GLI ITALIANI SONO (UN PO’) MENO BAMBOCCIONI – PICCOLISSIMO PASSO IN AVANTI NEL 2021: L’ETÀ MEDIA DEI GIOVANI CHE VANNO A VIVERE DA SOLI MOLLANDO LE LAVATRICI E LA CUCINA DI MAMMÀ È SCESA A 29,9 ANNI. C’È POCO DA FESTEGGIARE: SIAMO ANCORA LONTANISSIMI DA SVEZIA E FINLANDIA E DALLA MEDIA EUROPEA, CHE È 26,5 ANNI. TE CREDO: ANCHE SE I RAGAZZI TROVANO UN LAVORO, SONO SOTTOPAGATI E NON POSSONO PERMETTERSI UNA CASA...

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Estratto dell’articolo di Rosaria Amato per www.repubblica.it

 

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Siamo ancora lontanissimi dalla Svezia o dalla Finlandia, Paesi dove si va via da casa tra i 19 e i 21 anni. Ma nel 2021 abbiamo compiuto un piccolo passo in avanti: l'età media dei giovani italiani tra i 18 e i 34 anni che vanno a vivere da soli è scesa dai poco più di 30 anni a 29,9 anni, secondo l'ultima rilevazione Eurostat.

 

Oltre tre anni sopra la media Ue, che rimane inchiodata a 26,5 anni, senza ancora riuscire a tornare ai livelli pre-Covid (26,2 anni), ma almeno al di sotto della "soglia psicologica" dei 30 anni, sopra la quale ci siamo mantenuti dal 2014 in poi. Peggio di noi solo Grecia, Bulgaria, Slovacchia, Portogallo e Croazia. Ma d'altra parte il Covid ha solo peggiorato una situazione stagnante che vede da lungo tempo i giovani italiani più precari, più poveri, con minori opportunità rispetto alle altre fasce di età.

 

A CHE ETA I GIOVANI ESCONO DI CASA - EUROPA A CHE ETA I GIOVANI ESCONO DI CASA - EUROPA

[…] Nel 1983 la quota dei 18-34enni celibi o nubili che viveva in famiglia era del 49%, nel 2000 era arrivata al 60,2%, attestandosi al 58,6% del 2009. Mentre dall'ultimo Rapporto Istat emerge che i giovani che vivono in casa con i genitori sono ora 7 milioni, pari al 67,6% del totale. In 50 anni siamo passati dalla metà ai due terzi. La pandemia ha incrementato questa tendenza del 3,3%, ma l'effetto è già rientrato.

 

[…]  In molti hanno ritrovato il lavoro, ma si tratta di un'occupazione più precaria che mai, che certo non incoraggia ad abbandonare il tetto sicuro dei genitori: quattro giovani fino a 34 anni su dieci sono lavoratori non-standard (2 su 10 tra i 35-49enni e poco più di 1 su 10 tra gli over 50). "Nella maggior parte dei casi si tratta di giovani che vivono ancora nella famiglia di origine, presumibilmente anche per la difficoltà economica di iniziare una vita autonoma", ribadisce l'Istat.

 

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E poi ci sono gli oltre due milioni di Neet, giovani che non lavorano e non studiano, un record tutto italiano, ai quali nei due anni nella pandemia si sono aggiunti centinaia di migliaia di studenti esclusi dalla didattica a distanza. La mancanza di lavoro e il lavoro povero rendono i giovani molto più poveri delle altre fasce di età: la povertà assoluta è passata dalla percentuale del 3 a quella dell'11% dei 18-34enni, e dal 4 al 14% per i minorenni.

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Dati che scoraggiano decisamente ogni riproposizione di accusa di "bamboccionismo" ai nostri giovani: la stessa Eurostat fa una correlazione tra tasso di occupazione giovanile, scoprendo, ovviamente, che nella maggior parte dei Paesi in cui i giovani vanno via da casa intorno o dopo i 29 anni il tasso di partecipazione al mercato del lavoro non supera il 50%. Mentre la Svezia, dove si va via di casa a 19 anni, sfiora il tasso del 70% di occupazione giovanile, e sono oltre il 60% anche Finlandia e Danimarca, Paesi in cui i giovani vanno a vivere da soli poco più che ventunenni.

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