Anna Lombardi per la Repubblica
Il diavolo compie settant' anni anni. Ma non li dimostra, naturalmente: grazie all' iconico caschetto che da quando aveva 14 anni le permette di attraversare a testa alta mode e stagioni. Agli inseparabili occhiali da sole, indossati anche in ufficio. Sì, anagraficamente, perfino Anna Wintour, la regina della moda che da decenni impone ciò che fa tendenza, illudendoci di essere noi a scegliere, è invecchiata.
Con buona pace di Miranda Priestly, l' immortale personaggio interpretato da Meryl Streep e a lei ispirato, protagonista di quel Il Diavolo veste Prada che nel 2006 la rese simpatica al mondo. Certo più di quanto - almeno a sentire l' ex assistente Lauren Weisberger, autrice del romanzo da cui fu tratto il film - lo è mai stata nella realtà.
Durissima Anna. La direttrice "a vita" di Vogue , come annunciato a sorpresa l' anno scorso dal Ceo di Condé Nast, Bob Sauerberg per zittire le voci che la volevano pronta alla pensione, sempre così distaccata: e talmente esigente da essere soprannominata Nuclear Wintour, perché è meglio non farla arrabbiare. O, perlomeno, durissimo il suo mestiere di giornalista, diventata nel tempo la direttrice più potente del mondo.
Capace di restare al suo posto, nonostante le turbolenze del suo settore editoriale, sempre più in crisi. «Non lavoro per Anna Wintour, lavoro per Condé Nast» ha confidato al Guardian a febbraio, in una delle rare interviste: «Non ho nessun tipo di account sui social media né cerco riconoscimenti personali».
LA REGINA ELISABETTA E ANNA WINTOUR
Londinese di Hampstead, cresciuta nella Swinging London tutta colori e capelli gonfi, è una ribelle dello stile fin dai tempi della scuola. Quando ingaggiò un braccio di ferro con le insegnanti accorciando sempre più le sue gonne, in barba ai rigidi canoni del suo collegio femminile.
«Fu mio padre a spingermi nel campo nella moda», ricorda nel documentario di R. J. Cutler The September Issue - il film del 2007 di cui fu protagonista - dedicato all' iconico numero annuale di Vogue , strapieno di pagine e pubblicità.
Aveva 15 anni quando papà Charles, direttore del The Evening Standard , cercando di domarla e spingerla verso un lavoro adeguato, le trovò un posto nella celebre boutique Biba. Fu invece Richard Neville, un fidanzato più grande di lei, a procurarle - era il 1967 - il primo lavoro in un giornale: quell' Oz , bibbia della controcultura, scandaloso per i nudi e che proprio Neville editava.
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L' esperienza le aprì le porte di Harper' s Bazaar : e presto dell' America. E pazienza se, approdata a New York quasi mezzo secolo fa, in quella rivista durò poco: cacciata dopo nove mesi per le scelte fotografiche giudicate troppo eccentriche. Finisce a lavorare da Viva , rivista erotica per "donne adulte", appena creata dall' editore di Penthouse Bob Guccione, esperienza di cui non ha mai parlato volentieri. E quando questa finisce, lavora in varie riviste di moda.
A Vogue approda nel 1983 e nel 1988 ne prende le redini, definendone il carattere con le sue scelte innovative soprattutto nel campo della fotografia e con l' abilità di assicurarsi investimenti pubblicitari: puntando sulle star messe in copertina molto prima degli altri. E rilanciando il brand del suo giornale grazie a quel Met Gala, serata dedicata alla moda che la sua predecessora Diana Vreeland aveva già trasformato nella serata più mondana d' America, il party a cui nessuno vuole mancare.
Una carriera lunga, pochi rimpianti: come quello di non aver capito la rivoluzione digitale, una delle poche tendenze che non ha saputo anticipare. Sì, il diavolo compie 70 anni. Ma influenza ancora il gusto. E chissà per quanto ancora.
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