Giampiero Calapà per il “Fatto quotidiano”
Tor Bella Monaca, San Basilio, Romanina, Quarticciolo, Corviale, Primavalle, Ostia e Acilia, Tufello, Val Melaina, Quadraro. Sono alcune delle venti "piazze di spaccio" di Roma, quelle considerate chiuse, spesso con tanto di vedette alla Scampia di Gomorra, che da oggi lo Stato proverà a scardinare con l' invio, annunciato in pompa magna dal ministro dell' Interno Luciana Lamorgese, di 250 agenti in attesa per il 2020 di altri colleghi per arrivare a un piccolo esercito di 550 uomini e donne in divisa. Perché Roma è inondata di droga, con 572 chili di polvere bianca sequestrati nel 2018 degna capitale di un' Italia al secondo posto mondiale, rileva il Global drug survey, per consumo di cocaina, dietro solo agli Stati Uniti e davanti al Canada.
Le piazze aperte e i narco-albanesi La preoccupazione maggiore per l' Antidroga della polizia, però, sono le "piazze di spaccio" aperte, spesso coincidenti con i luoghi della movida notturna e più vicine al cuore della città: Pigneto, San Lorenzo, Centocelle, Trastevere, Ponte Milvio, la centralissima Campo de' Fiori. È tanta parte del business criminale, qui non ci sono famiglie mafiose storiche che perpetuano il controllo del territorio e l' intimidazione.
Qui ci sono cani sciolti e bande di diverse nazionalità. Il ruolo centrale lo hanno via via assunto i narco-albanesi, col dissolversi della pax mafiosa e degli equilibri garantiti dal Mondo di mezzo di Massimo Carminati (detenuto, ma non più al 41bis dopo la sentenza della Cassazione che ha cancellato Mafia Capitale). La banda dei narco-albanesi - molti di loro vivono ad Acilia, agglomerato urbano tra i confini sud occidentali della città e Ostia - è suddivisa in quattro o cinque gruppi criminali.
Devono le loro fortune, i narco-albanesi, a Arben Zogu , detto Riccardino, che fu capace di accreditare la "batteria di Ponte Milvio" nel gotha del narcotraffico internazionale, quando in carcere ad Avellino conobbe nel 2013 Rocco Bellocco, uno dei capi della 'ndrangheta di Rosarno. Zogu, ora in carcere, amico storico del narco-ultrà Diabolik Fabrizio Piscitelli (ammazzato lo scorso agosto al Parco degli Acquedotti), è stato capace di avere ottime relazioni sia con Massimo Carminati, sia con il clan di Afragola, sia con il clan Pagnozzi, sia con Michele Senese 'o Pazzo, e questo ha garantito l' ascesa dei suoi eredi, oggi imbattibili come rivenditori di droga all' ingrosso per spacciatori più o meno organizzati e cani sciolti, che si possono rivolgere ai narco-albanesi pagando la cocaina 28 mila euro al chilo. Ai narco-albanesi piace la bella vita, le fuoriserie sportive e il lusso sfrenato, tallone d' achille non da poco.
È ritornato sul ring, tra Italia e Albania, Orial Kolaj , nel curriculum svariati titoli da campione di pugilato e il "rispetto" di chi ha usato i suoi pugni per intimidire tra Acilia e Ponte Milvio, nel 2013 arrestato proprio perché al servizio del clan Iovine dei Casalesi. Un altro pezzo del puzzle, perché Roma è una grande mangiatoia: accoglie criminali e mafie da ogni angolo d' Italia e non solo.
Saltato il tappo del "Samurai" Dal 2 dicembre 2014, con gli arresti per la Mafia Capitale derubricata solo a Mondo di mezzo dalla Cassazione, molto è cambiato. Massimo Carminati rappresentava l' alfa e l' omega teso a garantire la pax mafiosa, la tranquilla spartizione di traffici e territorio. In ultima istanza la Cassazione della strada era rappresentata dal Samurai di Suburra. Dopo cinque anni il terremoto criminale sta generando una corsa al trono. E questo provoca una guerra tra le vecchie storiche famiglie di mafia e di malavita.
L' ultimo episodio soltanto qualche giorno fa a Boccea alle 19,30: in pieno traffico, con le auto incolonnate, una moto affianca la vettura di Leonardo Bennato , un tempo tra i fedelissimi di Diabolik, già latitante in Spagna e già arrestato in passato; nipote di Mario Maida, che fu ucciso nel 2012 con un colpo di pistola alla tempia a Torrevecchia, parente del narcotrafficante Walter Domizi. La pistola giovedì sera a Boccea ha sparato. Bennato, colpito all' addome, è sopravvissuto. Nel periodo, 2013, in cui si nascondeva a Barcellona la città catalana era rifugio di un altro latitante romano, Alessandro Falciani , nipote del super boss di Ostia Carmine Falciani, al 41bis da anni. Sempre giovedì sera Falciani, precedenti per omicidio, è stato arrestato mentre si stava recando a Fiumicino: avrebbe preso un volo per Cancun, Messico, e di lì una "base" americana gli avrebbe garantito protezione in Belize. L' arresto è stato rocambolesco, Falciani non ha risposto allo stop e, anzi, ha tentato di investire un agente. Ma le manette ai suoi polsi sono scattate.
