Estratto dell’articolo di Andrea Ossino per “La Repubblica – Edizione Roma”
Due fratelli da un lato e tre dall’altro. Tutti imputati e tutti parti civili. Tutti sulla sessantina, tutti accusati di minacce e lesioni e tutti costretti a difendersi dagli atti con cui la procura di Roma vuole mandare a giudizio ogni protagonista della rissa del Natale 2018. Quel giorno, dalle parti de La Giustiniana, c’è stata una scazzottata cruenta con tanto di bastoni e asce.
Una baraonda nata dopo il pranzo del 25 dicembre, fuori da un bar e a causa di un rimprovero: «Hai parcheggiato l’auto in un posto riservato a portatori di handicap». Con questa frase è iniziata la lite che ha coinvolto Giuseppe, Francesco e Carmine Piromalli, adesso assistiti dagli avvocati Matteo Cartolano e Giuseppe Belcastro. […]
Nello schieramento opposto: sono Marco e Paolo Mazzocchi. Quest’ultimo, difeso dall’avvocato Andrea Sangiorgio, è un carabiniere che, almeno all’epoca dei fatti, era “effettivo al reparto autonomo del Centrale della polizia criminale”, dicono gli atti.
Sono le stesse carte che raccontano la rissa iniziata con una lamentela esternata da Marco Mazzocchi perché Francesco Piromalli aveva invaso un parcheggio disabili. «Siete tutti morti, non sapete con chi vi siete messi, vi taglio la gola. Ti vengo a cercare», è il tenore della discussione scaturita da quel rimprovero.
Poi i pugni del parcheggiatore, che riceve anche una bottigliata in faccia. E ancora l’intervento degli altri fratelli Piromalli, i bastoni appuntiti, le mazze da 90 centimetri e le asce. Bastonate che hanno portato a ferite, contusioni e fratture refertate anche alle donne della famiglia Mazzocchi. “Vi accoppo a tutti e due, bastardi, voi non sapete chi sono io, vi ammazzo”, avrebbe minacciato Mazzocchi.
«Sembrava un inferno» , dice una vicina, raccontando che la famiglia del carabiniere a un certo punto si è rifugiata nella propria abitazione non lontano dal piazzale del bar dove è avvenuta la rissa. Ai Piromalli non bastava.
Così hanno intimato ai vicini e alla famiglia del carabiniere: «Dateci l’infame, lo ammazziamo, aprite la porta». E ancora: «Fate uscire quello con il gesso altrimenti dal palazzo non esce nessuno». […]