Simona Bertuzzi per “Libero quotidiano”
Quando nel reparto neonatale dell' ospedale San Paolo di Milano mi diedero della "primipara attempata", confesso che avrei volentieri preso a calci l' infermiera e stracciato le sue maledette tabelle. Tuttavia, con i miei 36 anni di età e il mio pancione prominente, ero veramente una matusalemme davanti alle giovani - moltissime straniere - che battezzavano il 3° o 4° figlio a 30 anni. Lo dico perché leggere che in Italia si diventa madri a 31 anni mi ha quasi confortato, e non ho subito compreso che stranezza ci fosse.
La stranezza invece esiste, eccome. Basta guardare i dati degli altri Paesi europei. Secondo una ricerca Eurostat, l' età media delle donne al momento del parto del primo figlio in Europa sta gradualmente aumentando e si attesta a 29,4 anni nel 2019. In Italia la crescita è stata dello 0,5 % rispetto al 2018, significa che le donne partoriscono a 31,3 anni, dato più alto in assoluto (vicini a noi solo Spagna e Lussemburgo). In Estonia invece si arriva a 28,2 anni (erano 27,2 nel 2015), Bulgaria e Romania addirittura gongolano con i loro 26 anni di media. Chiaramente 31 anni è un grosso calderone che tutto comprende, le mamme mature del nord italia e quelle giovanissime del sud.
IL WELFARE Ma il problema non è stabilire se una donna possa essere una brava mamma a 40 piuttosto che a 29 anni. Il problema è capire perché una donna italiana aspetta di diventare attempata per mettere al mondo un figlio. E qui tocca disturbare un insieme di concause. Il welfare anzitutto. In Italia non esiste una rete di sostegno alle donne con figli e lavoratrici. Si calcola che siano dieci milioni le donne con un figlio minorenne, ma il 43,2% tra i 25 e i 49 anni non risulta occupata perché è impossibile conciliare vita e lavoro. Non solo.
Buona parte di quelle che lavorano e hanno un figlio (il 40,9%) sono costrette a scegliere un regime di part-time pur di continuare ad avere un' occupazione lavorativa, possibilità che non viene neanche presa in considerazione da alcune società, mentre in altri casi è la donna che non può richiederlo perché non ha un compagno che possa sopperire col suo stipendio. Le aziende - salvo pochissime - non aiutano abbastanza le dipendenti, lo Stato non offre sussidi adeguati, le baby sitter costano un occhio della testa (anzi, lo stipendio). E i pochi nonni rimasti disponibili sono stati imbavagliati e paralizzati da questa maledetta pandemia. Sulla carta sono tutti disposti a dare una mano alle giovani mamme e si moltiplicano i piani per il sostegno alla maternità. Nella realtà una donna è più che mai sola.
Tutto è lasciato al caso, al beau geste del singolo datore di lavoro e alla fortuna. O disponi di finanze adeguate, o sei costretta a fare giri stralunati. Per non dire della mentalità dominante in troppi posti di lavoro: sei mamma quindi non puoi fare carriera, o puoi tentare ma non sarai mai abbastanza dedita al lavoro.
Naturalmente questo si aggiunge alla precarietà di molti impieghi. Se fino a qualche anno fa una coppia di 40 anni poteva cominciare a tirare i remi in barca e a cogliere i frutti di tanti anni di sacrifici, adesso si barcamena con il mutuo, un lavoro incerto, spesso precario, una sfilza lunga così di spese da sostenere. Quindi le coppie aspettano l' ultima chiamata utile per mettere al mondo un figlio.
OROLOGIO BIOLOGICO A ciò si aggiunga che viviamo in una società in cui le donne, come gli uomini, sono propensi a godersela fino in fondo. L' orologio biologico batte, ma per loro batte più forte quello dell' aperitivo e dell' ultima conquista da fare.
Che poi l' uomo o la donna prescelti non sono mai all' altezza della situazione, non esiste il principe azzurro figurarsi il marito e il padre perfetto.
Gravissimo poi un fatto personalmente riscontrato in moltissime signore e uomini, la convinzione di vivere una specie di immortalità e aver tempo fino a chissà quando prima di mettere al mondo un bambino.
Ho sentito donne di 40 anni dire che ci stanno «seriamente pensando ma dai è presto» e altre di 45 prendersi un altro anno sabbatico scevro di impegni e responsabilità e poi si vedrà. Forse sarebbe il caso di cominciare a porre l' attenzione su un fatto ineluttabile. E cioè che mentre la comunità scientifica cerca disperatamente il siero dell' immortalità e l' età anagrafica si allunga di qualche anno, quella della fertilità non ha ancora trovato rimedi miracolosi e alternative serie, a parte quella di una fecondazione assistita che però non tutte le coppie sono intenzionate e nelle condizioni di fare.
Chi cerca un figlio dopo i 35 anni dovrebbe sapere (lo dicono i medici) che con l' età aumentano i rischi di infertilità, di aborto spontaneo e di anomalie cromosomiche del feto.
E che un' eventuale gravidanza dopo i 35 sarà per definizione a rischio. Diminuisce la fertilità della donna ma anche quella dell' uomo. E le possibilità di rimanere incinta a 40 anni rispetto a una donna di venti si dimezzano. Quanto alle anomalie cromosomiche sapete, andrebbe fatta molta più informazione. Il rischio di avere un bambino con sindrome di Down, per esempio, passa da uno su 1500 a 20 anni a uno su 100 a 40.
Eppure siamo bombardati di storie e racconti di donne che si accomodano alla maternità quando più garba loro e pensano che il partorire a 50 o 54 anni come ha fatto qualche vip possa addirittura diventare la normalità.
LO SLOGAN Senza considerare le ripercussioni sui bimbi. Partorire a 45 anni vuol dire essere nell' età della pensione quando i figli saranno adolescenti.
Uno strazio. «La bellezza non ha età, la fertilità sì», diceva lo slogan voluto nel 2016 dall' allora ministro della salute Beatrice Lorenzin per la campagna sulla fertilità e andò a finire che tutti le diedero addosso. L' accusarono addirittura di visione retrograda e di fare una campagna da Ventennio.
Ma aveva ragione lei Solo che la verità fa male e in questo Paese piace far finta di niente. Un ultimo dato: nel 2019 in Italia sono nati 420.084 bambini, quasi 20mila in meno rispetto al 2018 (-4,5%) per il settimo anno consecutivo. Cominciamo a chiederci perché.
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