1. A PROPOSITO DI DIAVOLI. L’ARMA PIÙ FORMIDABILE NELLE MANI DEL MIO NEMICO È IL SUO CREDO, NON IL SUO KALASH. CARO SOFRI, CARO SERRA
Giuliano Ferrara per “il Foglio”
Ho ricevuto ieri due lezioni politico-morali, una amichevole l’altra meno, firmate da Sofri nel Foglio e da Serra su Repubblica. Mi era sembrato interessante, dolorosamente significativo, che gli Eagles of Death Metal e il pubblico del Bataclan, quando cominciarono gli spari stragisti in nome di Dio, stessero celebrando in musica e parole il bacio in bocca con il Diavolo.
Non avevo stabilito dei nessi intrinseci e diretti, non ho alcunché da dire contro il rock duro, salvo gusti musicali diversi, che prediligono semmai l’operetta Bataclan di Offenbach e il Donizetti che mi fu precluso per la chiusura dell’Opéra Bastille. Mi era sembrato che lo strano e macabro incontro tra un antico Dio del deserto islamico e il Diavolo del deserto contemporaneo potesse richiamare la mente, in uno spostamento di significato altrimenti detto metafora, agli eccessi di retorica occidentalista:
temono la nostra libertà, non gli faremo la cortesia di odiarli, non esiste più il nemico storico, sostituito dalla generica amicizia multietnica e multiculturale, non è una guerra, continuiamo a goderci la nostra belle époque eccetera.
Io non ho lo stile di un Pasolini (“studenti vi odio”), di una Fallaci (“fuck you!”), di un Houellebecq (“abitiamo l’assenza”). Non ho proprio uno stile, non me lo merito e non lo rivendico, fatta salva l’impersonale ironia di una dissimulazione alla Flaubert.
il momento in cui il batterista si nasconde dietro la batteria
So che l’arma più formidabile nelle mani del mio nemico, che so amare e comprendere come nemico secondo il precetto del vangelo integrato dalla filosofia politica del Cinquecento, è il suo credo, non il suo kalash; e che il punto di fragilità dei miei amici occidentali è il fantasma miscredente della libertà, l’attaccamento alla vita dell’al di qua intesa come vitalità che esclude i non nati, le famiglie disperse e sconfitte, la manliness, la virtù, la devozione e la pietà.
Basta, volevo dire solo questo, non volevo ovviamente vietare ex post un concerto, immagino meraviglioso ed eccitante, che altri hanno vietato con la forza imperativa dell’al di là.
2. L’AMACA
Sandro Veronesi e Michele Serra
Michele Serra per “la Repubblica”
Io per la Marsigliese morirei. Per Cristo Re, no. Ma provate a spiegarlo a Giuliano Ferrara, che vede mollezza e resa in tutto ciò che non è teocratico. Gli è venuta questa passione senile, questo torquemadismo così letterario, così chic. E sarebbero solo fatti suoi se non fossero anche nostri, perché il martirio, oggi, non è quello dei devoti ma quello degli sporcaccioni di Charlie Hebdo e dei giovani libertini del Bataclan.
CLAUDIO CERASA E GIULIANO FERRARA
In attesa, dunque, che con le armi in pugno il riservista Ferrara difenda la Casa della Fanciulla e io (mai stato pacifista, e ho una prestanza militare, lo dico con sussiego, decisamente superiore a quella di Ferrara) difenda il bistrot poco distante, è urgente ed è morale chiarire che dei due obiettivi non è la Casa della Fanciulla, ad attizzare il jihadista; che anzi, prenderà appunti da Ferrara su come si insegna la virtù alle giovani; ad attizzare il jihadista è il bistrot dove si mesce l’alcol e le ragazze si fanno corteggiare.
Nel frattempo Giovanardi ci è cascato: ha preso sul serio la lettura satanista che Ferrara ha dato del concerto al Bataclan. Gli è venuto, dice, “un brivido lungo la schiena”. Siccome, in guerra, è importante rimanere uniti, spieghiamo anche a lui che gli Eagles of Death Rock sono un gruppo di mattacchioni surrealisti. Il loro nome vuol dire qualcosa come “i Pooh del punk”. Segnalo, in proposito, quanto scritto da Carmine Saviano su Repubblica.it, e il reportage da Parigi di Justin Smith, del magazine Slate. Lo trovate anche, tradotto, su ilPost. Bisogna rimetterci a studiare un po’ tutti. Soprattutto Giovanardi.