Estratto dell’articolo di Andrea Noci per “il Messaggero”
«La mia unica colpa è stata essere bello e felice». Sono parole piene di dolore quelle di Stefano Imperiale, l'uomo di 39 anni, ridotto sulla sedia a rotelle dalla furia di Cristian Gusmano, amico di una vita. Il 13 maggio 2020 Gusmano, guardia giurata di professione, sparò per invidia a lui e a un altro amico, Alessandro Borrelli che però rimase ucciso. Due giorni fa la Corte d'Assise d'appello ha confermato la sentenza di primo grado: ergastolo per Gusmano.
[…] Cosa continua a tornarle in mente di quel momento?
«Cristian che mescola il caffè e il cucchiaino che sbatte contro il vetro della tazza. È stato l'ultimo rumore che ho sentito prima che la mia vita cambiasse. Subito dopo Gusmano ha tirato fuori la pistola, me l'ha puntata alla testa e ha sparato. Forse qualcuno lassù mi ha tirato indietro per evitare quel primo colpo. Per tre mesi non ce l'ho più fatta a bere caffè, tornavo con la testa lì».
Dopo l'esplosione del primo colpo cosa ha provato?
«Non ho capito più niente. Poi non ho nemmeno avuto tempo di realizzare, perché subito dopo quel colpo Cristian mi ha sparato tre volte all'addome. […]
Cosa si ricorda del viaggio in ambulanza?
«[…] Mi ricordo ancora quel dolore fortissimo alla schiena. E poi ricordo che già in ambulanza non sentivo più le gambe».
Cosa ha spinto Gusmano a un gesto così atroce?
«È stata l'invidia. Gusmano, a causa di un difetto alla mascella, non si vedeva bello rispetto a noi. Anche poco prima del delitto aveva fatto l'ennesimo intervento ma continuava a non piacersi».
[…] Che tipo di rapporto avevate prima che esplodesse la sua ira?
«Eravamo fratelli, lui mangiava a casa mia e io a casa sua. Mio nonno diceva che gli amici si contano sul palmo di una mano e lui era uno di quelli. Abbiamo fatto insieme tanti viaggi: Amsterdam, Fuerteventura, Malta. E poi le gite in Italia, tante partite di calcetto».
Poi?
«Ci siamo persi di vista perché io ho conosciuto una ragazza e stavo spesso con lei. Lui invece una ragazza non l'ha mai avuta». […]