Lavinia Capritti per “Oggi”
«È bella la parola "vecchio" non "longevo", non "terza età", la usi la parola: vecchio». Vittorino Andreoli la pronuncia così, scandendola con molta forza, vecchio, sì, che soddisfazione. Per lui la vecchiaia sembra essere uno stato di grazia, d'altra parte spiega che essere vecchi vuol dire «che si è vivi, che si sta vivendo».
Potrebbe essere una frase scontata, ma lui la trasforma - mentre pronuncia con passione quel «vivendo» - in una rivelazione, perché chi davvero si sofferma a pensarci? E già che c'è, si aumenta gli anni. Ne ha 82, ma per tutto il corso dell'intervista se ne attribuisce 83. Il 10 gennaio uscirà con un nuovo libro sulla vecchiaia, Lettera a un vecchio (da parte di un vecchio), e su questo indaghiamo.
Come le è venuto in mente? Non tutti amano affrontare questo argomento.
VITTORINO ANDREOLI - LETTERA A UN VECCHIO
«Ci sono due motivi. Il primo: la vecchiaia di oggi è una novità assoluta nella storia dell'antropologia; le ricordo che fino al secondo Dopoguerra l'età media dei maschi era di 48 anni e oggi il 22 per cento della popolazione italiana è vecchia. Il secondo è che io sono vecchio, sono nell'83esimo anno di età, e quindi posso parlare».
Sicuro che tutti vivano la vecchiaia come lei?
«Mi scusi, ma lei è sicura che tutti gli adulti vivano serenamente? Il problema sa qual è? Che la vecchiaia è legata alla morte, ma le garantisco che questa è l'ultima preoccupazione dei vecchi».
Lei quando ha percepito il suo cambiamento, diciamo, di status?
«Quando sono andato in pensione. Molti ci rimangono male ma è per questo che ho scritto questo libro: per dire che debbono prepararsi a fare altro. Certamente ho avvertito delle variazioni sia dal punto di vista del corpo sia della pische, ma le ho avvertite a qualunque età.
Se lei vuol farmi dire, però, che c'è un momento preciso che tutti incontrano, che è la sessualità, ebbene le racconto che è una balla. C'è una vecchiaia dell'organo così come c'è una vecchiaia del cuore, ma l'eros cambia semplicemente modalità, finché c'è la vita esiste».
Ma a una certa età si inizia a percepire un certo decadimento fisico e la sensazione di non aver più il mondo ai propri piedi.
«Non è niente vero, c'è un decadimento fisico che è proporzionale al tipo di attività che uno svolge. Detto questo se la Società non richiede nulla al vecchio, che rimane seduto dalla mattina alla sera, certamente avrà la percezione della solitudine. Ma l'errore nasce dalla condizione in cui viene posto il vecchio».
E lei cosa chiederebbe alla società e al governo?
«Semplicemente di ricordare che un uomo vecchio, avendo vissuto a lungo, può vedere le cose in maniera diversa. Esiste una politica immatura, stolta, dove domina la lotta, il potere. Tutti argomenti per i quali il vecchio non prova interesse. Quando lei dice: ma per lei, professore, quando è cambiata la sua vita? Dal giorno in cui non ho più timbrato il cartellino, pensi che meraviglia. Sono meno condizionato dall'economia, ho meno desideri. Si diventa saggi».
Mi sembra un po' ottimista.
«È stato dimostrato che i neuroni di un cervello vecchio si moltiplicano nonostante l'età. Che cos'è questa idea della candela che lentamente si spegne? Una sciocchezza. E guardi che io non sono un fenomeno, sono un vecchio. E non sono un giovanilista che vuole essere quello che non è. Io sono un po' curvo nelle spalle e cerco di esserlo un po' di più, mi piace. Sono un vecchio nudo».
Ecco, quando si guarda allo specchio nudo che cosa vede?
«Vedo Vittorino Andreoli e mi diverte molto a pensare come ero. Ho una fotografia di quando avevo tre anni e mi piace metterla vicino all'uomo di 83 anni, realizzare che sono sempre io».
Pensa alla morte?
«Odio la morte perché vorrei continuare a esserci ancora un minuto e un altro minuto, avrei ancora qualcosa da fare e vorrei poter dare più attenzione a chi non l'ho data. Ma il fatto che odii la morte può essere visto nella maniera giusta: che amo vivere.
Mi piacerebbe che la popolazione italiana avesse la consapevolezza della bellezza di arrivare a 80 anni, 90 anni e poter vedere il mondo con quegli occhi lì, che hanno funzionato per 90 anni. Magari indicando ai giovani dove posare lo sguardo invece che su quell'orrendo telefonino che rende vecchi anche gli adolescenti».
Dove va posato lo sguardo?
«Sull'uomo, che è un mistero. Sa scrivere versi oppure, come Donato Bilancia, uccidere 17 persone in sei mesi».
Nel suo libro scrive: «Il saggio non lotta perché conosce che nella lotta si produce dolore».
«Esatto. La vita come la intende Darwin, una lotta, a me non piace più. Ormai non ho da difendere che la serenità».