Barbara Gubellini per leggo.it
Forse le donne avevano già perso in partenza queste elezioni amministrative. Erano solo 30 le candidate sindache, su 162, nelle 19 città capoluogo. Zero sostenute dal progressista Pd, 2 candidate da Fdi-Lega. Eccezione sono state le 7 in corsa per M5s, tre delle quali nelle competizioni più importanti di questa tornata: Valentina Sganga a Torino, Virginia Raggi a Roma e Layla Pavone a Milano. Le altre si sono presentate a Cosenza, Rimini, Trieste e Salerno.
Ora, però, di fronte ai risultati, alle vittorie annunciate e ai nomi dei protagonisti dei prossimi ballottaggi la realtà sembra più amara di ogni previsione. Nei sei capoluoghi di regione e nei 13 di provincia svettano solo nomi maschili. Anche i testa a testa si disputeranno tra uomini. E poco consola sentire che molti già sono intenti a nominare la propria vice sindaca, ribadendo l'inevitabilità di un ruolo ancillare per il genere femminile.
In Italia i numeri delle donne sono feroci: sull'occupazione, sulla violenza, sulla parità, sulla leadership. Il nostro è il Paese che non ha mai avuto un presidente del Consiglio o della Repubblica donna. E presto, uscite di scena Raggi e Appendino, nessuna grande città avrà più una prima cittadina. A meno che a Carbonia, dove si voterà il 10 e l'11, Daniela Garau, candidata del centrodestra, non ci faccia una sorpresa.