Irene De Arcangelis per “la Repubblica”
Aveva imposto ai suoi il look delle barbe lunghe. Tratto distintivo di un clan all’interno di una alleanza dai tanti cognomi criminali. E un soprannome: Barbudos. Ma quando i tempi si erano fatti difficili, il suo punto di riferimento era stato arrestato e lui stesso era stato cacciato dal suo quartiere dalle cosche più potenti.
Allora aveva scelto la guerra delle “stese”, cortei notturni di dieci, venti motorini con ragazzi che sparano all’impazzata contro saracinesche e auto in sosta. Tutto per imporre il proprio potere criminale. Lo ha fatto per due volte — il 25 maggio e lunedì scorso — con incursioni nel quartiere da cui era stato cacciato. Avvertito di smetterla, non si era fermato.
Ieri è stato ammazzato in un circolo ricreativo abusivo. Si è portato via anche la vita di un ragazzo di 19 anni, sua recente conoscenza e piccoli precedenti penali ma che non aveva nulla a che fare con le guerre di camorra.
Duplice omicidio ieri pomeriggio a Ponticelli, periferia est di Napoli. Quando i carabinieri risalgono al nome di una delle vittime modificano la rotta delle indagini e guardano al centro di Napoli, rione Sanità. Il bersaglio dei sicari è infatti Raffaele Cepparulo, 25 anni appena e già piccolo boss.
Punito per aver infastidito i potenti Vastarella con quelle continue sparatorie notturne nella zona delle Fontanelle. Storia che comincia alla fine del 2015, con l’omicidio del boss Pietro Esposito. Quella morte segna la “cacciata” dei suoi alleati, come gli Spina e i Genidoni, gruppi cui è legato Cepparulo. Fedele al punto da tatuarsi sul petto il nome del suo mentore, Antonio Genidoni, e quello del figlio del boss ucciso.
Con la morte del boss i Barbudos vengono cacciati dalla Sanità. Si vendicano. Sparano all’impazzata in un circolo ricreativo delle Fontanelle, ammazzano due membri della famiglia Vastarella, ne feriscono tre. Quindi tornano nel loro esilio, un quartiere vicino alla Sanità. Arriva la risposta: il clan rivale entra in azione in una officina a Marano, ammazza padre e figlio.
Si scopre in seguito che i due, incensurati, erano però genitore e fratello del killer dei barbudos che aveva agito al circolo delle Fontanelle. Il mandante viene intanto arrestato. È quell’Antonio Genidoni il cui nome è tatuato sul petto di Cepparulo che, a questo punto, è rimasto solo. È però anche fortunato.
Arrestato per detenzione di armi, scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare, organizza la sua personale vendetta contro il clan Vastarella. Manda i suoi a fare le “stese” lungo la strada dove abitano i boss rivali. Che però non subiscono. Lo vanno a cercare nel quartiere dove si nasconde, i motorini stavolta sono venticinque. Ma Cepparulo è già andato via, stavolta è a Ponticelli.
La camorra lo rintraccia, vede che frequenta il circolo abusivo dove è sempre presente anche il ragazzo di 19 anni. Ieri pomeriggio alle cinque e mezzo i killer entrano in azione, ammazzano il capo dei Barbudos con un colpo di pistola alla testa. Nella sparatoria un proiettile raggiunge Ciro Colonna al petto e lo uccide.