Nicola Palma Per il Giorno
La salma di Mike Bongiorno non la trafugarono loro. E hanno sempre negato di essere i telefonisti della banda che fece sparire dal cimitero di Dagnente le spoglie del notissimo presentatore televisivo. Di certo si sa che Pasquale Cianci e Luigi Spera si misero in contatto con i familiari di Mike, scomparso a Montecarlo l’8 settembre 2009 all’età di 85 anni, per cercare di ricattarli.
Quattro le chiamate effettuate, secondo le indagini dei carabinieri che li fermarono il 3 marzo 2011 mentre da una cabina telefonica in zona San Siro stavano provando a contattare uno dei figli dello showman, Nicolò, per chiedere un riscatto in cambio della restituzione della bara fatta sparire poco più di un mese prima.
La vicenda giudiziaria di Spera, artigiano edile oggi 59enne residente a Settimo Milanese, si è conclusa con il patteggiamento a un anno e 7 mesi concordato con la Procura di Verbania.
Cianci, invece, è stato processato a Milano per la stessa accusa di tentata estorsione in concorso. E ieri è arrivata l’ultima parola della Cassazione: conferma della condanna in Appello, il 68enne originario della provincia di Foggia dovrà scontare 2 anni e 4 mesi. Un altro punto fermo, uno dei pochi, in una storia rimasta misteriosa sotto molti aspetti. Una storia che ha inizio la mattina del 25 gennaio 2011. Cimitero di Dagnente, sopra Arona, sponda piemontese del Lago Maggiore.
MERIDIANI MIKE-BONGIORNO BY IL DEBOSCIO
A dare l’allarme è un anziano, Giuseppe Buscaglia, che ogni mattina va a far visita ai suoi congiunti sepolti al camposanto: il pensionato racconterà agli investigatori di aver immediatamente avvisato il custode dopo aver notato la lapide divelta, i mattori a terra e il loculo vuoto. Scattano le indagini dei carabinieri di Arona e Novara, che raccolgono testimonianze e analizzano i filmati delle telecamere di videosorveglianza. Niente da fare: dei profanatori non c’è traccia. La famiglia di Mike, pur sconvolta, tiene il massimo riserbo sulla vicenda.
Sin da subito si capisce che non si tratta di un raid legato a sette sataniche o altro, bensì a una banda che verosimilmente è intenzionata a chiedere un riscatto per la restituzione. Dopo qualche settimana, però, la vedova del presentatore Daniela Zuccoli rompe il silenzio con un appello agli italiani: a chi darà informazioni utili verrà data una ricompensa.
Arrivano lettere da ogni parte d’Italia, comprese quelle di veggenti e chiromanti che si offrono di collaborare alla soluzione del giallo. Cianci e Spera hanno altre intenzioni: prima chiamano don Mario Pozzi, sacerdote amico della famiglia, poi si rivolgono direttamente al figlio maggiore di Mike. Quando i carabinieri li bloccano, però, sembrano cadere dalle nuvole. Spera si avvale della facoltà di non rispondere. Cianci parla di «goliardata», sostenendo di non sapere nulla della bara. Una bara ritrovata 9 mesi dopo, l’8 dicembre 2011, a Vittuone, poco lontano da Milano. «Allegriaaaaa!!!», twitta Fiorello. Fine dell’incubo.
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