Fulvio Bufi per il "Corriere della Sera"
ilaria bove con il fratello francesco 2
In via Caio De Iulis a Coperchia - un piccolo centro alle porte di Salerno - ci sono ancora fasci di fiori bianchi poggiati ai piedi di un lampione. In quel punto, nel pomeriggio del primo giorno dell'anno, è andato a schiantarsi il «Beverly 250» sul quale viaggiavano Nicholas Galluzzi e Ilaria Bove, 17 anni lui, quindici lei. Nicholas ha perso il controllo, e l'impatto è stato violentissimo. Fatale. Gli amici che erano su un altro scooter subito dietro, li hanno visti andare a sbattere e sono caduti anche loro. Però si sono rialzati senza danni seri e hanno immediatamente chiamato i soccorsi.
Ma quando dalla centrale operativa è arrivata la segnalazione che parlava genericamente di un incidente stradale e del coinvolgimento di uno scooter con due persone, Francesco Bove, 18 anni, volontario del 118 di Salerno, è partito senza immaginare nemmeno lontanamente che cosa avrebbe trovato e provato una volta giunto sul posto. Lo ha capito quando l'ambulanza si è fermata e lui e i suoi colleghi sono scesi per soccorrere i feriti. A quel punto ha impiegato un attimo a riconoscere sua sorella. Ilaria non si muoveva, come era immobile anche Nicholas.
Ma prima di arrendersi all'evidenza l'équipe del 118 ha tentato l'impossibile, e di Ilaria ha voluto occuparsi Francesco. A lungo, pur nella disperazione, è riuscito a eseguire le manovre previste dal protocollo di pronto soccorso in una situazione come quella. Nella concitazione è riuscito a mantenere fino alla fine la lucidità necessaria. Ma dopo, quando è stato costretto a fermarsi perché ormai non c'era più niente che potesse fare, ha ceduto all'emozione.
L'aveva tenuta sotto controllo come in tutte le altre volte che si era trovato a tentare un intervento disperato. Ma adesso era sua sorella Ilaria quella che aveva inutilmente provato a rianimare. La sua sorellina che lui chiamava «Picky» e alla quale, proprio in virtù dell'esperienza maturata nell'attività di volontario del 118 e negli studi alla facoltà di Scienze infermieristiche, aveva raccomandato mille volte di stare attenta, di non andare in moto, di essere prudente. Non è bastato.
Come non sono bastati i suoi mille tentativi di strappare Picky alla morte. E ora che i corpi dei due ragazzi sono fermi in obitorio a disposizione del medico legale per gli accertamenti, e i carabinieri stanno inviando al magistrato la relazione con l'esito dei rilievi fatti in via De Iulis, Francesco quei momenti disperati ha voluto raccontarli in un post pubblicato sulla sua pagina Facebook. «Nessun corso, nessuna esercitazione, nessuna simulazione sono in grado di prepararti per una cosa del genere», scrive. E aggiunge: «Nessuna esperienza sul campo ti potrà preparare ad incrociare le mani sul torace del sangue del tuo sangue per iniziare a scaricare con tutta la forza, e con tutta la rabbia, che hai in corpo».
incidente di ilaria bove e nicholas galluzzi
Francesco descrive quegli attimi: «L'adrenalina prende il sopravvento, i secondi diventano minuti lunghissimi e interminabili mentre conti. 1,2,3. Fino a 30. Prendi fiato, cerchi di tenere il ritmo come ti hanno insegnato fra una compressione e l'altra. Ma ormai non c'è nulla da fare». Poi una riflessione: «Ironia della sorte nessun protocollo, applicato a menadito su centinaia di interventi, potrà dirti che il sangue delle tue ginocchia rotte sull'asfalto freddo dovrà mischiarsi con quello di chi per te non è un paziente come gli altri».
Un paziente al quale ora si rivolge direttamente: «Scusa Ilaria, ci ho provato. Perdonami, ovunque tu sia. Non dovevi salirci su quel motorino, te l'ho detto mille volte, ero più contento quando mi rompevi che dovevo portarti a destra e a manca, ma almeno eri con me. Ormai il guaio l'hai combinato, uno dei tuoi tanti guai... Ma questo non si può riparare. Io ora sento solo freddo. Ciao Picky, ti voglio bene. Il tuo fratellone».
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