“DA REBIBBIA NON MI FACEVANO CHIAMARE NEANCHE UN AVVOCATO, STAVO USCENDO FUORI DI TESTA” – PARLA GERGO HETEY, IL TURISTA 40ENNE UNGHERESE CHE HA TRASCORSO LE SUE VACANZE A ROMA IN GALERA (DA INNOCENTE): “IL TRE AGOSTO HO VISTO LA POLIZIA CHE MI ASPETTAVA FUORI DALLA CAMERA. GLI HO CHIESTO COSA VOLESSERO E LORO MI HANNO ARRESTATO, HO PROVATO A SPIEGARE IN INGLESE CHE CI DOVEVA ESSERE UN ERRORE” – L'UOMO ERA STATO INDAGATO NEL 2008 E CONDANNATO A MILANO NEL 2014 A SUA INSAPUTA. AVEVA SMARRITO IL SUO DOCUMENTO CHE ERA STATO USATO PER....

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Estratto dell’articolo di Giuseppe Scarpa per “la Repubblica – ed. Roma”

 

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«Chi visita Roma non si dimentica mai il Colosseo o la basilica di San Pietro, ecco a me invece resterà per sempre impressa la cella del carcere di Rebibbia, non era certo la vacanza che volevo fare». Scherza Gergo Hetey, turista ungherese di 40 anni.

 

La settimana romantica che avrebbe voluto trascorrere in compagnia della futura moglie si è trasformata in un soggiorno obbligato di 13 giorni a Rebibbia, dal 3 al 16 agosto. Dietro le sbarre da innocente, salvo poi essere liberato. Scarcerato dai giudici della sezione feriale della Corte d’Appello di Milano con questa motivazione: Hetey in Italia è stato processato senza esserne stato mai informato. […]

 

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Partiamo dall’inizio, il giorno in cui è arrivato a Roma

«Il due agosto sono arrivato in albergo, era la prima volta che mettevo piede in Italia. Io e la mia compagna abbiamo lasciato le nostro valigie in stanza, poi siamo andati a visitare Roma, il Colosseo, il Vittoriano, Fontana di Trevi». […]

 

Racconti pure...

«Il tre agosto dopo una passeggiata sono rientrato in hotel e ho visto la polizia che mi aspettava fuori dalla camera. Gli ho chiesto cosa volessero da me e loro mi hanno arrestato, ho provato a spiegare in inglese che io non ero quella persona, che ci doveva essere un errore».

 

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E invece?

«Invece mi hanno portato in galera, a Rebibbia. La mia fidanzata era scioccata, io ero distrutto. Pareva uno scherzo ben riuscito, ma non lo era e così mi sono trovato dentro una cella a domandarmi “ma cosa cavolo sta succedendo, cosa ho fatto?”».

 

In carcere è riuscito a parlare con qualcuno per rappresentare le sue motivazioni?

«La follia ulteriore è che non riuscivo a parlare con nessuno, da Rebibbia non mi facevano mettere in contatto con i miei parenti o con il consolato, stavo letteralmente uscendo fuori di testa. Mettetevi nei miei panni, vengo in vacanza a Roma e poi mi ritrovo in galera senza poter contattare nemmeno un avvocato. Mi dicevo: “qui passeranno mesi prima che si rendano conto dell’errore”».

 

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Poi cosa è accaduto?

«Tramite un cappellano del carcere ho saputo che la mia fidanzata era riuscita a mettersi in contatto con l’avvocato Scaringella che poi ha assunto la mia difesa».

 

A quando risale il furto dei suoi documenti?

«Era il 2006, oramai non ricordavo più del furto, ma per fortuna i miei familiari avevano conservato la denuncia. Qualcuno deve aver aperto società a mio nome a Milano. Consideri che io sono venuto per la prima volta in Italia lo scorso due agosto».

 

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Le accuse che hanno mosso nei suoi confronti a quando risalgono?

«Ho scoperto nei giorni scorsi di essere stato indagato nel 2008, e condannato con sentenza definitiva nel 2014».

 

Ma un atto giudiziario deve esserle stato recapitato?

«Mai. Non sarei mai venuto a Roma sapendo di avere una condanna, anche ingiusta, di un anno. Avrei prima incaricato un avvocato affinché risolvesse il caso». […]

 

 

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