IL LUTTO È FINITO – SCENE DI GUERRIGLIA URBANA A BEIRUT DOVE MIGLIAIA DI MANIFESTANTI HANNO PRESO D’ASSALTO I MINISTERI INVOCANDO LE DIMISSIONI DEL GOVERNO: IL BILANCIO È DI 238 FERITI, UN POLIZIOTTO MORTO DOPO ESSERE CADUTO NELLA TROMBA DI UN ASCENSORE - L'ESERCITO RESPINGE UN BLITZ DI HEZBOLLAH CHE VOLEVA ATTACCARE I MANIFESTANTI IN PIAZZA - LA FRANCIA SCEGLIE DI SMENTIRE IL TENTATIVO DEL PRESIDENTE AOUN DI ATTRIBUIRE A INTERFERENZE ESTERNE LA DEVASTAZIONE DI UN TERZO DELLE CASE DELLA CITTÀ… VIDEO

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Marco Ventura per "il Messaggero"

 

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La rabbia dei libanesi in Piazza dei Martiri, nel centro di Beirut. Scene di guerriglia urbana. A migliaia invocano le dimissioni dell'intero governo. Nel buio prodotto dal black out dopo l'apocalittica esplosione di martedì, contro i bagliori e i fumi dei mezzi della protezione civile dati alle fiamme spiccano le sagome dei manifestanti che lanciano pietre e sbandierano gli striscioni per la rivoluzione! contro i politici («Andatevene, assassini!»).

 

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Ai lanci di pietre, esercito e poliziotti rispondono con appelli alla calma («Anche noi abbiamo avuto i nostri martiri al porto») e con pallottole di gomma e lacrimogeni. In serata 238 i feriti, a decine portati in ospedale. Un poliziotto muore precipitando nel pozzo di un ascensore, inseguito dai rivoltosi. In fiamme la sede dell'Associazione delle banche e l'edificio davanti al ministero degli Esteri, dove un manipolo capeggiato da un ufficiale dell'esercito in pensione irrompe e lo ribattezza sede della Rivoluzione.

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ASSALTO AI MINISTERI È l'inizio dell'assalto ai ministeri. In fiamme quello dell'Energia. Riecheggiano per le strade i canti del 2011, quelli della Primavera araba: «La gente vuole la caduta del regime». Giovani stanchi della vecchia classe dirigente si uniscono agli sfollati che a Beirut sono ormai centinaia di migliaia. «Non avete coscienza, non avete moralità! Go home! Andatevene. Dimettetevi, quando è troppo è troppo».

 

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I cittadini di Beirut protestano non più solo perla crisi economico-finanziaria epocale, ma per la vita e la morte dopo la deflagrazione simbolo dell'incapacità e corruzione del regime. Gli USA appoggiano i rivoltosi e la Francia sceglie di smentire il tentativo del presidente Aoun di attribuire a interferenze esterne (bomba, missile, altro?) la devastazione che ha distrutto un terzo delle case di Beirut e provocato 158 vittime, 21 ancora da identificare, e 25 dispersi. «Ci sono elementi oggettivi a sufficienza per ritenere che l'hangar sia esploso per motivi accidentali», dichiara l'Eliseo.

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Ieri è morta Hedwig Waltmans-Molier, 55 anni, moglie dell'Ambasciatore d'Olanda, investita dall'esplosione nel suo salotto. E se al ministero degli Esteri i rivoltosi strappano dai muri e frantumano le fotografie del presidente Aoun, in Piazza dei Martiri i manifestanti alzano finte forche, col manichino fra gli altri del leader degli Hezbollah, Hassan Nasrallah. C'è pericolo che si scontrino tra loro le fazioni. Vedendo il fantoccio del leader al capestro, i miliziani sciiti filo-iraniani cercano di raggiungere la piazza, fermati solo dall'esercito sul Ring.

 

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Sotto attacco, in serata, i ministeri dell'Economia, del Commercio e dell'Ambiente. Si sentono spari. In un estremo tentativo di mitigare la rabbia della gente, il premier Hassan Diab in un discorso alla nazione assicura che «la strage del porto non resterà impunita» e dà un ultimatum di due mesi ai partiti politici per trovare una soluzione, altrimenti si andrà a elezioni anticipate. Promessa che non basta a una popolazione inferocita, che non ha visto un solo leader confrontarsi direttamente nelle strade o visitare i luoghi della sofferenza per dare risposte. Solo sermoni alla Tv e dichiarazioni rilanciate dalle agenzie.

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BLACKOUT INTERNET Intanto cede la rete Internet, forse come conseguenza dell'esplosione, o forse per decisione delle autorità, per sabotare le comunicazioni tra i rivoltosi. Altri gruppi cercano di travolgere le barriere in cemento che chiudono la strada verso il Parlamento. Altri edifici in fiamme. Nelle mani di chi protesta c'è la foto di Alexandra, 4 anni, che regge una minuscola bandiera del Paese dei Cedri in uno dei cortei dello scorso ottobre.

 

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Ma Alexandra è tra i morti dell'esplosione. «L'hanno uccisa! Protestate per lei», incita un internauta. Intanto è volato ieri a Beirut il presidente della UE, il belga Charles Michel. E oggi si terrà la conferenza dei donatori organizzata da Francia e Onu, parteciperà via web Trump ma non l'Iran. E cresce l'attivismo della Turchia che si offre per la ricostruzione del porto di Beirut, mette a disposizione quello di Mersina nell'Anatolia Orientale, e promette aiuti alimentari e finanziari.

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