Irene Famà Massimiliano Rambaldi per la Stampa
Orlando Merenda aveva compiuto 18 anni da poco più di un mese. E, come tutti a quell' età, aveva dei sogni. Ma altrettanti dubbi, insicurezze, timori.
«Fragilità», è il termine utilizzato generalmente dagli educatori per riassumere quel periodo complesso che è l' adolescenza, in cui si cerca il proprio posto nel mondo e talvolta ci si sente respinti. Orlando, domenica scorsa, si è tolto la vita. Intorno alle 14,30 si è gettato sotto un treno tra la stazione di Torino Lingotto e Moncalieri. Ha pranzato con il papà e il fratello, poi è uscito di casa: «Ci vediamo tra poco.
Torno presto». Non ha lasciato nessun biglietto, nessun messaggio.
Il 27 marzo, su Instagram, aveva pubblicato un post: «Il problema delle menti chiuse è che hanno la bocca aperta». Lasciando intendere che non sempre la sua omosessualità veniva accettata. E, al contrario, altre volte non veniva creduta.
Nei giorni scorsi era apparso frastornato. «Mi aveva confessato di aver paura di alcune persone. Non mi ha spiegato chi fossero, non ha fatto nomi. Era preoccupato. Diceva che mettevano in dubbio la sua omosessualità», racconta il fratello Mario. Un' amica conferma: «Si era chiuso in se stesso, ne aveva parlato anche con un' insegnante».
Un' amica aveva commentato il suo post sui social: «Con il giudizio della gente, io ci faccio meravigliosi coriandoli». E lui: «È giusto che sia così». Un cuoricino. Le mani che applaudono.
Ecco, per provare a raccontare questa tragedia, bisogna partire dai social che per Orlando talvolta erano un rifugio, un luogo protetto in cui potersi esprimere e altre volte si trasformavano in una gogna. Anche adesso che lui non c' è più mescolano lacrime e odio. Dediche e preghiere: «Sei un angelo.
Spero che adesso troverai la pace che cercavi». E violenza cieca: «Morte ai gay». Insulti che erano stati lanciati altre volte contro Orlando, anche di persona. La parola «bullismo» la pronunciano in tanti. E pure un' altra: omofobia. «Lo prendevano in giro perché era omosessuale» raccontano alcuni suoi amici, a bassa voce, fuori dalla chiesa del Lingotto, alla fine del funerale.
In procura si prova a fare luce su questa morte. Si cercano riscontri investigativi, un collegamento che spieghi un gesto che altrimenti resterebbe senza un perché.
È in corso un' indagine, coordinata dal pubblico ministero Antonella Barbera. Gli agenti della polizia ferroviaria hanno acquisito i messaggi, sono andati a parlare con gli insegnanti dell' istituto professionale Engim Artigianelli, che il giovane frequentava per diventare barman e cameriere, con i compagni di classe, gli amici.
«Il tuo ultimo saluto è stato portarmi un caffè con un Kinder Bueno - scrive il fratello su Facebook - Poi, nel pomeriggio, abbiamo fatto la tragica scoperta. Te ne sei andato a soli 18 anni senza dire niente e ci hai lasciato un vuoto incolmabile. Spero che ora tu sia tranquillo e senza pensieri». La morte di Orlando, che tutti descrivono come un ragazzo «sorridente e felice», pone diversi interrogativi. «Davanti a questi fatti dobbiamo tutti fare un esame di coscienza - dice don Giuseppe Coha, durante il funerale -. Dobbiamo capire dove si è sbagliato e guardarci dentro. Cercare di comprendere perché non si è riusciti ad intercettare un malessere che era presente in maniera così forte».
Le indagini sono in corso.
Ma, a prescindere dall' aspetto giudiziario, la morte di Orlando, come sottolinea il parroco, pone di fronte alla necessità di «aprire le porte all' altro. Dobbiamo avere la mentalità di accogliere e non respingere».