Estratto dell'articolo di Francesco Moscatelli per “La Stampa”
«Non sono una prostituta». «Non ho parenti famosi». «Non ho mai ricevuto milioni di euro, altrimenti non sarei nemmeno rimasta in Italia a soffrire». «Non ho mai avuto la sensazione di essere vista come un pezzo di carne dal presidente Silvio Berlusconi».
«Non tornerei nelle casa di Arcore». «Non speravo in un'assoluzione». «Non so quante altre ragazzine avrebbero retto questo fardello».
Ieri , durante la presentazione del suo libro, Karima El Mahroug ha pronunciato moltissimi «non». Un tentativo di cancellare tutto quello che le è capitato negli ultimi tredici anni, da quel 14 febbraio del 2010 in cui ancora minorenne partecipò alla sua prima serata nella villa di Berlusconi, al 15 febbraio di quest'anno, quando i giudici milanesi hanno assolto per ragioni «di carattere esclusivamente giuridico» lei e tutti gli altri imputati del processo Ruby Ter (quello in cui le ipotesi di reato erano falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari).
raffaella cosentino con karima el mahroug
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Ha ripetuto di essersi sentita usata. Come mai?
«Hanno sempre detto che sono furba, qualcuno ha parlato di "furbizia orientale", ma per quanto tu possa essere furba a 17 anni comunque non sei preparata a degli avvenimenti simili. Quando dico usata è perché nessuno mi ha tutelata. Perché sono stata etichettata davanti a tutti come la prostituta minorenne?».
Ricorda l'istante in cui le è cambiata la vita?
«Il 28 ottobre, quando sono scesa di casa e ho visto le prime pagine con la mia faccia. Traumatizzante, ho tremato».
LA CARD DI SILVIO BERLUSCONI SU INSTAGRAM DOPO L'ASSOLUZIONE AL PROCESSO RUBY TER
Dice che si è sempre sentita rispettata da Berlusconi. Ma qual è il suo giudizio sul contesto delle serate ad Arcore?
«Io parlo per quella che è stata la mia esperienza. Berlusconi con me si è comportato da persona rispettosa. Non ho mai negato di aver ricevuto, le sei volte in cui sono stata a casa sua, anche un aiuto economico. Ma non parliamo di cinque milioni. Ai miei occhi comunque erano già tantissimi soldi, perché mi hanno permesso di non dormire per strada, di comprarmi da mangiare e di mandare qualcosina a mia madre. Per questo parlo di gratitudine nei suoi confronti».
Ha più incontrato le altre ragazze imputate nel processo?
«No, ho evitato qualsiasi avvicinamento anche a quelle figure che potevano essere amiche per paura che qualsiasi chiamata, qualsiasi cosa, potesse essere strumentalizzata. Va bene così. Nel libro ho scritto che mi sono sempre sentita diversa dalle altre ragazze per una questione di età e di vissuto. Non tutte hanno alle spalle una storia come la mia».
karima el mahroug presenta il suo libro 3
Ha mai avuto paura?
«Sì, l'ho confidato ad alcune amiche anche se non sapevo nemmeno quale entità mi avrebbe potuto far del male. Ci sono stati dei pedinamenti, ma vai a capire se erano giornalisti, polizia...Per settimane sono stata chiusa in casa finché non si è festeggiato, si fa per dire, il mio diciottesimo. Il giorno in cui ho indossato quel maledetto vestito azzurrino...».
Come si immagina il suo futuro? Che sogni ha?
«A 18 anni ero incinta e non ho avuto la possibilità di godere di un momento spensierato neanche per scegliere la culla di mia figlia. Ero sempre dagli avvocati. Quest'assoluzione per me è l'inizio di una vita da persona normale e da donna libera. Sono sempre stata controllata. Ora potrò iniziare a progettare la mia vita».
Ha regalato una copia del suo libro alla pm Tiziana Siciliano. Ne manderà una copia anche ad Arcore?
karima el mahroug presenta il suo libro 2
«Spero che Berlusconi possa leggerlo e che trovi il modo per farmi sapere la sua. Se poi dovesse farlo anche pubblicamente ne sarei contenta. Se avesse sprecato due paroline per parlare della mia persona, quando ha visto tutti accusarmi di essere una prostituta e altre ragazze definirmi "la zingara che arriva sporca, non fa niente e non si spoglia neanche", forse sarebbe stato di grande aiuto».
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2. «SE TORNASSI INDIETRO NON ANDREI AD ARCORE ORA FINALMENTE VIVO DA DONNA LIBERA»
Fabrizio Guglielmini per il “Corriere della Sera”
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Un racconto in prima persona, affidato a venti capitoli che attraverso le vicissitudini esistenziali subite fin da bambina si conclude sulla sua vita post Arcore con una riflessione: «Se tornassi indietro non varcherei più il cancello di quella villa, non per la persona, ma per quello che rappresenta quella persona» — spiega El Mahroug — «quando ci sono entrata non sapevo neanche dove stessi andando, non sapevo chi fosse il presidente Berlusconi.
Io in quella persona non ho mai visto il politico, o il potere. Ho cercato in lui la possibilità di essere aiutata, mi sono sentita rispettata, perché da Silvio Berlusconi non ho mai avuto la sensazione di essere vista come un pezzo di carne». Tra il leader di Forza Italia ed El Mahroug oggi non ci sono più contatti, i due non si sono sentiti neanche ieri l’altro dopo la sentenza del Tribunale di Milano che li ha visti entrambi assolti.
Attraverso le pagine dell’autobiografia, Karima torna più volte anche sul ruolo dei media: «La mia storia l’avete scritta soprattutto voi, adesso è il momento di dare la mia versione dei fatti e in particolare di abbandonare l’ingombrante personaggio di Ruby: questa sentenza riguarda tutta la mia vita dai 17 anni in poi e nessuno mi risarcirà mai per quello che ho passato».
Ripete più volte di essere «molto emozionata» soprattutto nel leggere alcuni passi di questa autobiografia che vuole essere una testimonianza di «un’altra persona, molto diversa da quella che per anni ha dovuto subire una gogna». Una nuova vita cominciata già otto anni fa, dopo il trasferimento a Genova, l’incontro con il fidanzato Daniele e la nascita della figlia Sofia. La presentazione del libro è costellata dalle domande che vertono soprattutto sui sei incontri ad Arcore. Karima declina quasi tutte le questioni insistendo però su un punto: «Nella mia storia personale c’è il tema di un sistema di potere che mi ha sfruttata fino in fondo con rare eccezioni di umanità». E sui presunti milioni di euro ricevuti: «Non ho mai ricevuto somme del genere, altrimenti non sarei rimasta in Italia a soffrire tutto quello che ho sofferto».
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