«Dopo aver saputo della morte della bambina di pochi mesi una persona presente ha detto: “Tanto ne sfornano uno all’anno, non è un problema”», racconta la testimone a Open
L’eco della vicenda di Sondrio raccontata da Open si è fatta sempre più ampia, arrivando a coinvolgere anche il mondo politico, con prese di posizione doverosamente dure da parte di alcuni leader. Come sempre avviene in questi casi, tra i commenti sui social c’è anche chi mette in discussione il racconto. Siamo allora andati a ascoltare chi era presente in quel pronto soccorso di Sondrio.
Cos’è successo quella mattina in pronto soccorso?
«Mi trovavo al pronto soccorso, accompagnata da mia madre, perché non mi sentivo bene. Erano circa le 10.30 del mattino. A un tratto si sono iniziate a sentire delle urla nella zona delle sale visita. Il timbro di voce era quello di una donna».
La sala d’attesa è però divisa dalle sale di visita, è corretto?
«Sì, dalla sala d’attesa non si vedeva molto, si sentivano solo le urla. Alcuni signori si sono messi a spiare attraverso i vetri delle porte e hanno visto che si trattava di una signora e di altre persone con lei. E da quel momento sono iniziati i commenti».
Cosa dicevano?
«Erano commenti molto pesanti a sfondo razzista. E purtroppo non erano solo un paio di persone a farli, ma quasi l’intera sala in cui si trovavano circa 15 persone, tra pazienti e accompagnatori. È stato detto che stava facendo “riti satanici”, “le sue tradizioni”, che era pazza. Ero preoccupata dalla situazione perché non si capiva cosa stesse succedendo, si sentivano solo urla».
Il personale medico-sanitario ha avuto modo di intervenire?
«No, perché nella sala d’attesa non c’era nessuno, solo le operatrici che chiamavano i numeri, ma erano distanti dalle persone che facevano le esternazioni razziste».
E poi cos’è successo?
«Poi le urla si sono interrotte. Io sono entrata, son stata visitata e poi in attesa dei risultati è emerso quello che era successo. Una persona presente ha detto: “Tanto ne sfornano uno all’anno, non è una tragedia”, mentre altri, che precedentemente avevano insultato la madre, si son zittiti. Cosa si può dire quando si viene a sapere della morte di una bambina di pochi mesi?».
Ci sono altri testimoni?
«Ho condiviso l’accaduto in un post su Facebook: inizialmente il post era pubblico, poi l’ho impostato come privato, quindi non è leggibile se non ai miei amici».
«Sono stata contattata da un’altra ragazza, che era stata accompagnata da un’amica, che si trovava in pronto soccorso durante l’accaduto e mi ha ringraziata per aver raccontato pubblicamente l’episodio. Anche lei era rimasta allibita e amareggiata da quanto successo».