Elena Tebano per il “Corriere della Sera”
«Abbiamo iniziato la chat dopo la fine della scuola, durante le vacanze estive, un po' per noia, un po' per divertirci, ma pensavamo rimanessero solo fra noi, per scherzare e ridere, non avremmo mai fatto scatti da distribuire in giro».
«Noi» sono 63 ragazze tra i 16 e i 17 anni della provincia di Modena e Reggio Emilia, studentesse nella stessa scuola, e a parlare è una delle 17enni: per mesi, tra maggio e settembre, si sono scambiate messaggi e foto sempre più intime, alcune a sfondo sessuale. Che poi sono state in parte «rubate» e spedite senza il loro consenso su WhatsApp, Instagram, Snapchat a compagni di scuola. Il fenomeno del «sexting», scambio di messaggi e foto erotiche, è diffuso tra gli adolescenti, ma in questo caso colpisce il numero di ragazzine, tutte femmine, coinvolte.
La vicenda è emersa quando il fidanzatino di una di loro si è rivolto all' associazione antipedofilia «La Caramella Buona», che ne ha dato notizia su Il Resto del Carlino . Adesso, attraverso l' associazione, una delle giovani racconta al Corriere cosa è successo. «Io non conosco tutte le ragazze del gruppo WhatsApp, solo 4 o 5, delle altre ho visto le fotografie e i video - spiega -. Le mie clip non sono esagerate, ma qualcuna è andata oltre».
In una dinamica tipica dei gruppi chiusi, dalle prime «normali» foto in costume le adolescenti sono passate a immagini sempre più esplicite, fino a mostrare atti sessuali. In tutto un giga di dati. A un certo punto gli scatti sarebbero stati intercettati da un coetaneo che li ha diffusi tra i ragazzi della zona - come e perché lo chiarirà la magistratura che ha aperto un' indagine. «Nei giorni scorsi a scuola ci siamo accorte che qualcosa di strano era successo - dice ora la 17enne -. Ci è voluto poco a capire cosa. Io mi sono spaventata. Ho pensato ai miei genitori, al fatto che potevano reagire malissimo e sono entrata nel panico, come le altre».
Una reazione comprensibile ma che ha reso più difficile fermare la diffusione delle foto: «Devo ancora dirlo ai miei - ammette la ragazza -, non so che fare. Nel gruppo qualcuna, come me, deve decidere; altre se ne fregano, non vogliono dirlo a nessuno: sostengono che tanto viene tutto cancellato. Io non ci credo».
«I giovani sono molto bravi a utilizzare i dispositivi che hanno a disposizione, ma hanno difficoltà a proiettare nel futuro e oltre lo spazio della loro camera, del telefono o del pc le conseguenze di ciò che fanno - conferma Nunzia Ciardi, direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni -. Invece devono sapere, al di là del caso specifico, che le foto di una minorenne nuda sono materiale pedopornografico: è un reato sia scaricarle che diffonderle».
E una volta finite online, anche se su un gruppo chiuso che illude di controllarle, possono essere diffuse all' infinito: «Gli adolescenti pensano che il materiale condiviso con WhatsApp rimanga congelato - spiega il presidente di «La Caramella Buona» Roberto Mirabile - oppure che basti un semplice click per eliminarlo. Purtroppo non è così».
2. CI SCATTAVAMO FOTO HOT PER NOIA
Alessandra Codeluppi per “il Giorno”
IL SEGRETO sexy di gruppo ora comincia a non esserlo più per i genitori, le persone più vicine a loro, una sessantina di minorenni delle scuole superiori di Modena, di cui qualcuna di Reggio Emilia, che hanno condiviso in estate centinaia di selfie in cui sono nude e video con i loro momenti di autoerotismo, in una chat su WhatsApp.
Ma quei contenuti che nelle intenzioni iniziali erano per molti, ma non per tutti, negli ultimi giorni sono diventati potenzialmente dominio del mondo: centinaia di foto e riprese poi interamente riversate sul web, in cartelle con i nomi e cognomi delle ragazze, da un amico, forse un fidanzatino, che ha tradito la loro fiducia. Ora una ragazza di 17 anni ha vinto quella che era per lei forse la paura più grande: confidare tutto ai genitori e mostrare quelle immagini.
«MAMMA e papà - racconta - hanno reagito meglio di quanto immaginassi». Sui toni punitivi sarebbe prevalsa la comprensione: anche perché ora la priorità è tutelare le giovani, le cui immagini possono finire nelle mani di pedofili, maniaci e chiunque voglia usarle nei meandri del deep web.
Quel gioco collettivo, diventato ora un pericolo, lo giustifica così: «Lo abbiamo fatto un po' per noia, un po' per scherzo. Ci mostravamo a vicenda i seni per far vedere quanto erano abbondanti, e le parti intime, per paragonarci tra noi. Ci piaceva esibirci in questo modo. Ma non avremmo mai immaginato che quel materiale sarebbe uscito dalla chat».
Un amico della giovane, dopo aver scoperto che il materiale, divulgato a qualche amico che lo ha riversato sul web, ha avvisato l' associazione anti pedofilia 'La Caramella buona' di Reggio Emilia, il cui presidente Roberto Mirabile ha segnalato in questi giorni la vicenda alla polizia postale. Ma c' è un ostacolo: senza la denuncia dei genitori delle minorenni non sarebbe possibile bloccare il link. Le ragazze, da quando hanno saputo della fuga del materiale dalla chat, prima su altri contatti di WhatsApp e poi su Internet, provano paura, imbarazzo e vergogna, anche e soprattutto per doverlo dire a mamma e papà.
«MOLTE mie amiche non vogliono parlarne», dice la 17enne che, insieme a una coetanea, è al momento l' unica ad aver fatto un passo in avanti. Da quanto emerge, le due famiglie potrebbero formalizzare in queste ore una denuncia alla polizia postale da cui potrebbero scaturire il blocco del link e le indagini per risalire sia a chi ha divulgato il materiale, sia a chi, eventualmente potrebbe già averlo scaricato.
Emerge inoltre un altro aspetto: alcune di queste foto, le più caste, sarebbero state scattate anche in classe, da qualche ragazzo che ha ripreso le coetanee a loro insaputa mentre erano in pose che mettevano in risalto le loro curve, ad esempio chinate, cosa che testimonia l' uso troppo disinvolto, persino a scuola, dei telefonini.