(ANSA) - Se la paziente fosse stata "indirizzata subito alla medicina tradizionale, quando ancora non si era manifestato un quadro sintomatologico particolarmente allarmante, con altissima probabilità sarebbe stata ben altra, e migliore, la prognosi di sopravvivenza, oltre che della qualità della sua vita".
Con queste parole la Cassazione ha chiuso la vicenda di Marina L., la torinese morta nel 2014 per le metastasi sviluppate da un melanoma, a 53 anni, dopo avere tentato per nove anni di curare un neo con una terapia a base di tisane e introspezione psicologica. I supremi giudici hanno respinto l'ultimo ricorso di uno dei due imputati, il medico Maria Gloria Alcover Lillo, rendendo definitiva la sua condanna a tre anni di carcere per omicidio colposo.
La collega Germana Durando fu arrestata nell'ottobre del 2021 per scontare una pena detentiva quantificata in tre anni, otto mesi e 26 giorni di reclusione. Durando, omeopata che secondo le accuse si serviva di teorie (mai accettate dalla comunità scientifica) sviluppate dal tedesco Ryke Geerd Hamer e basate sul presupposto che la malattia sia il prodotto di un conflitto psichico, era il medico curante di Marina.
La Alcover Lillo, 66 anni, di origini spagnole, iscritta all'ordine dei medici di Modena, era la "mentore" della Durando e, secondo la Cassazione, la supportò "nelle fallimentari scelte terapeutiche". (ANSA).