“IL SESSO È L’UNICO DETONATORE DELLE NOSTRE ESISTENZE” – KARINE TUIL SCODELLA “LE COSE UMANE”, IL ROMANZO IN CUI UNA COPPIA, APPARENTEMENTE PERFETTA, VIENE TRAVOLTA DALLE ACCUSE DI STUPRO DEL FIGLIO: “IL SESSO E LA VOLONTÀ DI DISTRUZIONE SONO IL CUORE DI QUESTO ROMANZO. È UNA STORIA CHE METTE A NUDO LE DINAMICHE IMPIETOSE DELLA MACCHINA GIUDIZIARIA E INDAGA IL MONDO CONTEMPORANEO, I SUOI IMPULSI, LE VOGLIE E LE PAURE. NESSUNO PUÒ SENTIRSI AL SICURO DAL RIMANERE INCASTRATO IN UN SIMILE INGRANAGGIO…” - VIDEO

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Giuseppe Fantasia per "www.huffingtonpost.it"

 

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La linea di confine tra il bene e il male che c’è nelle situazioni umane può essere davvero inestricabile e tutto o quasi può esplodere da un unico detonatore che è il sesso. Di fronte a una possibile deflagrazione, l’eros finisce spesso col farla da padrone. “La deflagrazione estrema, la combustione definitiva era il sesso, nient’altro”, scrive Karine Tuil nel suo romanzo bestseller in Francia,“Le cose umane”, il suo undicesimo, 300mila copie vendute, già vincitore del Prix Interallié e del Prix Goncourt des Lycéens 2019.

 

È in corso di traduzione in 12 lingue e da noi è uscito per La Nave di Teseo nella traduzione di Fabrizio Ascari e l’autrice ha da poco ricevuto il Premio Kinéo Arte e Letteratura all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia dove è stata presentata l’omonima trasposizione cinematografica del suo romanzo diretta dal regista Yvan Attal con Charlotte Gainsbourg, Matthieu Kassovitz e Pierre Arditi tra i protagonisti.

 

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Un romanzo, soprattutto all’inizio, costruito come un’inchiesta da cui è difficile staccarsi vista la sua adesione perfetta a un realtà non troppo lontana fino a trovare poi la sua strada entrando nel cuore di chi legge, messo nella posizione di non giudicare mai. Jean e Claire Farel sono una power couple che ha tutto: lavoro (lui noto giornalista televisivo da oltre trent’anni, lei intellettuale femminista), casa, figlio, amici e un quotidiano benessere con cui entrambi convivono tra cene, incontri e viaggi appena possibile. Hanno un figlio, Alexandre, che frequenta una prestigiosa università americana e in questa perfezione tutta apparente qualcosa, però, sembra in realtà non funzionare più nel momento in cui il ragazzo sarà accusato di stupro sconvolgendo completamente questa impeccabile costruzione sociale.

 

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“Il sesso e la volontà di distruzione sono il cuore di questo romanzo - ci spiega l’autrice. Nella nostra società può avere due dimensioni: riguardare e finire nella violenza, ma anche nella sua dimensione sublimata, nell’espressione stessa dell’amore che è poi anche sinonimo di libertà. La mia – aggiunge - è una storia che mette a nudo le dinamiche impietose della macchina giudiziaria e indaga il mondo contemporaneo, i suoi impulsi, le voglie e le paure”. “Chi è davvero sicuro di non finire un giorno preso in un simile ingranaggio?” le chiediamo.

 

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E lei: “Nessuno, o meglio, nessuno è al sicuro. Anni fa, dopo aver letto sui giornali un fatto di cronaca che vedeva coinvolto un ragazzo perché accusato di molestie sessuali pur essendo innocente, ho voluto approfondire quelle situazioni non certo piacevoli per chi le vive e per chi gli sta attorno. Iniziai così a lavorare sul soggetto, interessandomi di più il punto di vista dell’accusato che quello della vittima. Avevo poi il punto di vista di un vero accusato, perché c’era il padre che diceva che la vita di suo figlio era stata rovinata per un’accusa inesistente. Ho molte testimonianze di vittime, ma poche degli accusati. Ho trovato interessante cercare di capire o solo immaginare cosa gli passi per la testa in quei momenti e così passai due anni a seguire processi per violenza a Parigi. Di certo, non un’esperienza facile”.

 

La persona accusata e l’ipotetica vittima, ci sono sempre due percezioni diverse della stessa realtà e in alcuni casi non è facile stabilire chi ha torto e chi no.

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“Spesso, nelle situazioni di violenza, non c’è quasi mai il testimone e allora ci si affida a parole contro altre parole. Quella che si vive è una zona grigia dove ognuno di loro ha una personale percezione di quello che ha vissuto”.

 

Brutalmente, i commenti a una persona vittima di violenza sono: “se l’è cercata” oppure “poteva dire di no”, oggi più che mai ingiustificabili.

“Assolutamente. Smettiamola di pensare frasi del genere, figuriamoci dirle. Nel mio caso, scrivendo questo romanzo, avevo interesse a mostrare il bene e il male, la verità che difficilmente viene fuori, la complessità dei soggetti e delle storie che si ritrovano a vivere”.

 

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Da buona scrittrice, ci fa restare in una ‘zona grigia’.

“Il lettore si ritrova nella posizione di uno dei giurati, senza prendere la posizione definitiva però, facendo nascere molti interrogativi. Era anche quello il mio obiettivo. L’importante è creare un dibattito costruttivo”.

Questo lo si deve a lei, allo “scrittore”.

“Lo scrittore è un osservatore della società che ascolta e guarda senza giudicare, ma allo stesso tempo la letteratura è un mezzo per pensare la società e il mondo: per me è importante essere vera, realistica, specialmente in questo libro. Volevo mostrare un’altra visione, come detto, la complessità della vita e degli esseri umani. Avevo bisogno, e questo è un bisogno collettivo, di parlare in modo diverso delle relazioni tra uomo e donna, ma soprattutto della violenza. Ho iniziato a scrivere questo libro prima del MeToo, dopo ci sono stati fin troppi dibattiti su questi temi”.

 

I suoi personaggi, soprattutto quelli femminili, dimostrano di avere un grande coraggio: quanto è importante averne nella vita?

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″È fondamentale come lo è cercare di essere soddisfatti della propria vita o, quando ciò non accade, tirare fuori proprio quel coraggio e cercare non di cambiarla, ma di migliorarla”.

 

Il film è stato presentato all’ultimo Festival di Venezia: le è piaciuta la trasposizione cinematografica?

“L’ho amata molto. L’avevo vista ad aprile scorso ed è stato amore a prima vista, tra l’altro, una vera scoperta, perché non ho partecipato alla sceneggiatura. Mi è piaciuta la maniera in cui viene fatta emergere la complessità di tutta la storia. Credo che quello di Attal sia un film importante. Mi piace poi che il libro sia tradotto in molte lingue in diversi Paesi, una maniera in più per far emergere il punto di vista che cambia”.

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Sta già scrivendo il prossimo romanzo?

“Certamente. Scrivere mi da’ energia, è vita, è per me fondamentale per comprendere la società in cui vivo. La letteratura mi fa porre quelle domande a cui non sempre si possono trovare delle risposte”.

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