Monica Ricci Sargentini per il "Corriere della Sera"
«Lo Stato dovrebbe assumersi la responsabilità dell'assassinio» di Daphne Caruana Galizia, la giornalista investigativa maltese uccisa con una bomba piazzata nella sua auto il 16 ottobre 2017 che invece di essere protetta è stata esposta ai suoi nemici da un governo corrotto i cui «tentacoli» sono arrivati fino ai vertici della polizia.
È un giudizio pesantissimo quello contenuto nel rapporto finale dell'inchiesta pubblica condotta - dopo le pressioni del Consiglio d'Europa - da una commissione composta dagli ex presidenti del Tribunale Michael Mallia, Joseph Said Pullicino e Justice Abigail Lofaro. Nel corso degli ultimi due anni, l'indagine chiesta dalla famiglia della giornalista ha portato alla testimonianza di decine di persone, compresi investigatori, politici e giornalisti.
Hanno testimoniato anche l'ex premier Joseph Muscat (dimessosi sull'onda delle proteste), l'ex capo di gabinetto Keith Schembri e l'ex ministro dell'Energia e poi del Turismo Konrad Mizzi (l'unico che ha rifiutato di rispondere in Aula). L'obiettivo era stabilire se lo Stato maltese avesse fatto tutto il possibile per proteggere la giornalista e poi perseguire i responsabili dell'omicidio. La risposta è stata un sonoro «no».
Lo Stato, hanno scritto i giudici nel rapporto di 437 pagine, «ha creato un'atmosfera di impunità, generata dai più alti livelli dell'amministrazione all'interno dell'Auberge de Castille (la sede del governo maltese alla Valletta)». Caruana Galizia, uccisa a 53 anni, con i suoi articoli aveva denunciato la corruzione nel Paese e all'estero, mettendo in difficoltà sia i politici al governo che quelli all'opposizione.
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