Marco Gasperetti per il Corriere della Sera
«Martina Rossi non fuggiva quando precipitò da un balcone del settimo piano di un albergo di Palma di Maiorca e non ci sono prove sufficienti per dimostrare che qualcuno tentasse di violentarla».
Le motivazioni della sentenza di secondo grado della Corte di Appello di Firenze, che a sorpresa aveva ribaltato con un' assoluzione le condanne del tribunale di Arezzo, sembrano non dare alcun spazio a nuovi colpi di scena di una storia, drammatica e controversa, che si è consumata per nove anni tra aule di giustizia, nuove indagini e prescrizioni.
Ma papà Bruno, ex leader sindacale (oggi in pensione) dei «camalli», i portuali di Genova, e mamma Franca, insegnante, non si arrendono nel cercare la verità sulla morte - il 3 agosto 2011 - della loro unica figlia allora ventenne. «Perché a volte accade che ci siano fatti contrari ad ogni logica - spiega Bruno - che si uniscono, si accavallano, interferiscono e sono capaci di offuscare la verità.
Rispettiamo le sentenze anche se questa di Firenze trova la sua genesi nelle indagini della polizia spagnola nate male e proseguite peggio.
Qualcuno però ci dovrà dire come e perché è morta Martina. Noi lo sappiamo e lo sapevano anche i giudici di primo grado». Che, ad Arezzo, avevano condannato a sei anni Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, due 29enni di Castiglion Fibocchi (Arezzo) per tentata violenza sessuale e per aver causato la morte della giovane in conseguenza di un altro delitto. Quest' ultimo reato si era poi estinto per intervenuta prescrizione, una notizia che aveva provocato polemiche e anche un intervento del ministro della Giustizia.
Secondo i magistrati di primo grado Martina era caduta dal balcone dell' albergo, dove trascorreva le vacanze, perché inseguita dai due ragazzi che la volevano stuprare.
Poi, a sorpresa, la decisione della Corte d' Appello. Nelle motivazione i giudici ora spiegano che quella fuga in realtà non è mai avvenuta, anche se (ed è questa forse la parte più controversa) ammettono che «un' aggressione di carattere sessuale non può, invero, neppure del tutto escludersi», ma subito dopo sottolineano che «la caduta della ragazza con le modalità emerse è elemento non coerente con tale ipotesi», è «dissonante», non «si salda logicamente con essa».
I giudici di secondo grado hanno anche riconosciuto come valide le testimonianze di una cameriera spagnola (contestate dall' accusa e dalla parte civile) che alla polizia aveva raccontato di aver visto Martina scavalcare il balcone e lasciarsi cadere: dunque la giovane non sarebbe precipitata tentando di scappare e non ci sarebbe stato un tentativo di violenza. Nessuna prova contro gli imputati, e assoluzione piena.
«Una sentenza chiara, analitica che ha smontato completamente quella di primo grado con grande chiarezza» ha dichiarato Stefano Buricchi, avvocato di Vanneschi.
Luca Fanfani, uno dei due legali della famiglia Rossi ha parlato invece di «sentenza con travisamenti di prove e svalutazione di indizi essenziali viziata da un malgoverno del materiale probatorio in atti». Le ultime parole sono quelle del padre di Martina: «Spero nel ricorso in Cassazione e credo ancora nella giustizia e nella verità.
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