di Simona Ravizza per il Corriere della Sera
Commozione sulle note de Il Chiaro di luna di Beethoven e Tu che di gel sei cinta dalla Turandot di Puccini. I funerali laici dello scienziato Umberto Veronesi iniziano venerdì mattina alle 11 con i brani musicali eseguiti al pianoforte dal figlio Alberto, direttore d’orchestra, in un’affollatissima Sala Alessi di Palazzo Marino.
Poi prende la parola il sindaco Beppe Sala, che alla fine dell’intervento scoppia in lacrime: «Veronesi ci ha insegnato che è l’uomo che conta, non solo il malato. Abbiamo imparato a modificare i nostri stili di vita e avuto parole di pace che non saranno dimenticate. Resterà sempre il simbolo della dignità umana».
Gli ha dedicato una lettera il figlio Paolo, anche lui oncologo. «Voglio ricordare te come padre. Domenica a pranzo con i pasticcini. I primi anni Settanta quando mi portavi sul sellino dietro senza casco e io mi stringevo a te. Nel 1981 quando ci ha lasciato la nonna: “Noi siamo di passaggio”, hai ricordato. Nel 1990 quando andavamo in macchina in fondo a via Ripamonti dove c’erano prati e tu mi dicevi: “Lì sorgerà un grande istituto oncologico”. In poche ore abbiamo ricevuto migliaia di testimonianza d’affetto, soprattutto di gente comune. Mi dispiace non potertelo raccontare. Non tutti ti hanno amato. In tanti hanno provato a ferirti, ma tu non te ne sei mai occupato, pronto a giustificare le debolezze umane. Mi ricordo le tue ultime parole, pochi giorni fa, mentre guardavi la mamma: “Come sei bella Susy”, le hai detto dandole una carezza. È grazie alla mamma che la famiglia è così unita e noi non la lasceremo mai sola. Non ti posso dire buon viaggio perché non ci credevi, ma ti posso dire che resterai sempre con noi».
A seguire, l’intervento di Emma Bonino: «Tu ci sei stato vicino nelle battaglie laiche più difficili». Mentre nel suo saluto Pier Giuseppe Pelicci, direttore del dipartimento di Oncologia sperimentale dello Ieo, ricorda lo scienziato inarrestabile, ma soprattutto il suo messaggio per i giovani ricercatori: «Umberto ha lanciato una nuova storia dopo l’altra fino alla fine della sua vita per promuovere il progresso della società e della condizione dell’uomo, a partire dalla sua salute ma non solo. Ma non è con il racconto dei suoi successi che lui avrebbe voluto essere ricordato — dice Pelicci —. Così voglio salutarlo a modo suo: “Giovani fatevi guidare dalla vostra intelligenza e dalla vostra curiosità, siate allegri e irrispettosi”. Ciao Umberto».
E anche la nipote Elena si rivolge ai giovani con le parole del nonno: «L’importante non è sapere, ma cercare». La regista Andrée Ruth Shammah, che con il suo intervento conclude la cerimonia laica, dedica una poesia alla famiglia e agli allievi del Prof, come se fosse lui a parlare: «Asciugate le vostre lacrime, il vostro sorriso è la mia pace». Poi il feretro esce tra gli applausi.