«Io non ho l'odio dentro di me, non ho la rabbia. Non penso a lui, anche se a volte lo sogno. Sono incubi. Sogno che vuole uccidere anche me o lo vedo che uccide loro...».
Benno ha mai provato a scriverle o a telefonarle da quando è in carcere?
«Mai».
Hanno dissequestrato la casa. E adesso?
«Era in affitto, quella casa. Eravamo andati lì che avevo 9 anni, Benno ne aveva 13.
Adesso andrò a svuotarla e so già che sarà un passaggio doloroso. C'è ancora l'albero di Natale montato, ci sono i biscotti che avevo fatto io per Natale, i pigiami, le pantofole... è tutto lì come lo hanno lasciato mamma e papà, anche se Benno ci ha vissuto quasi tre settimane dopo averli uccisi. Tornarci adesso a liberare, impacchettare e salutare quel pezzo di vita... non sarà facile. Finora c'è sempre stato uno spazio fisico legato a loro. Chiudere tutto in un certo senso è come farli morire di nuovo».
La dottoressa Madè Neumair ha appena finito il suo turno in ortopedia e traumatologia al München Klinik Schwabingnel, l'ospedale di Monaco di Baviera, città dove vive e lavora da quattro anni.
«Mi pare di avere non malati ma pazienti rotti che riparo», sorride mentre dice che la «chirurgia è gratificante perché vedi subito il risultato».
Un modo per rompere il ghiaccio prima di parlare di lui, di loro. Sceglie le parole con cura, Madè. Si racconta e racconta di suo fratello Benno, classe 1990, che proprio in quella casa di Bolzano, ha ucciso i genitori - Peter Neumair e Laura Perselli - e ha buttato i loro corpi nelle acque gelide dell'Adige. È stato il 4 gennaio del 2021. E noi torniamo a quel giorno.
Quando ha sentito sua madre l'ultima volta?
«Pochi minuti prima che entrasse in casa. Sono stata l'ultima persona con la quale ha parlato. Era molto stanca. Le ho detto: dai, fatti preparare qualcosa di buono da papà.
E lei: sarà ancora fuori perché è un po' che non lo sento. Invece era già morto».
Quando ha capito che era successo qualcosa?
«Ho mandato a mamma una foto. Non l'ha visualizzata e mi sembrava strano ma ho pensato: sarà crollata dalla stanchezza. Il mattino dopo però c'era ancora una sola spunta di WhatsApp. Allora ho scritto a papà: tutto bene? Quando ho visto che anche lui non rispondeva ho cominciato a chiamare tutti. Ho chiamato Benno, mi ha detto che era fuori con il cane a camminare... Sa quando si conosce bene una persona e si capisce che sta mentendo?».
Ha capito che mentiva.
«C'erano troppe cose che non tornavano... Come primo pensiero mi sono detta: non sono più vivi. Poi ho pensato: li sento vicinissimi, ovunque. E infine ho detto a me stessa che per 26 anni avevo avuto i migliori genitori del mondo. Era il mio modo di prendere coscienza di quello che probabilmente era successo. Non dovevo crollare perché se fossi crollata in quel momento non mi sarei più rialzata».
Lei ha seguito tutte le udienze del processo.
«Per me esserci è un dovere nei confronti della mamma e del papà. Penso a difendere la loro memoria».
Difenderla da cosa?
«Alcuni testimoni sono venuti a sbranare e infangare il loro ricordo... il ricordo di due persone morte che non si possono difendere».
Parla di sua zia Elisabetta, la sorella di sua madre?
«Non soltanto di lei. Ho visto e sentito persone giurare di dire la verità e poi inventarsi cose che non esistono, anche sul mio conto».
Tipo che lei era la figlia di serie A e Benno di serie B?
«Anche quello, sì. Una falsità. I miei genitori hanno dato a Benno tutto l'amore possibile. Soprattutto mia madre. Sempre. E Benno lo sa bene».
È vero che da ragazzino tentò di uccidere anche lei?
«A me questa storia non è mai stata raccontata. E poi le voci sul fatto che mamma e papà fossero ostili verso gli psicologi per mio fratello...».
Appunto. È vero che sua madre portò Benno da un santone a Bali invece che da uno psicologo?
«Ma no! Andavamo a Bali tutti gli anni e lì c'era una persona che insegnava yoga e faceva un sacco di altre cose di quel genere, diciamo, spirituale. Vedeva Benno spericolato che continuava a tagliarsi o rompersi qualcosa e allora una volta ha detto: vi faccio la benedizione balinese anti-incidente così non si fa più male. Tutto qui».
Dopo le minacce alla fidanzata e una notte all'ospedale psichiatrico era tornato a casa a Bolzano...
«Era tornato a luglio. Dopo poco tempo però si era normalizzato tutto. A settembre aveva iniziato a insegnare. Ho un ricordo di famiglia bellissimo che risale a un mese e mezzo prima dei fatti».
Quale ricordo?
«C'era il lockdown, io avevo ferie e sono stata a casa a Bolzano per tre settimane con mamma, papà e lui. Sono stati giorni pacifici, di sole e passeggiate. Una sera abbiamo visto tutti e quattro assieme le diapositive dei loro viaggi prima che noi nascessimo. È stato bello, Benno era curioso, molto allegro».
Che fratellino è stato?
«Abbiamo giocato tantissimo. Era molto ambizioso, tenace. Quando voleva fare una cosa ci riusciva sempre e io ero affascinata da questa sua capacità. Volevo fare sempre quello che faceva lui: i compiti, pescare... Non ho brutti ricordi dell'infanzia con lui. Terrò gli album delle foto».
Il primo ricordo che le viene in mente di sua madre?
«Tanti, tutti assieme. La vedo radiosa, entusiasta, sfrecciare sulla sua bicicletta. Sento la sua voce, ricordo i baci della buonanotte. Il rapporto fra me e lei era davvero il meglio che io potessi mai desiderare. Lei e papà si sono dedicati con tutto il cuore, sempre, alla famiglia. Siamo stati fortunati ad averli accanto e spero tanto che quel che ho avuto da loro sia il motore per andare avanti».
BENNO NEUMAIR un foto di benno neumair MADE NEUMAIR I GENITORI DI BENNO NEUMAIR benno neumair 1 PROCESSO BENNO NEUMAIR PROCESSO BENNO NEUMAIR PROCESSO BENNO NEUMAIR BENNO NEUMAIR