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Massimo Lomonaco per l’ANSA
E' giallo sul destino di Marwan Issa, numero 2 delle Brigate Qassam e membro di rango di Hamas. Fonti non identificate della fazione islamica, citate dal Jerusalem Post, hanno fatto sapere che è morto. Media arabi, riportati dal sito Ynet, hanno invece sostenuto che il suo destino "ancora non è noto".
E mentre si stanno per aprire i nuovi colloqui a Doha in Qatar per raggiungere una nuova tregua, cresce sempre di più la pressione interazionale su Israele per bloccare l'operazione militare a Rafah, nel sud della Striscia, dove si accalcano oltre un milione di sfollati palestinesi.
Quello che, ad ora, è sicuro sulla vicenda di Marwan Issa è che è stato "colpito" lo scorso 8 marzo in un raid israeliano, con bombe capaci di penetrare in profondità nel terreno, in un bunker a Nuseirat, nel centro della Striscia. Da allora della sua sorte non si è saputo più nulla. L'esercito israeliano si è limitato a dire che è stato appunto "colpito" ma che non ci sono prove certe della sua morte. Neppure fonti ufficiali di Hamas hanno finora confermato il decesso.
A offrire però sostanza all'ipotesi che sia stato ucciso in quel raid - hanno fatto notare fonti riferite dai media in questi giorni - gioca la mancanza di ogni messaggio da parte sua o attraverso contatti ravvicinati con altri comandanti militari o canali criptati della fazione islamica. Un indizio importante, anche se manca il rinvenimento del cadavere, semmai si troverà. L'azione militare israeliana a Rafah - anche oggi confermata dal premier Benyamin Netanyahu - inquieta intanto la comunità internazionale.
"Noi e i leader europei - ha sottolineato il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi nel vertice con la Ue al Cairo, dove era presente anche la premier Giorgia Meloni - abbiamo concordato di respingere l'ipotesi di un'operazione militare da parte di Israele a Rafah, che raddoppierebbe la misura della catastrofe umanitaria di cui soffrono i civili nella Striscia di Gaza". "Siamo molto preoccupati - ha confermato la presidente della Commissione von der Leyen - per i rischi che un'offensiva su larga scala a Rafah potrebbe avere sulla popolazione civile vulnerabile. Questo deve essere evitato a tutti i costi".
Netanyahu ha ribattuto che "nessuna pressione internazionale" impedirà a Israele di raggiungere i suoi obiettivi nella guerra ad Hamas, compresa l'operazione a Rafah che "avverrà" nelle prossime settimane. Ma ha ribadito ancora una volta che l'azione militare non partirà "prima che sia sgomberata la popolazione civile". Anche il problema degli aiuti umanitari è un argomento scottante. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz - in visita in Israele - ha denunciato che non si può "restare a guardare i palestinesi che muoiono di fame" e che per questo è necessario un cessate il fuoco di "lunga durata".
"Stiamo facendo sforzi per aumentare gli aiuti, ma il problema principale - ha ribattuto Netanyahu - è la loro distribuzione. Dal momento in cui gli aiuti sono entrati a Gaza, sono stati rubati da Hamas". Anche il fronte con l'amministrazione Biden è in fermento: dopo le dichiarazioni del senatore dem Chuck Schumer sulla necessità di nuove elezioni in Israele, Netanyahu ha replicato - dopo aver definito quelle parole "totalmente inappropriate" - che chi vuole il voto cerca "di bloccare la guerra a Gaza".
distruzione a rafah, nel sud della striscia di gaza, nel 2014
Ora le speranze di una svolta, pur con tutte le cautele del caso, sono affidate ai negoziati in Qatar: Israele a breve deciderà la sua posizione prima che la delegazione, guidata dal capo del Mossad David Barnea, voli a Doha. Al 163esimo giorno di guerra i morti a Gaza secondo i dati di Hamas, che non è possibile verificare in modo indipendente, sono arrivati a 31.645, con 73.676 persone ferite.