Estratto dell’articolo di Francesco Grignetti per “La Stampa”
È la tomba dei vivi, il 41bis, ovvero il carcere duro per mafiosi e terroristi. Ciò che davvero fa paura alla criminalità. Fu inventato ai tempi della mafia arrembante e la logica è intuitiva: serviva per spezzare i collegamenti con l'esterno, evitare che i boss continuassero a comandare da dentro le celle, e chiuderla con lo scandalo di certe carceri dove i padroni erano loro.
Neanche troppo velatamente, c'è però un'altra motivazione meno nobile, ossia piegare le volontà più riottose e spingerle alla collaborazione.
Le condizioni di vita del detenuto soggetto al 41bis sono obiettivamente pesanti. Obbligatoriamente chiuso in una cella singola per l'intero giorno. Ha diritto ad appena due ore al giorno di «socialita» in gruppi composti da massimo quattro persone, tutti allo stesso livello di sicurezza.
La regola non vale però per i boss più in vista, il Gotha del Gotha criminale, che vengono detenuti nelle cosiddette aree «riservate» e svolgono la socialità con una sola altra persona, e sempre la stessa.
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Colloqui
Ciò che più li spaventa sono le restrizioni nei colloqui: uno solo al mese (invece di sei), di un'ora al massimo, e dietro un vetro divisorio, tranne se hanno figli minori di 12 anni, videosorvegliati da un agente di polizia penitenziaria. Su ordine della magistratura possono essere ascoltati dagli agenti.
«Nel caso in cui i detenuti non effettuino il colloquio visivo mensile, possono essere autorizzati, dopo i primi sei mesi di applicazione del regime, a svolgere un colloquio telefonico con i familiari, che devono recarsi presso l'istituto penitenziario piu vicino al luogo di residenza al fine di consentire l'esatta identificazione degli interlocutori. La partecipazione alle udienze avviene esclusivamente "da remoto" in videoconferenza», sintetizza l'associazione Antigone.
A luglio scorso erano 732 i detenuti al 41bis, in leggero calo rispetto al rapporto Antigine del 2020 (759). La maggior parte sono nelle carceri dell'Aquila, di Opera, Sassari e Novara. Nel penitenziario abruzzese, Matteo Messina Denaro incontrerà vecchi sodali. C'è ad esempio Filippo Graviano, condannato anche lui per le stragi del '92 e '93.
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Ecco, Filippo Graviano è al 41bis da tempo immemorabile come il fratello. Entrambi sono riusciti nell'impresa apparentemente inspiegabile di avere concepito un figlio con le legittime moglie nonostante il carcere duro.
«Non racconterò mai a nessuno come ho concepito mio figlio mentre ero al carcere duro, perché sono cose intime mie. Dico solo che non ho fatto niente di illecito, ci sono riuscito ringraziando anche Dio e sono rimasto soddisfatto.
Non ho chiesto alcuna autorizzazione, ma ho approfittato della distrazione degli agenti», spiegò Giuseppe Graviano in un processo.
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carcere 2 CARCERE LAQUILA carcere 3 MATTEO MESSINA DENARO ENTRA NELLA CLINICA LA MADDALENA MATTEO MESSINA DENARO ENTRA NELLA CLINICA LA MADDALENA 1 carcere 8 carcere 1 giuseppe e filippo graviano 1 CARCERE LAQUILA 1 carcere 6 carcere 5