Aveva dato del «filippino di m ...» al suo antagonista, invitandolo a «mangiare banane», ma si trattava di una lite di condominio e sia i termini utilizzati che il contesto non permettono di ricondurre la vicenda a un caso di razzismo.
Questo il senso della sentenza con cui un giudice del tribunale di Torino oggi ha prosciolto, su richiesta della stessa rappresentante della pubblica accusa, un uomo residente nel capoluogo piemontese.
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La querela (per minacce) era stata ritirata prima del processo e l’aggravante specifica dell’odio razziale o etnico non era applicabile. L’episodio è del 26 maggio 2018. I due condomini litigarono con toni molto accesi e a separarli intervennero i parenti.
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Il destinatario delle invettive, anche lui torinese, ha un familiare di origine straniera. La madre dell’imputato, nel corso della testimonianza, ha escluso che si sia trattato di razzismo: «Siamo imparentati con persone di altre nazionalità».
«Era una faccenda di condominio - ha osservato l’avvocato difensore, Emanuele Crozza - dove non sapremo mai chi aveva ragione o torto. Di sicuro tutti sbagliarono ad alzare i toni. Ma farne una questione di odio razziale non è possibile».
Nonostante il ritiro della querela il processo è stato celebrato lo stesso perché l’aggravante obbliga a procedere d’ufficio.