione di beni o servizi, ma non per le assunzioni di personale nella pubblica amministrazione attraverso i concorsi pubblici e in particolare quelli universitari, per i quali invece va applicato il reato di abuso d’ufficio.
Che però ora è stato abolito.
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In pratica se non c’è un falso in atto pubblico o corruzione in denaro, tutti i professori che vogliono agevolare il loro allievo, parente o figlio di amici la faranno franca. Mani libere per il pubblico ufficiale che non si astiene in presenza di un conflitto di interesse: non ci saranno più sentenze come quella che ha condannato il comandante della Polizia municipale per aver affidato il servizio di autovelox alla società di suo cognato; o quella del dirigente comunale che ha presieduto la commissione di concorso che poi ha dichiarato vincitrice sua nipote.
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Ma nemmeno quella del sindaco che ha sciolto una seduta del Consiglio comunale per impedire di votare la costituzione di parte civile del Comune in un processo a suo carico. Mano libera al direttore generale di una Asl che illegittimamente dequalifichi un servizio ospedaliero da struttura complessa a struttura semplice per demansionare il primario; e pure al magistrato che per semplice astio chieda il rinvio a giudizio dell’ex fidanzato della sua compagna. Non a caso anche il Csm a inizio ottobre ha archiviato in blocco 20 procedimenti disciplinari aperti a carico di altrettanti magistrati sotto indagine per abuso d’ufficio.
E ora il vuoto Per i fautori dell’abolizione dell’abuso d’ufficio nel futuro bastano e avanzano gli altri reati di peculato, corruzione, concussione e rivelazione di segreto. Oltre alla possibilità di ricorrere al Tar e alla responsabilità dei dipendenti pubblici per danno erariale di fronte alla Corte dei conti, a cui si aggiungono i procedimenti disciplinari in seno alle varie amministrazioni.
Peccato che i disciplinari vengono quasi sempre congelati in attesa dell’esito del giudizio penale (che non ci sarà più), e l’esperienza mostra che mai nessuno nella pubblica amministrazione promuove di propria volontà un disciplinare senza il pungolo del penale.
Per quel che riguarda la Corte dei conti è in cantiere un progetto di legge per circoscrivere la responsabilità per danno erariale alla sola ipotesi del dolo, con esclusione della colpa grave. Sono stati resi possibili affidamenti diretti di beni o servizi sino a 140 mila euro di soldi pubblici senza nemmeno confrontare due preventivi. Il conflitto d’interessi è passato in cavalleria, e l’attività di lobbying continua a non essere regolata.
Nell’attesa condanne cancellate
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Già sei Tribunali in giro per l’Italia nelle scorse settimane hanno sollevato davanti alla Consulta il possibile contrasto della legge che ha abrogato l’abuso d’ufficio con l’articolo 117 della Costituzione per la possibile violazione degli obblighi derivanti dal diritto internazionale della Convenzione Onu di Merida, e con l’articolo 97 sui principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione.
Bisognerà fare i conti anche con la proposta di direttiva del Parlamento Europeo del 3 maggio 2023 che all’articolo 11 prevede, tra l’altro, che gli Stati membri «prendono le misure necessarie affinché sia punibile come reato l’intenzionale esecuzione o omissione di un atto, in violazione delle leggi, da parte di un funzionario pubblico nell’esercizio delle sue funzioni al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un terzo».
Se la proposta venisse approvata, l’Italia sarebbe costretta a reintrodurre l’abuso d’ufficio. Nell’attesa della decisione della Corte costituzionale e del Parlamento Ue, gli oltre 3.600 condannati per abuso d’ufficio dal 1997 al 2020, hanno diritto di ottenere dal giudice dell’esecuzione la cancellazione dal casellario giudiziario e tornare «immacolati».
CANCELLAZIONE DELL ABUSO D UFFICIO - MILENA GABANELLI - DATAROOM