Andrea Pasqualetto per il Corriere della Sera
Aveva uno scatto da gazzella, un destro che spaventava i portieri e, nella testa, qualcosa di incomprensibile. Qualcosa che lo portava a sparire per giorni prima delle partite, a dormire in stazione con la maglia del Parma, ad avere interminabili silenzi durante i ritiri.
Qualcosa che martedì pomeriggio è esploso nel modo più terribile.
Solomon Nyantakyi, ventunenne ghanese di Accra da molti anni in Italia, un talento del calcio brillato nelle giovanili del Parma dove è anche arrivato in serie A per poi spegnersi fra i dilettanti, ha preso un coltellaccio da cucina e ha massacrato la madre Patience, 43 anni, e la sorellina Magdalene, undici.
«Un delitto agghiacciante e orribile anche per noi», ha detto il procuratore di Parma Antonio Salvatore Rustico raccontando di due corpi colpiti ripetutamente con ferocia (anche con un altro coltello), di una casa a soqquadro ridotta a mattatoio. Lì, nell' appartamento al sesto piano del quartiere multietnico San Leonardo, viveva la famiglia ghanese Nyantakyi, gente tranquilla trapiantata in Italia tredici anni fa. Erano in cinque: papà Fred, che ieri è rientrato da Londra, mamma Patience Nfum, Solomon, Magdalene e il fratello maggiore Raymond, venticinque anni, che ha dato l' allarme dopo aver scoperto il massacro, verso le 21.15 di martedì sera.
Sangue ovunque, all' ingresso, nel soggiorno, nella camera da letto. Ed è stato Raymond a indirizzare gli inquirenti e offrire un possibile movente del duplice delitto: «Mio fratello era qui stamattina quando sono uscito per andare al lavoro. Adesso non lo vedo. Non so dove sia, non so perché non risponda più al telefono».
Quando gli hanno chiesto del rapporto con la madre, ha sussurrato qualche parola: «Quando lei gli diceva che non faceva niente, lui si arrabbiava». Gli uomini della Mobile diretti da Cosimo Romano hanno trovato un paio di portafogli vuoti. Mentre Solomon tentava una improbabile fuga.
Dopo aver preso un treno per Milano, registrato dalle telecamere della stazione di Parma, ha trascorso la notte fra i binari della metropoli lombarda.
Fino alle nove del mattino, quando una pattuglia mista di agenti della Polfer e uomini dell' Esercito ha notato un giovane «che cercava di nascondersi con il braccio», racconta il vice capo Francesco Costanzo. Fermato e identificato, Solomon non ha opposto alcuna resistenza. Anzi, ha confessato: «Sono stato io».
Il movente è un groviglio nero come i suoi capelli. Il rapporto con la madre, ma forse anche i soldi che mancavano, l' alcol e la droga. «In passato ne ha fatto uso», precisa il Procuratore. Forse la depressione. «Ne ha sofferto, ma era pacifico. In un anno l' ho sentito parlare due volte», racconta Cristiano Lucarelli, ex attaccante del Livorno e della nazionale che lo allenò nelle giovanili del Parma per poi chiamarlo in Lega Pro al Cuoiopelli di Santa Croce sull' Arno:
«Dopo quindici giorni è scappato dicendo che gli mancava la famiglia. Però mai, mai, mai l' ho visto avere reazioni scomposte o litigare con qualcuno». Anche l' altro Lucarelli, Alessandro, capitano del Parma negli anni in cui Solomon era stato aggregato alla prima squadra in serie A, ha conosciuto le stranezze del giovane ghanese: «Non legava con nessuno: qualcosa di singolare per un giovane africano».
Francesco Baldini, ex difensore del Napoli e suo allenatore lo scorso anno all' Imolese, dice di averlo fatto seguire da uno psicologo: «Perché aveva un comportamento anomalo: ogni tanto spariva per giorni - ricorda -. Ho cercato anche di indagare su dove andasse: l' hanno trovato a dormire in stazione a Parma, con la maglia della squadra. Non era aggressivo, era chiuso.
PARMA DONNA E FIGLIA UCCISE - 1
Per esempio, quando i compagni di squadra lo volevano accompagnare in macchina al campo dell' Imolese lui rifiutava e si faceva quattro chilometri a piedi. Inoltre saltava gli allenamenti: alla quinta volta, lo scorso ottobre, la società ha deciso di allontanarlo. È stato mandato al Salsomaggiore ma credo che anche da lì se ne sia andato».
Chissà cosa è scattato martedì sera nel groviglio nero di Solomon. Forse un po' di tutto, con una grande violenza, contro sua madre e la sua sorellina. «Patience e Magdalene erano sempre insieme, sempre sorridenti», sospira il fruttivendolo. Lo dicono anche l' amico Kofi e Stefano il dirimpettaio. «Lui no, Solomon non rideva mai», conclude Baldini con grande rimpianto.