Nelle stesse ore un altro grosso arresto veniva eseguito a Tor Bella Monaca: Giuseppe Moccia dell' omonimo clan camorristico di Afragola è stato fermato con addosso 124,8 grammi di cocaina già suddivisi in 197 pratiche dosi. Il giorno seguente, venerdì, l' antidroga della polizia guidata dalla dirigente Mariangela Sciancalepore è riuscita ad arrestare altri nomi che evocano clan dall' enorme caratura criminale, questa volta 'ndrangheta: Antonio Pelle , 'ndrina di San Luca, e Sebastiano Pizzata , 'ndrina di Bovalino, con loro un siciliano, Domenico Arigò. Avevano adibito la stanza di un albergo a Ostia Antica come centro di raffinazione e smercio di cocaina. Gli agenti sono entrati in azione dopo aver visto il siciliano allontanarsi con uno zaino, "i due calabresi hanno cercato invano - si legge nel comunicato della Questura - di lavare una pentola che stavano utilizzando per cuocere la cocaina ed un frullatore e, successivamente, hanno cercato di gettare dalla finestra interi bustoni contenenti cocaina e di darsi alla fuga".
Cinque i chilogrammi di polvere bianca ritrovati a Ostia Antica venerdì.
Il trono non è vacante, c' è il fratello di 'o Pazzo Ostia oggi è quindi orfana dei Fasciani come degli Spada - di qualche giorno fa la condanna a sei anni per la famosa "testata" con metodo mafioso di Roberto Spada - ma i vicerè della borgata di mare romana sono Roberto De Santis detto Nasca e Roberto Giordani detto Cappottone: già responsabili nel 2007 della gambizzazione del "padrino" Vito Triassi, colpo che garantì sul Litorale la pax mafiosa - come emerso dall' indagine Nuova Alba della squadra mobile di Roma nel 2013 - tra i Fasciani e i Senese.
Già i Senese. Gli unici di questi protagonisti della storia criminale romana ancora col vento in poppa, dominatori incontrastati dei traffici nel quadrante est, anche senza il capo storico Michele 'o Pazzo, detenuto da anni ormai. È suo fratello Angelo Senese oggi a svolgere quel ruolo di paciere, risolutore delle controversie, dispensatore di buoni consigli che un tempo 'o Pazzo ha diviso con Massimo Carminati. Compito che don Angelo assolve nel suo regno e al quartier generale di famiglia, un bar nella zona vicina alla fermata della metro Porta Furba.
Un gradino sotto i Senese ci sono i celeberrimi Casamonica. Il folklore delle case pacchianamente lussuose non ne restituisce bene il reale spessore criminale. Intere strade sono assoggettate alla forza di intimidazione della famiglia sinti e anche loro spesso si preoccupano di metter le mani nel business principale della città, il commercio di droga. Se lo scorso gennaio un' operazione della Guardia di finanza bloccò l' arrivo a Roma di sette tonnellate di cocaina organizzato proprio dai Casamonica insieme con la criminalità slava, altri traffici sono rimasti aperti in questi ultimi mesi. Sotto l' occhio vigile del primus inter pares Guerino Casamonica , detto Pelè, in passato capace di mediare con i narcos colombiani.
La droga, la maledetta cocaina soprattutto, famiglie e spacciatori, criminali e boss, piste che si intrecciano e portano sempre al narcotraffico, come l' omicidio di Diabolik appunto; secondo la strada che stanno prendendo le indagini della pm Nadia Plastina il 53enne ultrà della Lazio avrebbe avuto l' ambizione di scalare il mondo criminale, così come anni fa provò senza riuscirci a scalare la società biancoceleste ai danni di Claudio Lotito utilizzando l' ex campione, poi morto in Florida, Giorgio Chinaglia; clan e narcotrafficanti avrebbero addirittura stretto un patto per frenare queste ambizioni in modo irreversibile: l' omicidio al Parco degli Acquedotti.
CARLO PUCCI - RICCARDO BRUGIA - FABRIZIO TESTA
Ma cosa è rimasto, quindi, di quel Mondo di mezzo - dopo la sentenza della Cassazione non si può più chiamare Mafia Capitale - che garantiva la pace, faceva riposare le pistole nelle fondine (quasi sempre), calmava gli animi? Poco o niente, però Riccardo Brugia , detto er Boro, considerato il numero 2 di Carminati, l' amico a cui Carminati stesso confidava il manifesto programmatico del Mondo di mezzo è uscito dall' Alta sicurezza del carcere di Agrigento ed è già tornato nell' abitazione di Formello. Grazie a un' istanza di scarcerazione presentata dall' avvocato Giosuè Bruno Naso e andata a buon fine la scorsa settimana, dopo 5 anni già passati dentro.