Estratto dell’articolo di Giulio Pinco Caracciolo per "Il Messaggero"
Schiaffi, pugni in testa e al volto, tra insulti di ogni genere nei confronti della moglie e dei tre figli gemelli. Con l'accusa di maltrattamenti è finito a processo F.D.M., avvocato 67enne del foro di Roma. Scatti di collera incontrollabili, una rabbia cieca che tra le mura domestiche troppe volte negli anni è sfociata in vere e proprie aggressioni nei confronti della consorte e di Riccardo, Sara e Roberto (nomi di fantasia).
Questo secondo l'accusa il quadro di un ambiente familiare arrivato ormai al limite. «Non mi capacitavo del perché fosse violento con mia madre - racconta Riccardo al commissariato di "Villa Gori" - Ricordo degli episodi dove mio padre mi menava anche con la cinta dei pantaloni e lo stesso trattamento lo riservava a me e a mia madre. A volte ha picchiato anche mia sorella».
Ed è proprio Sara che si decide a sporgere denuncia: vuole mettere fine a quel tormento. È la sera del 25 novembre 2022 quando una discussione per questioni economiche degenera. L'imputato inizia ad aggredire fisicamente la moglie dopo averla ricoperta di ingiurie poi «prova a colpire con la cinghia dei pantaloni il figlio intervenuto a difesa della madre», si legge nel capo d'imputazione.
L'ennesima lite, l'ennesima volta in cui i ragazzi 23enni sono costretti ad assistere alla raffica di botte del padre sulla mamma. Sara chiama le forze dell'ordine. Ed è a quel punto che iniziano «gli schiaffi e i pugni in testa e al volto della ragazza» che terrorizzata si chiude in bagno in cerca di un riparo.
«Mia madre e mia sorella non sono in grado di contenerlo quando ci aggredisce - racconta ancora Riccardo - solo mio fratello ci riesce ma senza mai rispondere. Capiamo che è nostro padre, che ha una certa età e che reagire sarebbe indicibile».
Ma Sara, chiusa in bagno, è troppo impaurita e vuole cercare aiuto una volta per tutte. E così approfitta di un momento di distrazione del padre per afferrare le chiavi della macchina e fuggire in strada. L'uomo se ne accorge, la rincorre e prova a fermarla ma lei entra in auto e scappa via mentre - si legge nelle carte dell'accusa - «il padre continua ad insultarla dando colpi al veicolo».
In seguito a quella sera il legale di 67 anni viene allontanato da casa e per lui scatta il divieto di avvicinamento alla famiglia. «Sono un avvocato, un professionista incensurato. Sono una persona per bene - dichiara spontaneamente in aula davanti al collegio - Guardate queste mani grosse... vi sembra che se avessi aggredito qualcuno non avrei lasciato dei segni visibili?».
E ancora: «La signorina Sara è scappata perché le avevo detto che non poteva usare la macchina quella sera. Ma lo ha fatto anche altre volte di scappare, ha un vizio. Tutti si sono dichiarati parti offese, se avessimo avuto un cane si sarebbe dichiarato anche lui parte offesa. Io non ho mai fatto niente a nessuno».
Dichiarazioni che innervosiscono visibilmente i giudici e che suonano come troppo discordanti rispetto alla versione dei figli. Una testimonianza che rivela anche una possibile motivazione, una sorta di miccia che accenderebbe la rabbia incontrollabile dell'uomo. «Tutto è cominciato quando mio padre ha avuto problemi finanziari. Ha iniziato a dare di matto e a maltrattarci […] Penso che sia instabile mentalmente, gli abbiamo consigliato molte volte di farsi vedere da un medico specialista, ma ha sempre rifiutato. […]».