Luigi Ferrarella per www.corriere.it
Ci sono i reati contestati, certo, in questo caso bancarotta e insider trading, ma anche nei tre arresti di ieri (intorno alla Biancamano spa, società per azioni che fino all’anno scorso era negoziata alla Borsa di Milano nel segmento FTSE Italia Small Cap) si coglie soprattutto il filo conduttore di questo settore d’attività della Procura di Milano, e cioè il tentativo di tutelare «il corretto funzionamento dei mercati e gli imprenditori onesti che possono essere particolarmente danneggiati da forme di concorrenza sleale o vere e proprie condotte illecite a danno dell’integrità dei mercati finanziari».
Quali appunto quelle che hanno motivato, nella rappresentazione dell’accusa allo stato del procedimento, la custodia cautelare in carcere per il savonese Giovanni Battista Pizzimbone, 56 anni appena compiuti, ex presidente e amministratore delegato di Biancamano spa, holding (con Aimeri Ambiente ed Energeticambiente) attiva nella raccolta dei rifiuti in giro per l’Italia, a marzo 2021 indebitato per 420 milioni di euro di cui 240 con il Fisco e l’Inps; altri due arresti domiciliari e due misure interdittive con il divieto temporaneo di esercitare qualsiasi impresa, a carico di quattro quadri aziendali; e il sequestro preventivo di oltre 4 milioni di euro in Svizzera.
«Utile idiota»
L’indagine sviluppata dalla GdF con il pm Luigi Luzi e il coordinatore del pool crisi d’impresa Roberto Fontana, e alimentata sia dal deposito della relazione del Commissario straordinario Francesco Perrini sia dalla lettera del responsabile Luciano Cantalupo del comitato tecnico scientifico della società di revisione Kreston Gv Italy Audit, ritiene infatti di aver individuato cessione di crediti tra aziende collegate e successive compensazioni tra le società: operazioni tutte funzionali alla compensazione di debiti e conseguente fuoriuscita in Svizzera di consistenti risorse economiche dalle società già decotte (e perciò ammesse al concordato preventivo prima e all’amministrazione straordinaria poi) a beneficio del patron del gruppo, Pizzimbone.
Il quale in alcune intercettazioni telefoniche era alquanto esplicito sulla fittizietà dei teorici amministratori che risultavano condurre le operazioni, al punto da descrivere con sarcasmo il non ruolo ad esempio di uno di essi, definito «l’utile idiota, la testa di legno, lo scemo, un vecchio, uno che è come il Berlusca che ha scavallato, per cui qualunque cosa, già prima le cose gli scivolavano sopra...ma adesso gli scivolano sopra provocandone anche una sorta di indifferente ilarità…».
Le non perdite in Borsa
i fratelli pizzimbone con berlusconi
In più gli inquirenti contestano a Pizzimbone anche l’aver sfruttato informazioni privilegiate in suo possesso (e cioè la conoscenza della presentazione di istanze di fallimento nei confronti di due società del gruppo) per effettuare, dietro lo schermo di una «fiduciaria» italiana, vendite delle azioni detenute nella società capogruppo in modo da ridurre per tempo le perdite.
E del resto, per rimarcare l’attualità delle esigenze cautelari, gli inquirenti additano che operazioni di cessione/acquisto crediti e conseguenti compensazioni sono intervenute proprio nei giorni in cui il gruppo versava in uno stato di crisi conclamata e la Procura aveva già inoltrato la dichiarazione di fallimento delle società, nonché pochi giorni prima della dichiarazione d’insolvenza e dell’ammissione delle società all’amministrazione straordinaria.