Giuseppe Salvaggiulo per “la Stampa”
«Ma come ti è venuto in mente?». Qualche ex collega glielo chiedeva di persona, altri per interposta intervista. La scena di Piercamillo Davigo che si fa consegnare in casa verbali riservati dal pm milanese Paolo Storari e li porta al Csm nella disponibilità della segretaria che li spedisce in forma anonima a magistrati e giornalisti, aveva stupito tanti magistrati che lo hanno conosciuto, in quarant' anni di irreprensibile carriera.
i pm di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro -U43070110205349sDC-593x443@Corriere-Web-Sezioni
A qualcuno aveva spiegato (Armando Spataro, per esempio, telefonandogli dopo averlo visto in tv). Di altri, tipo Edmondo Bruti Liberati, aveva «perdonato» le critiche con una velenosa battuta: «Non mi sorprendono: ha sempre fatto più politica che indagini».
la videoregistrazione dell'incontro armanna amara 8
Il rimprovero di non aver mandato le carte al Csm in un plico riservato, mosso per esempio da Alfredo Robledo che in tv l' aveva insolentito ribattezzandolo «Pieranguillo», era stato derubricato alla voce «stravaganze di chi parla a vanvera, senza conoscere la realtà» di un Csm in cui i segreti durano lo spazio di un mattino.
Un mese dopo, nei giorni in cui la trentennale epopea morale della Procura di Milano finisce nel fango, Davigo è l' ultimo a stupirsene. «Purtroppo - soggiunge - perché avrei preferito essermi sbagliato». Spera che la conoscenza pubblica di quanto accaduto nella Procura di Milano negli ultimi anni consenta anche a chi l' ha criticato di capire che «la scelta di percorrere un' altra strada», anziché rivolgersi ai vecchi colleghi in Procura, era dettata dalla consapevolezza che «si trattava di cose serie e gravi».
Da quando la vicenda è esplosa, Davigo non è stato con le mani in mano. Alla Procura di Roma ha raccontato quando, come e perché si mosse nel modo da tanti giudicato «irrituale». Ha spiegato il retroterra del suo allarmato interesse leggendo i verbali dell' avvocato Piero Amara sulla loggia Ungheria. E lo sbigottimento per l' assenza di investigazioni, pur invocate da Storari, da parte dei vertici della Procura di Milano.
Successivamente, dopo le rivelazioni del senatore ex M5S e presidente della commissione antimafia Nicola Morra, ha inviato ai pm romani una memoria integrativa per smentirlo, negando di avere con lui e con il M5S un rapporto di «collateralismo», di avergli mostrato i verbali nella tromba delle scale e di avergli fornito dettagli sui contenuti, al di là di un cenno sul collega del Csm Sebastiano Ardita per liquidare il tentativo di Morra di «mettere pace» tra i due. Ricostruzione, quella di Morra, che considera «folle» al punto da domandarsi se sia «necessariamente disinteressata».
PIERCAMILLO DAVIGO E SEBASTIANO ARDITA
Anche il recente arresto di Amara a Potenza rafforza la sensazione iniziale, maturata dopo i colloqui con Storari, che le sue dichiarazioni contenessero «un mix di cose vere e false», secondo quella che il gip lucano definisce «strategia delle mezze verità». E di conseguenza la convinzione che fosse necessaria «estrema tempestività nella ricerca dei riscontri, senza perdere un minuto».
Invece la Procura di Milano aveva temporeggiato per mesi (e non certo per la pandemia, «una scemenza che non si può sentire perché gran parte dei riscontri si fa anche da casa davanti a un computer»), senza «mettere sotto stretto controllo Amara come si è sempre fatto con i dichiaranti», anzi «lasciandolo libero di andare in giro» a perpetuare i suoi giochi, fino all' ospitata televisiva di due settimane fa, «impressionante e piena di messaggi allusivi e minacciosi».
«Ai tempi di Mani Pulite...» è un classico incipit di Davigo. Morti i grandi capi Borrelli e D' Ambrosio, lontano (non solo fisicamente) Di Pietro, in faccende romane e perugine affaccendato Ielo (con cui la stima reciproca è rimasta), lui in pensione come Colombo (ancora in buoni rapporti, anche se in totale dissenso su giustizia e carcere «ma sei tu che hai cambiato idea» puntualizza sempre Davigo), che cosa resta di quello che fu il sagrato immenso della magistratura italiana?
GHERARDO COLOMBO ANTONIO DI PIETRO PIERCAMILLO DAVIGO
Davigo se lo chiede da tempo. Chissà a cosa si riferiva quando, leggendo un pezzo di cronaca giudiziaria, si lasciò sfuggire: «Sembra la Procura di Paperopoli».
GHERARDO COLOMBO - ANTONIO DI PIETRO - PIERCAMILLO DAVIGO