“LA STORIA DI CÉLINE DION SEMBRA UNA TRAGICA METAFORA DELLA SCONFITTA CHE PUÒ INFLIGGERTI LA VITA” - "REPUBBLICA" IN LODE DEL DOCUMENTARIO SULLA STAR, COLPITA DALLA TERRIBILE SINDROME DELLA PERSONA RIGIDA: “LA SUA STORIA È TOCCANTE, ISTRUTTIVA, HA TANTO DA DIRCI E DA INSEGNARCI, PER LA SPIETATA SINCERITÀ CON LA QUALE LA CANTANTE RACCONTA LA SUA DISAVVENTURA. LA SUA VITA SEMBRA UNA FAVOLA AL CONTRARIO, QUELLA DI UNA BIMBA CHE…” - VIDEO

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Estratto dell’articolo di Gino Castaldo per "la Repubblica"

 

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Una cantante, anzi una brava cantante, che non può cantare. Sembra una tragica metafora dell’impossibilità, della sconfitta che può infliggerti la vita, una punizione crudele, ed è anche una amara e purtroppo reale casualità umana. Si può anche non essere ammiratori sconfinati di Céline Dion, io stesso posso dire di non essere mai stato un suo fan, pur ammettendo le sue indiscutibili doti vocali, eppure la sua storia, splendidamente raccontata nel documentario Io sono Céline Dion, diretto da Irene Taylor, ora visibile sulla piattaforma Prime, è toccante, istruttiva, ha tanto da dirci e da insegnarci, per la spietata sincerità con la quale la cantante ha accettato di raccontare la sua disavventura, per la forza, la dignità con cui affronta la sua attuale condizione.

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Iniziò 17 anni fa e le prime avvisaglie andarono guarda caso proprio a colpire la voce, il suo orgoglio, il suo strumento dorato. Il racconto è dettagliato e drammatico. Le successe di notare un irrigidimento nell’emissione del canto, note che rimanevano bloccate, le corde vocali che perdevano elasticità, proprio lei che era capace di virtuosismi, di proverbiali salti funambolici. Erano i primi segni di una rara e poco decifrabile malattia, la Spr, ovvero sindrome della persona rigida, una brutta e pesante malattia neurologica che attacca i muscoli, compromette gradualmente lo sviluppo di attività fisiologiche.

 

Céline Dion aveva conquistato quello che aveva sempre desiderato fin da piccola, quando cresceva in una fredda cittadina del Québec nelle difficoltà materiali della sua umile famiglia che doveva crescere e nutrire ben 14 figli.

Era riuscita a conquistare il mondo col suo talento, accumulando successo e platee adoranti […]

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Una diva molto “normale”, classica, ma alla fine capace di arrivare ovunque, e di saper attraversare mondi, per non dire di My heart will go on, la canzone d’amore più struggente che si possa immaginare, se non altro perché è quella che accompagna la storia d’amore che ha commosso il mondo nel film Titanic.

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Ma l’amara conclusione del documentario è che la sua vita sembra una favola al contrario, quella di una bimba che realizza i suoi sogni oltre ogni previsione e alla fine proprio lei va a incrociare un iceberg maligno che le porta via la bellezza del suo talento.

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