“DA UN ANNO SONO COMPLETAMENTE CIECO, HO SEMPRE PAURA DI FARMI MALE E FERIRMI” - IL POLITICO E SOCIOLOGO LUIGI MANCONI, COMPAGNO DI BIANCA BERLINGUER NEL LIBRO “LA SCOMPARSA DEI COLORI” RACCONTA LA PROGRESSIVA PERDITA DELLA VISTA: "UN PROCESSO DURATO 15 ANNI, HO TANTI RIMPIANTI, NON POSSO VEDERE I VOLTI DEI FIGLI E DELLE PERSONE CARE, I PAESAGGI, IL MARE DI ALGHERO. MA HO IMPARATO A CONVIVERE CON QUESTA CONDIZIONE…”. E POI RACCONTA COME FA A SCRIVERE

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Massimo Marino per corriere.it - Estratti

manconi berlinguer manconi berlinguer

 

È un autoritratto in punta di penna il nuovo libro di Luigi Manconi, uomo da sempre impegnato nella politica, ex senatore, ex sottosegretario alla Giustizia, garante delle persone private della libertà e compagno di Bianca Berlinguer.

 

La scomparsa dei colori (Garzanti, pagine 206, euro 20) racconta il suo scivolare nella cecità, un processo lungo e doloroso. È un autoritratto che non indulge mai ai toni patetici, compiaciuti: è un’autoanalisi svolta con una precisione capace di raggiungere toni «leggeri», intrisi di speranza e di voglia di vivere. L’autore lo ha presentato recentemente a Bologna con Silvia Avallone e Alessandro Bergonzoni in Salaborsa per la rassegna «Le voci dei libri».

 

Come è nata in lei l’esigenza di raccontare il suo scivolare nella cecità?

«È sorta dalla consapevolezza che pur essendo questa una mia personale esperienza non è una condizione che riguardi solo me. In Italia sono circa due milioni gli ipovedenti e cinque milioni le persone con qualche disabilità. Ritengo, inoltre, che la maggior parte dei cittadini abbia subito qualche danno fisico o psichico, qualche dolore o lutto. Ho provato a narrare, senza la pretesa di insegnare, come la mia esperienza tragica possa comunque portare alla non disperazione».

luigi manconi cover luigi manconi cover

 

Come è diventato cieco?

«È stato un processo progressivo, che di tappa in tappa mi privava della vista, fino alla cecità totale, circa un anno fa. Ma ogni tappa mi consentiva di scoprire in me risorse che non pensavo di possedere».

 

Ha dovuto rinunciare, a causa del suo handicap, all’attività politica, che per lei è stata una vera e propria passione?

«Ho cercato e tuttora cerco di far sì che questa mia condizione non limiti il mio impegno pubblico e politico, anche dopo la fine dell’incarico di senatore. Evidentemente adesso faccio un’enorme fatica, incontro numerosi ostacoli, ma li affronto, credo, con maggiore sensibilità e capacità di ascolto».

 

Ha qualche rimpianto per cose cui ha dovuto rinunciare?

«Ho un’enormità di rimpianti. La cecità coincide con due perdite: quella della bellezza e della libertà. La perdita della bellezza è non poter vedere i volti dei figli e delle persone care, i paesaggi, il mare di Alghero. Inoltre, una vita come la mia sempre tesa verso l’autodeterminazione, ha dovuto riconoscere limiti consistenti alla propria libertà. Ho dovuto per molte funzioni affidarmi agli altri, e però ho scoperto che in questo può esserci qualcosa di gratificante».

manconi berlinguer manconi berlinguer

 

Quali sono le sue paure?

«Molte: innanzitutto la paura di farmi male. Penso sia miracoloso che quasi mai in 15 anni di indebolimento progressivo della vista io sia caduto. Ho paura di ferirmi la faccia, la parte più esposta; di urtare, sbattere. Poi ho mille altri piccoli timori quotidiani, gli stessi che questa condizione dà a tutti quelli che la condividono».

 

Ha scoperto qualcosa che non immaginava di lei?

«Ho scoperto di essere più resistente di quello che non avessi immaginato, di possedere una grande capacità di adattamento, anche nella parte ultima della malattia, nella cecità totale, tanto da riuscire a condurre comunque una vita piena di incontri».

 

LUIGI MANCONI E BIANCA BERLINGUER LUIGI MANCONI E BIANCA BERLINGUER

Nel libro racconta del rapporto con Sergio Staino, anch’egli scivolato nella cecità; dello svanire della vista in Monet e in due scrittori, Edith Bruck e Maurizio Maggiani. Sono bei ritratti. Manca forse un riferimento alle figure di ciechi veggenti della letteratura…

«Mi avrebbero dato dell’esaltato, forse, se avessi fatto un riferimento a Omero… Il libro, comunque, si apre con una citazione di Jorge Luis Borges: “vivo tra forme luminose e vaghe / che ancora non sono tenebra”. Mi sembra perfetta».

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