INCASTRATO PER UN SELFIE - UNA FOTO DAVANTI AL DUOMO DI MILANO HA FREGATO MASOUD, EGIZIANO DI 31 ANNI ACCUSATO DI STUPRO: IL 7 LUGLIO ERA STATO FOTOSEGNALATO E L’IMMAGINE, GRAZIE AL SOFTWARE DI RICONOSCIMENTO FACCIALE, HA PORTATO ALLA SUA IDENTIFICAZIONE, PRIMA DELLA CONFERMA DEL DNA - L'UOMO ERA SBARCATO A LAMPEDUSA A MAGGIO, AVREBBE VIOLENTATO UNA DONNA MENTRE ANDAVA AL LAVORO: "MI SCHIACCIAVA IL VOLTO, MI SENTIVO SOFFOCARE. HO GRIDATO, L’HO PREGATO DI SMETTERE PER LE MIE DUE BAMBINE. QUANDO DOPO LA VIOLENZA È FUGGITO..."

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Cesare Giuzzi per www.corriere.it

 

IL SELFIE DI MASOUD EGIZIANO ACCUSATO DI STUPRO IL SELFIE DI MASOUD EGIZIANO ACCUSATO DI STUPRO

Due mesi di buco. Un fantasma che si muove per l’Italia, dall’isola di Lampedusa fino a Milano. Un percorso durante il quale Haitham Mahmoud Abdelshafi Ahmed Masoud non risulta mai essere stato controllato dalle forze dell’ordine. O almeno, se qualche poliziotto o carabiniere lo ha fatto, non è stata lasciata traccia.

 

L’egiziano 31enne arrestato per lo stupro di una 25enne lavoratrice dell’ospedale San Raffaele di Milano è sbarcato a Lampedusa tra il 10 e l’11 maggio. Sono i giorni in cui sull’isola arrivano più di 1.400 migranti in poche ore.

 

milano il luogo dello stupro vicino al san raffaele 6 milano il luogo dello stupro vicino al san raffaele 6

Su uno di quei barconi c’è anche Masoud che dopo essere stato trasferito nell’hotspot di Lampedusa viene fotosegnalato e identificato con il nome di «Abdelshafi Haysem Mahmoud».

 

Racconta di essere fuggito dall’Egitto, di aver attraversato il Mediterraneo insieme ad altri connazionali e di fuggire dalle repressioni del governo del Cairo. Annuncia di voler chiedere asilo. Il Viminale gli assegna il codice identificativo «064BSVV», una sorta di identità provvisoria per i migranti.

 

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Le sue tracce si perdono dopo il periodo di quarantena anti covid e il trasferimento a Porto Empedocle. In tasca ha un numero di cellulare che risulta essere stato attivato il 25 maggio a Palma di Montechiaro (Agrigento) da un connazionale di 23 anni. Probabilmente Masoud ha raggiunto il capoluogo lombardo in treno.

 

È grazie al «numero identificativo» che viene identificato due mesi dopo all’ufficio immigrazione della questura di Milano quando si presenta per avanzare la richiesta d’asilo. Sono le 13.35 di mercoledì 7 luglio: con una tshirt bianca e i capelli ingellati viene fotosegnalato dalla polizia scientifica. Sarà quell’immagine, grazie al software di riconoscimento facciale «Sari», a portare alla sua identificazione.

 

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I poliziotti della Mobile partono da un’altra immagine, quella del profilo Whatsapp associato al numero di telefono che potrebbe appartenere all’autore della violenza del 9 agosto, quando la 25enne viene aggredita all’alba e stuprata in un canale mentre lungo un sentiero sta raggiungendo il posto di lavoro.

 

Un selfie scattato con il telefonino dove Masoud, di fronte alla facciata del Duomo, indossa una maglietta nera. Il 24 agosto, mentre già i poliziotti diretti da Marco Calì sospettano di lui e lo stanno monitorando, il 31enne si presenta di nuovo all’ufficio immigrazione per completare la richiesta di asilo.

 

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Agli atti ci sono le riprese del 31enne seduto in sala d’attesa. È qui che gli agenti prelevano di nascosto una lattina e un mozzicone per il confronto del Dna con le tracce trovate sul luogo della violenza. Poche ore dopo arriva la conferma. I due profili genetici coincidono.

 

Alle 7 di sera di giovedì i magistrati Letizia Mannella e Rosaria Stagnaro firmano l’ordine di cattura. I poliziotti rintracciano Masoud la mattina successiva in un appartamento di via Tartini, in periferia, dove dorme con altri 10 connazionali.

 

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Una casa dormitorio dove aveva trovato ospitalità e qualche lavoretto in nero come manovale nei cantieri grazie al «mutuo soccorso» di altri immigrati. Masoud ha abiti puliti, smartphone e lo stesso zaino che aveva sulle spalle il giorno della violenza.

 

milano il luogo dello stupro vicino al san raffaele milano il luogo dello stupro vicino al san raffaele

Domenica a San Vittore l’interrogatorio di convalida del fermo. Il 31enne sarà difeso dal legale d’ufficio Eleonora Bergamini. Nelle 52 pagine dell’atto d’accusa dei magistrati, che hanno chiesto al gip che il 31enne resti in carcere, anche il drammatico racconto della vittima: «Mi sono sentita spingere nel fossato all’improvviso. Mi schiacciava il volto sul pavimento del canale, mi sentivo soffocare. Ho gridato, l’ho pregato di smettere per le mie due bambine. Quando dopo la violenza è fuggito avevo il terrore che tornasse».

 

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